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La matriosca delle farse della politica italiana

Una farsa nella politica italiana non si può smentire con una verità.

di Gaetano Sgalambro - mercoledì 29 gennaio 2020 - 1688 letture

Luigi Pirandello avrebbe avuto molto d’apprendere in inventiva e improvvisi capovolgimenti di scena dai protagonisti della politica italiana: registi, attori e media. E, perché no, anche dai soggetti del ceto intellettuale medio-alto, che, a mo’ di personaggi in cerca d’autore, entrano d’autorità nella rappresentazione scenografica, via web o tv, introducendovi sempre nuovi spunti di mediocre provincialismo, che la prolungano in una replica infinita di situazioni apparentemente nuove (invero ripetitive fino alla noia) e di quadri, l’uno infilato dentro l’altro. A mo’ di matriosca.

Ne è un paradigmatico esempio il caso della nave Gregoretti, con il suo carico di 131 migranti a bordo, alla quale è impedito l’approdo per cinque-sei giorni per disposizione del ministro degli Interni.

La trama si sviluppa attorno alla richiesta avanzata dai giudici alla Giunta delle Autorizzazioni a procedere del Senato di pronunziarsi sull’esistenza o no di una ragione oggettiva di sicurezza per il paese, a giustificazione del suddetto provvedimento. La mancanza della quale potrebbe configurare l’imputazione per sequestro di persona.

L’azione ebbe inizio nell’estate scorsa, sotto il governo giallo-verde. Protagonisti: il ministro Salvini e il governo. Si sviluppa attraverso le varie posizioni tenute dai protagonisti circa l’esistenza o no di un legittimo movente del provvedimento ministeriale, che di volta in volta passano dall’atteggiamento prudenziale a quello deciso, più spesso da una reticenza all’altra. Solo il senatore Salvini va diritto per la sua strada. “Io l’ho fatto nell’interesse del mio paese e per questo non posso essere processato (sic)”, lui grida con forza. E poi aggiunge: “il Consiglio dei ministri lo sapeva”. Il volpone del senatore, che la sa lunga, si riserva un colpo di scena finale. I suoi colleghi di governo, ora diventati suoi ex, invece dicono di non avere saputo niente della maturazione della sua decisione.

Noi sappiamo però che il presidente del consiglio non intervenne sul caso, appena manifestatosi. Tattica? Necessità? Boh?

Invero, allora, l’intervento dei giudici non era ancora avvenuto. Sì, ma nel precedente e quasi analogo caso della Diciotti il presidente e il vicepresidente del consiglio si erano denunziati corresponsabili della decisione del ministro Salvini e votarono per il non luogo a procedere contro il ministro (ovvero contro se stesi). Questa volta dicono che alla Giunta delle autorizzazioni a procedere del Senato invece voteranno per il sì.

Arrivati alla seduta della Giunta, alla vigilia delle elezioni in Emilia Romagna e Calabria, ecco il capovolgimento di scena: i senatori sostenitori delle ragioni di non colpevolezza del ministro Salvini votano per sottoporlo a giudizio, mentre i colleghi di Giunta, sostenitori della sua colpevolezza, disertano in massa la seduta.

Parabola significa che le farse sulla colpevolezza o no sono sacrificate all’interesse politico delle elezioni in Emilia. Detto per inciso, altro teatro di farse: un partito democratico che non si presenta con il suo simbolo e il centro-destra che porta a spasso una silenziosa candidata al governo della regione.

Il guaio serio della vicenda in oggetto è che da ben tre mesi gli intellettuali italiani siano andati, scodinzolando fedelmente, dietro a questa o a quella posizione e che i media ne abbiano fatto uno dei temi centrali della loro informazione politica.

Nessuno dei protagonisti o comparse di questa narrazione ha mai avuto il coraggio di ribadire quello che pochi mesi prima era stato sotto gli occhi di tutti: Salvini faceva e disfaceva quel che voleva in seno al consiglio dei ministri. Evidentemente perché lo teneva sotto scacco.

Ma una farsa nella politica italiana non si può smentire con una verità.


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