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Strage Viareggio: lo Stato non è parte civile

Vergognosa decisione che è uno schiaffo ai sentimenti dei parenti delle 32 vittime

di Adriano Todaro - giovedì 14 novembre 2013 - 3772 letture

Mercoledì 13 novembre scorso, le 32 vittime della strage di Viareggio, sono state uccise una seconda volta. Il fatto che lo Stato non si sia costituito parte civile è uno schiaffo a tutti coloro che da quel maledetto 29 giugno 2009 non hanno fatto altro che chiedere giustizia.

Sono passati più di quattro anni da quando, alle 23,48, la rottura di un asse di un convoglio ferroviario composto da quattordici carri cisterna, fece deragliare lo stesso e esplodere il Gpl che trasportava. Bilancio, 32 morti. Trentadue povere vittime colpite mentre erano nella propria casa, colpite mentre passeggiavano, colpite mentre pensavano al domani. Trentadue povere vittime, di tutte le età, che non avranno più un domani. Uccisi la prima volta dall’incuria, dai tagli sulla sicurezza. E, una seconda volta, dall’ignavia dei nostri governanti.

Ci sarebbe proprio da chiederci cosa mai abbiano in testa questi governanti oltre alle larghe intese, salvare un delinquente e tramare per il futuro segretario del Pd. Abbiamo una situazione economica terribile, la povertà aumenta, la disoccupazione anche e questi si sollazzano con problemi che da altre parti si sarebbero risolti in un’ora, mandando in galera chi deve andarci dopo una sentenza definitiva e non facendo diventare un problema nazionale l’elezione del segretario di un partito.

La strage di Viareggio, come altre stragi senza giustizia avvenute nel nostro Paese, non è capitata per caso. Quando si tagliano i servizi sulla sicurezza e si destinano quei soldi ad altri settori o solo per risparmiare, allora ci si deve aspettare la strage. E’ così nelle fabbriche quando i lavoratori sono messi nell’impossibilità di essere salvaguardati durante le lavorazioni (in Italia muoiono una media di tre persone sul lavoro ogni giorno) ed è così per la mancata manutenzione dei treni che in questi ultimi anni sono stati spolpati, tagliati, ristrutturati privilegiando i treni veloci e cari a scapito dei treni pendolari e delle merci.

Nel Sud aumentano le stazioni fantasma; al Nord si sopprimono i treni dei lavoratori. E’ una strategia precisa quella adottata dall’amministratore delegato delle Fs, Mauro Moretti, uno dei 33 imputati per la strage di Viareggio. L’ex sindacalista comunista della Cgil, mercoledì non era in aula. D’altronde se lo Stato non si costituisce parte civile perché mai l’ingegner Moretti deve perdere tempo in tribunale? Ma questo Cavaliere del Lavoro, nominato da Giorgio Napolitano il 31 maggio 2010, quindi dopo la strage, è stato anche quel personaggio che nel febbraio del 2010, aveva definito la strage "uno spiacevolissimo episodio".

Sono morte 32 persone. I numeri, si sa, sono freddi, impersonali. Ma 32 persone sono carne, sangue, sono desideri, futuro, passioni. Per questo noi vogliamo ricordare non solo il numero, terribile, dei morti, ma anche le persone che sono morte nella strage.

Nel guardare questi nomi, la loro età, la loro professione, viene fuori uno spaccato del nostro Paese, un Paese composto da persone che lavorano, che vogliono costruirsi un domani migliore, che si amano, che stanno assieme, che sognano per i loro figli un’esistenza serena. Trentadue morti che chiedono giustizia. Trentadue morti, bambini e adulti. Trentadue è solo un numero ma poi t’imbatti in Iman, 4 anni, nel fratello Hamza, 16 anni che sognava di diventare un calciatore e intanto frequentava un corso di volontario sulle ambulanze. E poi il padre Mohammed Ayad, 51 anni, la moglie Aziza Aboutalib, 46 anni, tutti morti bruciati. Venivano da Casablanca ed erano in Italia da dieci anni. E allora ti accorgi che non sono più numeri ma persone.

Emanuela Menichetti, 21 anni, quella maledetta sera era andata a trovare la sua amica, Sara Orsi, 24 anni, nella sua casa di via Ponchielli. Erano amiche e gestivano, assieme, un’agenzia immobiliare. Morte tutte e due. Morta anche la mamma di Sara, Roberta Calzoni, 54 anni.

No, non sono numeri ma persone che per l’incuria, il pressapochismo di qualcuno non hanno avuto la possibilità di continuare a vivere. E non sono numeri i coniugi Nadia Bernacchi, 59 anni e Claudio Bonuccelli, 60 anni. Avevano affittato un appartamento in via Ponchielli per due settimane in attesa della ristrutturazione della loro villetta dove avrebbero trascorso gli anni della pensione.

