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Quel dolore duro come un’ananas

Nero ananas / Valerio Aiolli. - Roma : Voland, 2019 ; terza edizione. - 347 p., [V], br. ; 20,5 cm. - (Intrecci). - ISBN 978-88-6243-364-8.

di Sergej - domenica 4 agosto 2019 - 2655 letture

Sono passati quarant’anni dai "fatti", in pratica due generazioni. E si comincia a "fare i conti", come si dice con quella stagione che l’Italia ha conosciuto come "strategia della tensione". E lo si comincia, dopo la fase puramente documentale, attraverso la fiction.

Il noir di Valerio Aiolli appartiene a questa fase.

Ora, non so se il pasticcio, il romanzato, sia un buon modo per accostarsi alle cose. Di solito non mi piacciono le cose a mezzo, le cose grige. Una cosa è la storia, un’altra cosa è la finzione. Nel mezzo c’è troppo torbido, troppi i pericoli di scadere, di presentare le cose come non poteva essere - perdere la verisimiglianza. Aiolli da questo punto di vista riesce a districarsi abbastanza bene.

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Copertina del libro di Valerio Aiolli, Nero ananas

Non sempre le sue pagine, il suo stile riesce. Ma ci sono molte pagine buone, e lo stile solo raramente riesce sciatto, l’autore riesce a padroneggiare diversi registri e "voci" da buon narratore. Aiolli indaga su un momento ben preciso della nostra storia, quella dell’attentato alla Questura di Milano del 17 maggio 1973: morirono 4 persone, 52 rimasero ferite, alcune gravemente e negli anni successivi portarono per sempre i segni di quell’attentato. L’attentatore lanciò una bomba ananas contro la folla, dopo che il ministro Mariano Rumor se n’era andato - aveva appena inaugurato il busto dedicato a Luigi Calabresi. L’attentatore fu subito preso, lo sballato anarchico Gianfranco Bertoli: uno dei rarissimi casi in quegli anni in cui un attentatore venne arrestato sul momento. Chi era Mariano Rumor (qui nel romanzo nominato come "il Pio"), chi era Luigi Calabresi. Cos’erano quegli anni...

"Ma non c’erano certezze, all’epoca. Non ci sono mai certezze, riflette, in materie come queste" - è il personaggio del Pio che riflette, a pag. 222 - "È illusione pensare che la verità sia da scoprire come l’incognita di un’equazione, o come una statua nascosta sotto un velo. La verità, che pure esiste, emergerà, se e quando emergerà, come un reperto rinvenuto nel fango: sporco, rotto, mancante di certe parti. Occorrerà l’immaginazione dell’artista, oltre che la cura e l’attenzione dell’archeologo, per poter ricostruire la verità di questo periodo buio, pensa continuando a camminare per le luminose strade di Roma. Si augura che i giudici l’avranno. Dentro di sé, ne dubita".

Chi ha attraversato quegli anni reca dentro di sé ancora le ferite. La gran parte di tutti noi eravamo solo impotenti spettatori. Non poteva che seguire quella guerra quotidiana attraverso televisione e giornali. Il martellamento continuo della propaganda di regime, lo stravolgimento dei fatti e soprattutto le cose che non venivano dette e che poi venivano "scoperte" anni e anni dopo... Protagonista del romanzo di Aiolli è un ragazzo, soprannominato Calimero. È un po’ tutta quella generazione di ragazzini allora si sentiva e ha vissuto quegli anni da Calimero. Molti si identificavano con quel personaggio di Carosello (beh, io sì).

C’è un punto del romanzo, che dà il senso emotivo di questo libro. L’unico momento in cui il padre del ragazzo parla con il figlio:

"Ti manca tua sorella? mi domandò a bruciapelo. Mi ritornò in mente la ragazza coi capelli neri alla testa del corteo delle donne, che me l’aveva ricordata. Gliene accennai. Lui cambiò espressione, pur senza muovere un muscolo della faccia. Vidi per la prima volta in lui qualcosa che non conoscevo. Qualcosa in cui mi sarei imbattuto più avanti nella vita. Il dolore. Il dolore allo stato puro. Pur non sapendo ancora cosa fosse, ne fui spaventato" (pag. 144).

La vicenda "privata" del romanzo, che si intreccia con quella delle "trame nere" e degli attentati, del mondo dell’eversione di destra (ricostruite molto bene, anche stilisticamente), financo arrivando alla rivolta di Reggio Calabria (qui è un racconto nel racconto, anche stilisticamente: sono pagine luminose e viste tutte dal "basso", attraverso gli occhi concitati e giocosi dei ragazzini): la "storia" insomma di Elsa Morante. Una famiglia borghese, i rapporti con la sorella, il deterioramento dei rapporti tra padre e madre... Il ragazzino si attacca all’immagine che ha della sorella maggiore, problematizza la fuga di lei con l’assenza che prova dentro di sé, nel momento in cui cresce senza trovare in nessun altro adulto dialogo o appiglio. Una generazione solitaria è stata quella cresciuta in quegli anni, tutti parevano impegnati a fare cose "cose più importanti" che mettersi a parlare con un ragazzino.

Cosa si salva della mattanza di quegli anni? cosa è servita quella mattanza?

"Ecco cosa vorrei dirti, Calimero: lotta. Quando sentirai che una cosa è importante per te, chiedila con forza, pretendila. Usa tutti i mezzi che puoi: la furbizia, l’intelligenza, anche una certa dose di violenza. Ma lotta. Non ti fare fermare dal peso delle cose che perderesti ottenendo il tuo obiettivo. Ogni volta che si ottiene qualcosa, si perde qualcos’altro. E a volte questo qualcos’altro è più grande e profondo di quanto avevamo pensato. Come per me il tuo respiro mentre ti addormentavi. Ma se sono diventata quella che sono diventata, nel bene e nel male, e se ci siamo voluti bene e ci vogliamo bene come ce ne siamo voluti e ce ne vogliamo, è perché ho lottato e sono stata disposta a perdere qualcosa. Solo accettando la perdita si cresce, fratellino" (pag. 210).

