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Sosteniamo "Il manifesto"

Da trentacinque anni "Il manifesto" rappresenta un caso unico nel panorama editoriale italiano e non solo, oggi rischia di chiudere per sempre. Campagna di sostegno al giornale

di Redazione - mercoledì 28 giugno 2006 - 4038 letture

Il Manifesto, il giornale che nel panorama italiano rappresenta anomalia editoriale, quel giornale indipendente da partiti e da proprietari autoritari, quel giornale che ha detto un secco no alla pubblicità generalista e delle multinazionali, quel giornale dove tutti prendono lo stesso stipendio, rischia la chiusura. Non è la prima volta che i bilanci de Il Manifesto sono dissestati, nello loro storia è capitato altre volte, ma questa volta pare più dura. Il rischio è più concreto, e la possibilità che il giornale chiuda è seria.

Noi di Girodivite, che da quattordici anni facciamo un’informazione indipendente e libera dagli interessi economici, da questo punto di vista, ci sentiamo vicini al Manifesto, e esprimiamo la nostra solidarietà nei confronti del quotidiano di Gabriele Polo e Valentino Parlato. Non abbiamo la possibilità economica di sostenerli (la nostre casse sono costantemente vuote), ma possiamo darli visibilità nelle nostre pagine, possiamo informare i nostri lettori che ad essere in pericolo non è solo un giornale ma la stessa pluralità dell’informazione italiana. In pericolo è la possibilità di scelta andando in edicola, in pericolo è la libertà di informarsi in modo libero. Noi di Girodivite vogliamo che il Manifesto continui a vivere, teniamo alla molteplicità delle voci.

Riportiamo l’appello dei redattori del manifesto, e le coordinate per dare un aiuto materiale al Manifesto.


Il nostro referendum

Da trentacinque anni il manifesto rappresenta un caso unico nel panorama editoriale italiano e non solo.Nessun padrone se non la cooperativa dei lavoratori che lo mettono ogni giorno in edicola, stipendi (bassi) uguali per tutti, un giornalismo politico indipendente e autogestito specchio delle trasformazioni che hanno segnato questi anni.

Un bene comune, un vero e proprio «mostro» - nel senso letterale del termine - che ha l’ambizione di stare sul mercato violandone le leggi, un luogo aperto della sinistra. Anche la porta d’ingresso è sempre spalancata e chiunque può entrare, persino gli indesiderati, come è accaduto qualche anno fa. In questi trentacinque anni abbiamo vissuto pericolosamente (e spericolatamente): centinaia di migliaia di persone lo sanno bene, quelli che ci hanno letto, lavorato e chi ci ha usato per le proprie passioni.

Le crisi finanziarie hanno scandito la nostra esistenza: le abbiamo sempre superate con il nostro lavoro e con l’aiuto del «nostro mondo». Ora siamo al punto che trentacinque anni possono precipitare in un pomeriggio d’estate. Perché la libertà costa, soprattutto a chi la pratica, e arriva il momento che quei costi si materializzano in scadenze non più rinviabili. Per evitare il precipizio abbiamo bisogno di aiuto, perché questa crisi è più grave delle altre emette a repentaglio la stessa esistenza del giornale. Non è un grido d’allarme, è una semplice notizia: nelle pagine interne ne illustriamo i termini.

Perciò da oggi inizia un referendum sul futuro di questo giornale: le schede elettorali stanno nel portafoglio di tante e tanti. Perché questa è una crisi che non riguarda solo noi. Coinvolge i nostri lettori più affezionati, ma anche chi ci ha comprato una volta sola nella sua vita. Chiama in ballo tutta la sinistra (nell’accezione più ampia del termine, dai partiti ai sindacati all’associazionismo) ma anche il mondo dell’informazione cui questo giornale qualcosa ha pur dato (e continuerà a dare). Sono tutti questi i nostri «padroni», tutti quelli che - magari guardandoci da lontano - pensano che la democrazia abbia bisogno di un «mostruoso» antidoto contro i rischi di omologazione del pensiero.

