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Sanità pubblica e Sanità privata

Siamo retrocessi dalla concezione copernicana della riforma Mariotti, con al centro la salute dell’uomo, a quella tolemaica di De Lorenzo, con al centro l’ospedale-azienda.

di Gaetano Sgalambro - venerdì 3 luglio 2020 - 2720 letture

Il mio commento al post di un collega.

Ho letto con interesse il suo post Sanità pubblica e Sanità privata. Mi ritrovo nel suo tentativo di ricostruzione anamnestica della storia della sanità pubblica, che di seguito estenderò un poco, per risalire alle cause prime dei suoi molti malfunzionamenti. Siamo tutti d’accordo che il pianeta sanità sia ricco di problemi e contraddizioni, tuttavia mi piace precisare subito che nella sanità pubblica ci sono anche ottimi funzionamenti (nonostante tutto).

Uno per tutti: negli ospedali pubblici è cresciuta la cultura della cardiologia moderna, di cui s’è nutrita poi quella universitaria. Per non dire che ci sono reparti di varie specializzazioni che sono vere eccellenze, senza pari con quelli privati e non bene conosciuti, solo perché non reclamizzati. Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) non prevede la pubblicità nazionale. Il che, per altro verso, significa che non informa i cittadini dove possano trovare i servizi migliori. E ai pazienti resta solo la possibilità di affidarsi al passaparola, con tutti i suoi limiti.

Ciò posto, riprendo sinteticamente la ricostruzione anamnestica della storia della sanità, lungo le tappe legislative principali, segnalando però che dei suoi tanti interventi legislativi subiti - la sanità rappresenta uno dei principali business del paese- molti sono stati dannosi.

La sanità pubblica moderna nacque con l’approvazione della legge Mariotti, che istituì il Sistema Ospedaliero Pubblico, la cui ratio era la garanzia del diritto costituzionale alla salute del cittadino. E che, quindi, privilegiava il ruolo sanitario. Tra i successivi interventi legislativi ricordo la Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (1978), che raccoglieva insieme i diversi sistemi assistenziali. Infine, dopo un succedersi di riforme delle riforme, si arriva all’approvazione della riforma De Lorenzo (1993), che rappresenta il nadir del pensiero politico sanitario: retrocediamo dalla concezione copernicana di Mariotti, con al centro la salute dell’uomo, a quella tolemaica di De Lorenzo, con al centro l’ospedale-azienda.

Il dato connotativo di questa riforma è l’aziendalizzazione giuridica degli enti ospedalieri per migliorarne l’efficienza, che ne ha comportato la susseguente massiccia riorganizzazione amministrativa, a mo’ di una FIAT. Ricordo, a perenne memoria, che questa riforma assurda. per i motivi che starò per dire, ebbe l’innaturale (!) sostegno culturale degli accademici della Bocconi e di quasi tutta la classe politica. E questo deve fare pensare molto.

Cito alcuni dei suoi principali effetti deleteri: nella pianta organica del personale, cresce nettamente il peso di quello amministrativo a sfavore di quello sanitario e para-sanitario; consensualmente avviene anche lo spostamento del peso decisionale; il sovrappeso del personale aumentato e il soprannumero dei servizi amministrativi che vengono a sovrapporsi e a disarticolare la gestione dell’attività sanitaria alzano considerevolmente il costo e i tempi delle prestazioni ospedaliere; mentre l’attività gestionale diretta dei reparti medici e chirurgici è totalmente zavorrata e quella decisionale condizionata. Il tutto allontana, sempre più, il SSN dai suoi principi etici e scientifici e i suoi operatori diretti dalla piena responsabilizzazione.

Ma la pacchiana logica d’impianto della riforma di De Lorenzo (detta dei DRG) consiste nel fatto che l’impresa “Sistema Sanitario Nazionale” metta le proprie aziende, tutte mono-prodotto, ovverosia gli enti ospedalieri, in concorrenza tra di loro sullo stesso mercato e che, poi, si faccia spalleggiare dal sistema sanitario privato, invece di entrare in sua concorrenza. Un caso unico nel mondo imprenditoriale.

A questo punto sul SSN si possono portare solo interventi di razionalizzazione di piccole insufficienze.


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