Paola Masino “Nascita e morte della massaia”

“Nascita e morte della massaia” (Bompiani, 1970) Il femminismo ante-litteram di Paola Masino

di Maria Gabriella Canfarelli - lunedì 24 ottobre 2005 - 5380 letture

“Nascita e morte della massaia” (Bompiani, 1970) Il femminismo ante-litteram di Paola Masino

Càpita di imbattersi in libri di cui ci attira il titolo o la copertina, un gallinaccio, in questo caso, un acquarello di Alberto Savinio, in cui il pennuto mostra ali e piume arrotondate in spirali mentre le nuvole passano sullo sfondo. Allora, da questo rinvenimento casuale, da un approccio puramente visivo, dalla curiosità instillata dal titolo, entra in gioco la tattilità, si sfogliano le pagine, si colgono brani che inquietano e divertono al contempo. Lo ammetto: non conoscevo (ancora) Paola Masino; scrittrice e intellettuale di grande forza e lucidità, poetessa, narratrice e drammaturga precoce.

Nata a Pisa nel 1908 e morta a Roma nel 1989, Masino ha operato nel ventennio fascista investendo il suo notevole bagaglio culturale (nutrito dalle letture di Shakespeare, Dickens, Dostoevskji, la Bibbia) per elaborare un pensiero contro gli artifici e le ipocrisie del tempo, analizzando la condizione delle donne, l’imperante maschilismo (anche delle donne, introiettato e mantenuto tramite l’educazione di madre in figlia ), e il perbenismo della società borghese a cui ella stessa apparteneva per nascita. Nel 1924 scrive il dramma Le tre Marie - la madre, la sorella e la moglie di un grand’uomo, che non appare in scena ma è, di fatto, il vero protagonista, per invisibilità e potere, che le tiene soggiogate. A 19 anni si innamora di Massimo Bontempelli, di trent’anni più anziano, e sposato, con cui intrattiene un lungo e appassionato rapporto e un sodalizio letterario, e tramite il quale conosce e frequenta Moravia, De Chirico, Moretti, Pirandello.

Nel decennio 1930/1940 scrive poesia e prosa, tra cui il romanzo semi-autobiografico Monte Ignoso, liquidato dalla critica fascista e stroncato da Carlo Emilio Gadda. Ma nel 1939 esce a puntate su Tempo Illustrato la storia d’una diciottenne senza nome che vive distesa in un baule, tra muffe, ragnatele, brandelli di stoffa, briciole e libri. Così comincia Nascita e morte della massaia, poi pubblicato nel 1945. Romanzo grottesco, fantastico e surreale sgradito al regime, e pertanto censurato, in cui si espone la “vita polverosa” e vana (riferimento degno di Qohelet) della massaia, che morirà a poco più di quarant’anni “per decrepitezza”. Uscita dal baule che la custodiva (lei stessa dote di se stessa) per insistenza e minaccia della madre (Che farai quando io non sarò più? Verrà il giorno in cui m’avrai fatta morire di crepacuore), la ragazza senza nome (per cui l’identità è negata) sposa uno zio, si trasforma in moglie-massaia, perché ora le avanza il tempo che prima trascorreva coi libri.

Macchina per pulire e rassettare, maschera da esibire agli incontri davanti a una tazza di thé con altre ‘regine della casa’, sposata senza amore, si troverà a disfare la sua vita, un tempo fatta di sogni e leggerezza, in un intrico di doveri, di mostruose visioni, di sapide rimostranze a Dio: “Dovevi dimostrarmi che anche nel rammendare una calza si può trovare un universo, non farmi intendere che ho lasciato l’universo per rammendare calze!”

Nella presentazione di questa edizione Bompiani, Cesare Garboli individua “una lingua tentatissima da inflessioni, movimenti, pose dannunziane (...) controllata da un desiderio di purezza quasi neo-classica”, e certo la piega espressiva dell’autrice ha una sua eleganza, come elegante l’umorismo sottile e beffardo, il paradosso e l’ironia. L’abilità di Paola Masino, la capacità di sintesi a definire e raccontare l’assurdità delle più ricorrenti situazioni domestiche e familiari altera il piano della realtà - tra sogno e veglia, visioni e ossessioni, situazioni spesso tra loro mescolate per dire l’inadeguatezza (anche a dare ordini alla poca e riottosa servitù, a discutere di figli con donne già madri) a una vita definita “normale”.

Il fascino, la sorpresa e l’incanto di questo romanzo deriva anche dalla combinazione dei vari tipi di scrittura - mescolanza tra sogno, fiaba e reale - dal linguaggio poetico a quello drammaturgico, con tanto di personaggi emblematici sulla scena, le riflessioni a mente e ad alta voce, brani di diario, l’informazione giornalistica intitolata “Un anno di lavoro per una donna di casa”, statistica non meno esilarante della serata in cui la massaia borghese assiste all’opera teatrale “La serva padrona”. Non le ha forse insegnato la madre che per verificare la perfetta pulizia del pavimento bisogna passarvi la lingua? Ma il paradosso spiazzante è nel finale: dopo morta, la massaia è vista uscire per lucidare, pulire per bene borchie e maniglie della sua bara, perché anche qui, dice beffarda, “c’è sempre tanto da fare”.

Nel 2001 l’Università La Sapienza (che nel 1997 ha acquisito il fondo Paola Masino) insieme alla Casa delle Letterature di Roma ha dedicato un convegno internazionale di studi a questa scrittrice e intellettuale che ha, tra l’altro, curato scrupolosamente le opere e mantenuta viva la memoria di Massimo Bontempelli.


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