Saremo presuntuosi,macrediamo che la nostra voce sia essenziale, che il nostro essere uno strumento di lavoro per la critica dell’esistente sia una cambiale che non dobbiamo pagare da soli. E che, perciò, la nostra sorte non riguardi solo chi lavora in via Tomacelli o chi continua a stare «dalla parte del torto», ma anche chi la pensa in modo opposto. Per questo la nostra crisi la mettiamo in piazza, per questo faremo «l’appello» dei sottoscrittori e ne racconteremo gli esiti. Da oggi entriamo in una fase di mobilitazione generale. Siamo convinti di farcela. Noi ci metteremo tutto il nostro lavoro di sempre e le nostre aperture al mondo.Maabbiamo bisogno di tutti voi. Diteci se voi avete bisogno di noi. O se - come ha detto quel genio del Savoia - siamo solo una pessima carta e un terribile inchiostro.

Mariuccia Ciotta Gabriele Polo


E’ anomalo che un’anomalia duri da più di trentacinque anni, ma la difficile esistenza de il manifesto è tutta qui. Siamo un mostro. Da salvare, perché se muore non si riproduce più. Perché proprio adesso rischiamo di chiudere, perché abbiamo difficoltà a pagarci gli stipendi da febbraio: è una storia singolare da giornale libero e di mercato, un’anomalia mondiale. E che vuole risanarsi per ripartire. Più o meno la stessa missione - fatte le dovute proporzioni - del ministro Tommaso Padoa Schioppa.

L’attuale pericolosissima crisi nasce da lontano. Su un fatturato di 17,5 milioni di euro e 121 dipendenti, il contributo della legge per l’editoria alla nostra cooperativa vale il 25% mentre quello da incassi pubblicitari il 9,6% contro circa il 50% degli altri giornali. Il resto delle entrate sono da vendite da edicola e dalle poche promozioni che siamo in grado di fare - perché le promozioni necessitano di investimenti importanti - e comunque tutte rigorosamente in utile. Dai libri alla musica dei cd, dove il manifesto ha affermato in poco più di dieci anni un vero marchio di qualità.

Nonostante abbiamo ridotto gli oneri degli interessi passivi dal 10 al 5% fin dagli inizi del millennio, il peso del debito ci sta stritolando. Pure a fronte di un risanamento patrimoniale cominciato nel 2001 che ha portato a una secca riduzione del debito oneroso e a fronte di bilanci che, tra alti e bassi, non producono più da anni voragini nel conto economico e indicano anzi un certo equilibrio di gestione. Il 2005 abbiamo chiuso con una buona media di 29.000 copie vendute, a causa però di eventi eccezionali come la vicenda del sequestro della nostra Giuliana e la morte di Nicola Calipari. O addirittura per la scomparsa di Giovanni Paolo II.

Quel che ci sta spingendo sull’orlo del baratro è però il peso del debito, che sacrifica le risorse finanziarie correnti e azzera ogni possibilità di investimento. Quel che incassiamo serve a far fronte al piano di ammortamento del debito a breve e medio termine. Ogni volta che discutiamo una nuova possibile iniziativa ci chiediamo: e il budget? E’ sempre zero, facciamo qualche miracolo, certamente si può e si deve provare a far meglio, ma la situazione è questa. La campagna che lanciamo oggi sta nell’esigenza di trovare subito risorse straordinarie per equilibrare i flussi finanziari, per stare contemporaneamente dietro al debito pregresso e avere denari per investire.

Dove? Sul giornale innanzitutto, il cuore del mostro; su nuove iniziative editoriali che abbiano un peso sul mercato culturale e politico, come è successo con il nostro supplemento dei trentacinque anni; sul web, strumento principe per crescere nella comunicazione mentre è in atto una crisi mondiale della forma quotidiano, come evidenzia l’erosione di copie vendute dal New Yok Times a Le Monde e Libération per arrivare fino al nostro piccolo, grande manifesto. Internet e carta, connessioni e concorrenza, il futuro prossimo. E’ di pochi mesi fa uno studio del Washington Post su se stesso che poneva due domande oggi ineludibili per chi fa informazione: quanto perdiamo con il giornale on line? E quanti soldi avremmo perso se non avessimo fatto l’edizione on line?

