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Racconti ischitani (ragazzo di strada 9)

di junior - mercoledì 19 dicembre 2007 - 3806 letture

Il vento di tramontana era implacabile. Le raffiche trasportavano schizzi d’acqua salata. Il mare era furioso. Le onde si allungavano sugli scogli sistemati a protezione del molo. Alessio guardò il ragazzo avviarsi sul pontile. Indossava un completo di jeans. Gli abiti erano di un tessuto sottile come la sua figura. Aveva le guance arrossate, i capelli spettinati, le mani in tasca.
- Vieni qui... - disse l’ingegnere.
- No... - rispose Alessandro - voglio scendere sugli scogli. -
- E’ pericoloso... - insistè l’uomo.
- Il mare è mio amico... - protestò lo studente sorridendo.
- Vieni qui... - ripetè lui facendogli cenno con la mano. Alessandro si allontanò di spalle. Aveva un’andatura morbida, incerta. Sembrava potesse essere spazzato via da una raffica più forte delle altre. Alessio allungò lo sguardo al castello Aragonese. Somigliava ad un gigante di pietra dai tratti sobri e severi. Era immerso nella sua pluricentenaria contemplazione del mare. Chissà quante tempeste si erano consumate sotto il suo scoglio... L’ingegnere accese una sigaretta. Inspirò profondamente. Il cellulare cominciò a squillare.
- Pronto... - disse avvicinandosi all’automobile.
- Dove sei...? - chiese Silvia.
- In paradiso... - rispose Alessio.
- Non scherzare... - aggiunse la donna - Dove sei...? -
- A pochi pensieri da te... -
- Ho capito... - replicò lei - Devo richiamare...? -
- No... - continuò l’uomo - che ti serve...? - Silvia rimase in silenzio per qualche istante. Sembrava non riuscire a trovare le parole.
- Vorrei una settimana di ferie... - rispose - Devo partire. -
- Accordato... - esclamò Alessio in tono quasi teatrale - E adesso dimmi che ti serve veramente. -
- Solo un po’ di attenzione da parte tua... - la voce di Silvia aveva un’espressione tra l’arrabbiato ed il supplichevole.
- Nessuno può chiederla ad un proprio simile... - spiegò Alessio - L’attenzione ce l’hai se te la meriti. Quando succede, in genere, non è gradita. -
- Non capisco... - insistè Silvia - Cosa vuoi dire...? -
- Non lo so... - rispose l’ingegnere - Certe volte nemmeno io mi capisco. -La segretaria interruppe bruscamente la conversazione. Alessio ripose il cellulare nella tasca del soprabito. Intravide Alessandro sul pontile. Stava venendo verso di lui a passo spedito. Aveva il jeans bagnato.
- Ti avevo avvertito... - osservò l’uomo.
- Non è niente... - disse il ragazzo salendo in macchina - Solo un po’ di schiuma... - Alessio accese il riscaldamento.
- Ti accompagno a casa... - propose al giovane - Ho un appuntamento di lavoro tra circa un’ora. -
- Mi presti cinquanta euro...? - chiese Alessandro.
- A cosa ti servono...? - domandò l’ingegnere estraendo il portafoglio.
- Devo comprare un gioco per la play station... - rispose lo studente. Il viale privato di accesso al condominio era deserto. L’uomo fece scendere Alessandro. Ripartì in direzione di Ischia Porto.

Leonardo era un militare in pensione. Aveva un aspetto curato. La carnagione chiara, i capelli bianchi appena un po’ allungati facevano risaltare l’azzurro intenso degli occhi. L’uomo era infagottato in un lungo cappotto grigio. Alessio parcheggiò l’automobile fuori al cancello. Scese dalla macchina.
- Buonasera ingegnere... - disse Leonardo - benvenuto nella mia umile dimora. -
- Chiedo scusa per il ritardo... - continuò Alessio salutandolo con una stretta di mano. La villa si trovava in campagna, nel mezzo di un uliveto. I cornicioni decoravano magnificamente l’intera struttura. I balconi di ferro battuto mostravano evidenti tracce di ruggine. Gli infissi di legno non erano stati riverniciati da diversi anni. Due capre adulte pascolavano liberamente tra gli alberi centenari. Avevano un aspetto docile. Il cane venne loro incontro. Era un pastore tedesco di grossa taglia. Diede un’occhiata al padrone. Quindi rivolse lo sguardo al nuovo venuto.
- Come si chiama...? - chiese Alessio.
- Ombra... - rispose Leonardo - il suo nome è Ombra. -
- Ombra...? - ripetè l’ingegnere - bel nome...mi piace. - Leonardo entrò dall’ingresso principale. Invitò l’ospite a seguirlo.
- Scusate il disordine. Da quando è morta mia moglie sono un uomo solo. -
- Non conosco il concetto di disordine... - spiegò l’ingegnere - Per me è solo un ordine alternativo... - Un foglio di carta sgualcito attirò l’attenzione di Alessio. Era poggiato sul tavolo del salone. Sbirciò con discrezione lo scritto. La calligrafia era arrotondata. Somigliava ad una scrittura femminile.
- Cosa posso offrire da bere...? - chiese Leonardo.
- Una cosa qualsiasi... - rispose l’ingegnere. Il padrone di casa prese una bottiglia dalla credenza. Il vetro opaco era senza etichetta.
- Che cos’è...? - chiese Alessio.
- Un liquore tipico del Veneto... - spiegò Leonardo - Me lo ha regalato un amico. Si prepara con alcune erbe raccolte in alta montagna. -
- Dev’essere buono... - osservò l’ospite.
- E’ un digestivo. Ha un retrogusto amaro... - disse Leonardo. Il padrone di casa raccolse il foglio sguacito da tavolo. Lo piegò in due parti uguali. Lo infilò nella tasca dei pantaloni. L’ingegnere lo seguì con lo sguardo. Finalmente Leonardo introdusse l’argomento del loro incontro. Illustrò all’ingegnere le sue idee circa la ristrutturazione della villa. Voleva lasciare inalterata la struttura originaria. Alessio lo ascoltava con attenzione. Quell’uomo sprigionava un’energia positiva. C’era una calma sconosciuta nei suoi movimenti lenti e composti. I lineamenti delicati facevano intravedere un’armonia estetica rimasta intatta negli anni. Il cane li raggiunse. Sedette sulle zampe posteriori. Rimase immobile. Il padrone gli fece una carezza in segno di riconoscenza.
- Siete molto amici voi due... - disse l’ingegnere - Si vede... -
- Ci tolleriamo a vicenda... - rispose Leonardo. Il cellulare di Alessio cominciò a squillare. Guardò il numero.
- Pronto... - disse. La voce del ragazzo era intermittente.
- Non riesco a sentire bene... - continuò l’uomo - Cosa è successo...? - Alessandro sembrava agitato. Alessio si alzò in piedi. Fece qualche passo in direzione della finestra.
- Ti raggiungo presto... - l’ingegnere cercò di tranquillizzare il ragazzo - Aspettami allo studio. -

continua...

Angela Colella


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