Non cerimonie ma vera lotta alla mafia

Era quello che voleva Giovanni Falcone

di Ettore Lomaglio Silvestri - mercoledì 31 maggio 2006 - 3382 letture

Il 23 maggio, ricorre il quattordicesimo anniversario della strage di Capaci, in cui perirono per mano della mafia i giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e i poliziotti della scorta. Quattordici anni fa sono cambiate tante cose nella vita di tante persone, nella vita di coloro che combattevano la mafia giornalmente, nella vita di coloro che da quel momento, come me, hanno deciso che la lotta alla mafia era la loro ragione di essere e la sua sconfitta il loro obiettivo. Giovanni Falcone, insieme a Paolo Borsellino assassinato il 19 luglio 1992, sono stati un modello.

Prima di loro non esisteva la lotta alla mafia in quanto tale, specialmente nelle aule giudiziarie, ma, grazie al loro impegno e grazie a quello di Pio La Torre, nacque l’art. 416bis del codice penale, e tale articolo venne applicato non solo teoricamente, ma, anche, nella gestione dei processi contro la mafia. Grazie a quella meravigliosa realtà, proposta da Rocco Chinnici, ma realizzata solo con Antonino Caponnetto, che fu il “pool antimafia”, si è riusciti a vincere parecchie battaglie importanti contro la mafia, e la più importante è appunto il Maxiprocesso Abbate Giovanni + 762, che, nei suoi tre gradi di processo terminati con la sentenza di condanna della Corte di Cassazione del gennaio 1992, ha finalmente reso “res iudicata” quello che è Cosa Nostra. Grazie anche al grande impegno di Giovanni Falcone, che, purtroppo, lo porterà a diventare il nemico numero uno di Cosa Nostra e quindi a saltare in aria, ha avuto origine la Superprocura, ossia la Direzione Nazionale Antimafia e la carica di Procuratore Nazionale Antimafia, coordinatore a livello nazionale della lotta alla mafia.

Dopo la sua morte è stato catturato Salvatore Riina, grazie all’impegno del Generale Mario Mori e del Capitano Ultimo, ma dopo la mafia si è inabissata, e tante nuove realtà, guidate dal boss Bernardo Provengano, hanno costituito l’attività mafiosa. Ritengo fondamentale quindi trasmettere un messaggio. Né Giovanni Falcone né Paolo Borsellino avrebbero voluto essere ricordati con celebrazioni di circostanza, il loro migliore ricordo è, quindi, agire affinché le loro idee continuino a camminare sulle nostre gambe, sulle gambe di chi ha scelto di sconfiggere la mafia, impegno quotidiano, impegno gravoso, impegno da portare avanti a tutti i livelli, dal semplice evitare qualsiasi connivenza, fino all’impegno dei magistrati.

Noi oggi, abbiamo davanti un momento cruciale. Questo momento cruciale, succedutosi alla cattura del superlatitante Bernardo Provengano, è rappresentato dallo scontro fra quello che sta succedendo in Sicilia e quello che vediamo nell’aula di Palazzo Madama. In Sicilia, fra sei giorni, si è chiamati a decidere fra l’ex presidente della regione, oggi senatore, Salvatore detto Vasavasa Cuffaro, candidato della Casa della Libertà ma anche della mafia, e Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo, presidente onoraria di Libera, simbolo della lotta alla mafia, candidata del centrosinistra. Nell’aula di Palazzo Madama siamo invece costretti a vedere lo stesso Salvatore Cuffaro che ride sornione e beffardo, dietro le spalle del senatore Rocco Bottiglione...

Ora per sapere chi è veramente Salvatore Cuffaro, vi invito a visionare il film La mafia è bianca, che dal 25 maggio troverete a 9,90 euro insieme a L’Unità. Capirete quindi perché Salvatore Cuffaro non deve vincere le elezioni in Sicilia e deve, quanto prima, togliere il disturbo da Palazzo Madama, l’epoca dei rapporti tra mafia e politica deve finire! L’epoca della mafia, nata 150 anni fa poco prima dell’Unità d’Italia, DEVE FINIRE!

Per questo motivo e proprio nel ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, deve essere nostro impegno, non commemorarli con tristi cerimonie, ma impegnarci affinché il loro messaggio e la loro battaglia sia vinta molto presto.

Ettore Lomaglio Silvestri, presidente Associazione Culturale Sconfiggiamo la mafia


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