Questa erosione globale delle vendite dei quotidiani (complice anche la crescita della diffusione free press) ci ha investito all’inizio del 2006. Sicuramente ci abbiamo messo del nostro, con molti errori. Abbiamo provato a rispondere con il nuovo giornale messo in edicola il 28 aprile scorso. Addio all’elegante formato americano, ecco il giornale che state leggendo più compatto nella formato, per tagliare i costi di carta e stampa (nel 2006 il prezzo della carta è aumentato principalmente per il caro-petrolio dell’8,5% e rischia di salire oltre l’11% entro dicembre), e più soggettivo nei contenuti, in particolare con la pagina 2 riservata agli editoriali e ai contributi dei lettori. Una scelta che scarta con il resto del panorama editoriale italiano.

Un giornale che ha dato nel primo mese segnali positivi, ma che non bastano più. Come non bastano più i 5.892 abbonamenti in essere tra postali, coupon e web, un record nella storia della nostra impresa ma al di sotto dell’obiettivo dei 7.000 indicato da Valentino Parlato all’inizio della campagna 2005-2006, nello scorso novembre. Un obiettivo mostruoso, verrebbe da dire.

Salviamo il mostro. Perché sappiate che questo nostro esperimento antimercato rischia di chiudere. Noi ce la mettiamo tutta ma la risposta spetta a voi lettori de il manifesto e ai non lettori che tuttavia pensano che questo giornale sia un utile personaggio nella commedia, o tragedia, che stiamo vivendo.


SOTTOSCRIZIONE On line con carta di credito

oppure Italia telefonicamente con carta di credito, chiamando il numero 06 68719.888 dalle ore 10:30 alle 18:30, il sabato dalle 10:30 alle 13:30

con un versamento sul conto corrente postale 708016, intestato a il manifesto coop. edit. arl - Via Tomacelli, 146 - 00186 Roma

con un bonifico bancario sul conto corrente: Emergenza Manifesto - ABI 05018 - CAB 03200 - C/C 000000535353 - CIN K IBAN: IT40 K050 1803 2000 0000 0535 353

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- Ci sono 2 contributi al forum. - Policy sui Forum -
sostenete anche me
29 giugno 2006

perchè sostenere un giornale quando nel mondo i bimbi africani muoiono di fame ed io nel mio piccolo devo lavorare per mangiare ? Sostenete me ! Anche io sono importante, piu di quattro fogli con scritte paranoiche di giornalisti che non hanno ancora capito che il muro è cadudo. Sostenete me, o, se proprio, dateli in beneficienza all’Unicef !
    sostenete anche me
    1 luglio 2006, di : Francesco

    Contribuire a salvare "Il Manifesto", significa sostenere l’unica voce su carta stampata veramente indipendente e libera.Le informazioni che vi sono date rappresentano la voce di una sinistra critica e costruttiva, di cui mi sento parte. Il fatto che sia in crisi economica,è il prezzo pagato proprio in nome della loro libertà.Sostenere il manifesto non significa poi negare aiuto ad altre iniziative,anzi spesso proprio il manifesto da’ voce alle crisi dimenticate da tutti.Sostenere il manifesto significa sostenere anche i bambini africani.
Sosteniamo "Il manifesto"
26 novembre 2010, di : matilde

E provare a batter cassa fra tutte quelle associazioni e/o lobbies che da sempre si è appoggiato ? Sperando ed anche un po’pretendendo un minimo di riconoscenza.

Hamas, Hezbollah, OLP (che alla morte di Arafat fu calcolato valere oltre 3 miliardi di dollari).

Produttori e pusher di sostanze (ma per coerenza solo di quelle di cui si vuole la legalizzazione).

Il comparto del tessile che produce e smercia kefiah, niqab e burqa.

Tutta la filiera delle bombolette spray degli “artisti” che “creano” su muri e fiancate di treni.

Il comparto dei tanto decantati farmaci omeopatici che con prodotti miracolosi ti curano un raffreddore in meno di 3 mesi.

Non dimentichiamo, infine, certi privati benestanti.

In primis l’ex senatore Turigliatto – e non dico altro.

Poi, sul versante opposto, Fiamma Nirenstein che senza il ( ma non solo) vostro ultradecennale formidabile stimolo motivazionale, mai e poi mai, sarebbe entrata in politica.