Nouredine Boumalhaf, 29 anni, era appena arrivato dal Marocco. A Viareggio aveva il fratello Abdellatif, 34 anni. Nouredine sognava di trovare lavoro a Viareggio, sposarsi con la sua fidanzata che aveva lasciato in Marocco. I due fratelli si erano incontrati alla stazione di Viareggio, un abbraccio e poi subito in via Ponchielli, nella modesta casa dove Abdellatif viveva con due ragazze dell’Ecuador e un cugino. Una cena tutti assieme per festeggiare l’arrivo di Nouredine. Alle 23,48 l’esplosione che ha devastato tutto. Nouredine e Abdellatif sono stati investiti in pieno da una lingua di fuoco provocando loro ustioni di primo e secondo grado sul 99 per cento dei corpi. Dopo giorni di agonia, sono morti entrambi. Ed è morta anche Cruz Ruiz Oliva, 40 anni, collaboratrice familiare, fidanzata di Abdellatif. Il suo corpo presentava il 100% di ustioni. Così come il cugino Rachid Moussafar che a settembre avrebbe compiuto 25 anni e Elisabeth Silva, 36 anni.

Rosario Campo veniva da Pozzallo, in provincia di Palermo. Aveva 43 anni e lavorava da vent’anni nel settore della nautica. Quella sera, quando è successa la strage, lui era a bordo del ciclomotore con la moglie, Claudia Fresca, 41 anni. L’esplosione li ha investiti in pieno. Rosario è stato sbalzato dallo scooter ed è morto carbonizzato sul colpo. La moglie, trasformata in una torcia umana, è stata invece soccorsa da alcuni passanti che sono riusciti a spegnere i vestiti infuocati.

Morti anche Maria Luisa Carmazzi, 49 anni e Andrea Falorni, 50 anni. Abitavano in via Ponchielli 32 e gestivano un negozio di moto. Maria Luisa Carmazzi è stata trovata carbonizzata sotto le macerie della casa spazzata via dall’esplosione. Il marito, invece, in quel momento era per strada con il cane. E’ stato investito da una fiammata ed è morto, bruciato. Solo una settimana prima Andrea, sul posto di lavoro, era scampato ad una fortissima scarica elettrica. E con amici e parenti aveva festeggiato lo scampato pericolo.

Alessandro Farnocchia, 44 anni, era direttore di una boutique a Forte dei Marmi e volontario della Croce Verde. Quella notte è stato travolto dalle fiamme mentre si trovava nella sua casa di via Ponchielli. Dopo due mesi di lotta per la vita, morta anche la fidanzata di Alessandro, Marina Galano, 44 anni. Aveva riportato ustioni sull’88% del corpo. Omonimo ma non parente, anche Antonio Farnocchia, 51 anni. Faceva il fornaio e si era incamminato per andare a fare il pane. Non è mai arrivato al panificio dove lavorava. Prima disperso, poi identificato.

Ana Habic, 42 anni, badante, cittadinanza rumena. Accudiva Mario Pucci, 90 anni. L’ondata di distruzione li ha travolti e uccisi nella loro casa. Sterminata anche un’intera famiglia: Elena Iacopini, 32 anni, il marito Federico Battistini, 32 anni, la madre di Elena, Emanuela Milazzo, una pittrice di 63 anni e il marito, Mauro Iacopini, 60 anni. Tutti bruciati dalle fiamme.

E le fiamme hanno troncato la vita a due sorelle, Ilaria e Michela Mazzoni. La prima, 36 anni, l’altra, 33. Anche loro abitavano in via Ponchielli. Ilaria era impiegata in un hotel, Michela faceva la baby sitter. Morte bruciate e sepolte dai muri della casa di abitazione.

In quel maledetto lunedì, anche la famiglia Piagentini è stata dilaniata dallo scoppio. Luca, 5 anni, Lorenzo, 2 anni, la mamma Stefania, 40 anni. Morti dopo atroci sofferenze. In vita, ora ci sono solo il papà Marco e l’altro figlio Leonardo. Marco ha cercato di salvare la famiglia ma assieme a Leonardo è stato ustionato. Si sono salvati dopo mesi di ospedale. Porteranno, per sempre, sul corpo e nell’anima i segni del terribile 29 giugno.

Angela Monelli, 69 anni, non è morta perché investita dall’esplosione ma per lo spavento. Abitava ad un centinaio di metri di distanza dall’epicentro dell’esplosione e quindi si è salvata dal fuoco ma non dall’infarto.

L’Avvocatura di Stato, nel tentativo di spiegare le motivazioni, vergognose, della mancata costituzione di parte civile dello Stato ha spiegato che fra lo Stato e le assicurazioni Fs e la società proprietaria del convoglio Gatx, è in corso una "transazione in fase di definizione" per un risarcimento che il legale ha definito "sostanzioso". Per i familiari delle vittime, un altro segno che non si vuole arrivare alla verità. Subito dopo la strage erano arrivate ai familiari le solite parole di circostanza, retoriche ed inutili da parte dei rappresentanti del governo. La promessa era che avrebbero accertato la "verità dei fatti". Invece al processo il governo è fuggito e l’ex comunista Moretti pure.

E’ rimasto solo lo "spiacevolissimo episodio". E i 32 morti.


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