Sono le parole della misteriosa, incasinata, volutamente ambigua figura della sorella maggiore del protagonista. Buona lettura a tutt*.


Sinossi del libro

Tutto comincia un secondo dopo il botto. Il botto che ha cambiato l’Italia, che ha chiuso l’età dell’innocenza e aperto la strategia della tensione. Il botto del 12 dicembre 1969, Piazza Fontana. Gli estremisti di destra, invisibili, si incontrano, commentano, ricordano, tramano. Un anarchico si trascina di città in città, di nazione in nazione, di sconfitta in sconfitta, in attesa del momento del riscatto. Un politico, così devoto da essere soprannominato il Pio, comincia la sua lenta ma inesorabile scalata al potere. Poi ci sono i servizi segreti che provano a capire, sapere, influenzare. E c’è un ragazzino, che quel giorno ha visto sparire sua sorella e farà di tutto per riuscire a ritrovarla. Quattro anni di destini intrecciati, di fughe, ritorni, di amore e di odio. Quattro anni incandescenti della storia d’Italia, dal 1969 al 1973, raccontati con precisione e sorprendente capacità evocativa.

Nero ananas è stato tra i dodici candidati al Premio Strega 2019.


L’autore

aiolli_img-2109-2_150px Valerio Aiolli è nato nel 1961 a Firenze, dove vive. Ha esordito nel 1995 con la raccolta di racconti Male ai piedi. Il suo primo romanzo, Io e mio fratello (E/O, 1999), è stato tradotto anche in Germania e Ungheria. Sono seguiti Luce profuga (E/O, 2001), A rotta di collo (E/O, 2002), Fuori tempo (Rizzoli, 2004), Ali di sabbia (Alet, 2007), Il sonnambulo (Gaffi, 2014) e Il carteggio Bellosguardo (Italo Svevo Edizioni, 2017). Per Voland ha pubblicato Lo stesso vento nel 2016 e Nero ananas nel 2019, con il quale è stato selezionato tra i dodici candidati del Premio Strega.

Altre info: Wikipedia.

Sito ufficiale.


“Nero ananas” di Valerio Aiolli / di Mario Bonanno

La prima cosa di rilievo di questo “Nero ananas” (Valerio Aiolli, Voland, 2019) è la scrittura. Una scrittura che incide, come la storia (le storie) che racconta. La seconda è il movente: soggettivizzare attraverso focus sfaccettati il quadriennio italiano 1969-1973. Quattro anni prodromi, cominciamento e cuore del decennio di piombo, per intenderci. Sotto questo aspetto “Nero ananas” vale tanto quanto un saggio sul tema, e non dico per dire. Dal “botto” di Piazza Fontana (12 dicembre 1969) al “botto” della questura di Milano (17 maggio 1973), la stagione a mano armata dell’ex Bel Paese trapela tra le pagine nella sua esclation quotidiana. Tra testo e sotto-testo, citazione e pura evocazione, accadimenti e personaggi “storici” (Valpreda, Calabresi, Pinelli, Feltrinelli, Junio Borghese, Giovanni Leone, per dirne alcuni) dividono la scena con altri (fatti e personaggi) di plausibile fantasia, senza che si avvertano crasi narrative.

Nel plumbeo romanzo di Valerio Aiolli non troverete, inoltre, nessuno dei cliché in cui scivola spesso la bibliografia romanzata sul tema. Niente brigatisti che conversano tra loro assecondando gli stereotipi della militanza dell’epoca, oppure poliziotti dalle maniere spicce come Maurizio Merli nei poliziotteschi all’italiana e nemmeno ambiti scopertamente-strumentalmente noir in cui farli muovere.

Il terzo merito di “Nero ananas” è che ha l’aria del racconto di formazione (esistenziale, politica, sentimentale), la sfoggia nuda e cruda, senza palesi o reconditi pistolotti a seguito. “Nero ananas” non è un romanzo didascalico: richiami a oggetti, fatti, persino trasmissioni tv degli anni Settanta, se spiegano, spiegano meglio di situazioni e/o dialoghi di circostanza. L’Italia nera di “Nero ananas” è l’Italia reale delle trame occulte. Della violenza politica. Delle stragi fasciste supervisionate dai servizi segreti americani. Dei “rossi”, dei “neri”, dei cani sciolti. Di Ordine Nuovo. Dei cattivi maestri. Di burattini e burattinai. Di politici (finto) devoti al punto da essere detti “Pio” e “Santo”. Di sociopatici. E di sbandati, più che anarco-individualisti. È l’Italia della strategia della tensione, in obbligo alla millantata paura del “pericolo rosso”. Eclatante - al piombo o all’esplosivo al plastico - o sotterranea, questa è storia italiana, non fantasia. Una storia vera di vite vere al cospetto della Storia, che Valerio Aiolli restituisce magistralmente sulla pagine, attraverso una scrittura dialettica, cangiante, per via dei ritmi diversi e delle diverse soluzioni narrative, che impone alla trama. Ne scaturisce un romanzo da non perdere. Per taglio, passo, omogeneità e tensione interne, credibilità di contesti e personaggi. Uno dei romanzi più credibili sugli anni di piombo che mi è capitato di leggere.

Fonte: SoloLibri.


In icona: Henri Salvador e l’ananas, 17.03.1970.



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