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Il lavoro che uccide: la storia di Alfio

La storia di Alfio D’Agati non è diversa da quella di tanti ragazzini del sud d’Italia. Cinquanta anni fa la fotografia dei giovani di Biancavilla (CT) non era dissimile da quella di San Vito dei Normanni (BR); i ragazzi di Montegiordano (CS) non erano diversi da quelli di Petina (SA).

di Vincenzo Raimondo Greco - mercoledì 4 ottobre 2006 - 7960 letture

La storia di Alfio D’Agati non è diversa da quella di tanti ragazzini del sud d’Italia. Cinquanta anni fa la fotografia dei giovani di Biancavilla (CT) non era dissimile da quella di San Vito dei Normanni (BR); i ragazzi di Montegiordano (CS) non erano diversi da quelli di Petina (SA).

La mattina a scuola in un locale scalcinato dove l’insegnante, in determinati orari, si assentava lasciando la classe in balia di una ragazzina che, righello in mano, tentava di imporre il silenzio. Il pomeriggio, dopo aver studiato, di corsa lungo le strade fangose, ciottolose, piene di buche. Bastava questo per essere felici; ma, per alcuni, c’era anche da lavorare. Accanto ai genitori, in campagna o nella stalla. Per aiutare le magre entrate familiari come manovali, carpentieri, ragazzi di bottega.

Sin da fanciullo, quando avevo 7 anni, nel periodo estivo, mi arrabattavo facendo il manovale con i muratori”, mi scrive Alfio. Si costruivano “le case sia con la sabbia proveniente dal monte Calvario, sia con le pietre prelevate da quel monte”. Pietre che non hanno nulla a che vedere con la pietra lavica, precisa Alfio. “E’ più tenera e a colpi di mazza si squadra meglio; è tenera quasi come il tufo, e costava meno”.

Conveniva a tutti sfruttare le risorse del territorio: minori spese per l’estrazione; abbattimento di quelle relative al trasporto; manodopera a costi più bassi. Nessuno poteva immaginare che dietro quel lavoro, nascosta tra la sabbia e le pietre, si celava la morte o, nella migliore delle ipotesi, un futuro fatto di ospedali, medici e infermieri.

Biancavilla, paese di 23 mila abitanti della provincia di Catania, è ormai da tempo associato al rischio ambientale proveniente dall’amianto e da minerali fibrosi. In prossimità del centro, nella zona sud est della città c’è la cava di Monte Calvario: individuata, a seguito di studi effettuati da Iss, Enea e Ispesl, come fonte di diffusione di un nuovo minerale fibroso: la fluoroedenite. A sua volta la fluodernite è stato considerato la causa dell’insorgenza dell’anomalo numero di casi di mesotelioma polmonare riscontrati nell’area.

Infatti molti edifici del centro storico di Biancavilla sono costruiti con malte e intonaci prodotti attraverso la macinazione della roccia proveniente dalla cava. Il materiale estrattivo fu sostanzialmente e largamente utilizzato nell’industria edilizia risultando per oltre 40 anni il principale costituente di amalgame e cementi per gli intonaci degli edifici del piccolo centro che si colloca sul versante sud-ovest del complesso vulcanico dell’Etna. Il suo uso estensivo specialmente negli anni ’60-’70 ha contribuito ad estendere molto la dispersione delle polveri di questo materiale di cui ancora nessuno sospettava la pericolosità. Questa fibra, è stata riscontrata negli intonaci delle case e nel materiale per la pavimentazione di numerose strade.

Ti lascio immaginare – aggiunge Alfio - quante molecole di floroedermite si sprigionavano; noi ragazzi caricavamo i sacchi sulle spalle e nel fare il percorso avevamo a pochissimi centimetri dalla bocca miliardi di molecole nocive”.

Fino all’età di dieci anni Alfio ha lavorato esclusivamente nel periodo estivo. Poi, dopo la quinta elementare, il lavoro da temporaneo si è trasformato a tempo pieno. “Dall’alba al tramonto fino all’età di 14 anni per pochi e sporche lire” continua Alfio fino a quando “stanco di quella infame schiavitù” si trasferisce al nord. Trova lavoro in una fabbrica metalmeccanica e riesce a trovare il tempo per studiare. Tre anni fa iniziano i problemi di salute e la “mia vita diventa un vero e proprio inferno. Non tanto dal lato psicologico quanto per le continue dispnee,con costante insufficienza respiratoria”. Inizialmente era “affanno, tosse e minzione di catarro curata, per anni, come bronchite cronica”. Poi la diagnosi: mesotelioma d’asbesto con broncopatia ostruttiva. “Sento – scrive Alfio sul suo blog: http://legaperlavita.splinder.com -giorno dopo giorno la vita che scivola via. Spero che questo mio accorato appello possa fare da stimolo alla ricerca contro il mesotelioma (che oggi è ferma), creando speranza e sicurezza alle generazioni future”.

E poi aggiunge, quasi a dissipare ogni fraintendimento. Il mesotelioma “si può contrarre anche passeggiando; non si deve sottovalutare il fatto che le auto frantumano facilmente la pietruzza che compone la sabbia; né si può dimenticare i miliardi di Kmq di tetti in fibra d’amianto”.

Tutti pronti a rilasciare le micidiali molecole che, una volta inalate, rovinano per sempre la vita. Oggi Biancavilla, dopo essere entrata nel Programma nazionale di bonifica, ha avviato i lavori per la bonifica delle aree urbane interessate dalla presenza della fluoroedenite. In particolare sono stati portati a termine i lavori di bitumatura delle strade a fondo naturale, rimossi cumuli di materiale accatastato e sono in corso di esecuzione i lavori per la bonifica ambientale della ex cava attraverso il suo riempimento con materiali lapidei; ciò al fine di ricoprire le pareti di cava dove oggi è riscontrabile la presenza della fluoroedenite. Alfio, oggi cinquantacinquenne, ha una speranza: sopravvivere in modo dignitoso.

Vincenzo Greco


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Il lavoro che uccide: la storia di Alfio
5 ottobre 2006, di : piero cannistraci |||||| Sito Web: IL MESOTELIOMA A BIANCAVILLA.

Sinceri, complimenti.

Il 30 gennaio 2006, postavo, anch’io nel mio sito www.etnarossa.splinder.com, quanto segue:

"IL MESOTELIOMA A BIANCAVILLA.

E-MAIL. Io sono Alfio D’Agati. E desidererei che sul forum si trattasse il devastante problema dell’ASBESTOSI PER POTERCI ORGANIZARE A COSTITUIRE UN SODALIZIO O COMITATO. Al fine di sollecitare un impegno scientifico che politico per la ricerca di prevenzione,cure e riabilitazione respiratoria,per tutti coloro che come me convivano con questo devastante problema.


Da più di dieci anni, abbiamo questo tremendo problema a Biancavilla e non solo (anche compaesani che da parecchi anni vivono al Nord, accusano questa malattia).

Quando abbiamo appreso di questo pericolo a cui andavamo incontro, a causa di un minerale simile all’amianto, ci siamo mossi in tutte le direzioni per trovare delle soluzioni, e malgrado qualcuno volessi fermare tutto (deridendoci o accusandoci di opportunismo) siamo riusciti a fare includare Biancavilla come "Sito da bonificare" ed abbiamo avuto dei finanziamenti per iniziare la bonifica (ancora incompleta).

Abbiamo cercato di marginare le cause chiudendo la cava ed asfaltando tutte le strade periferiche (in terra battuta) per eliminare queste polveri pericolose (in parte riuscendoci, infatti man mano le rilevazioni che si fanno periodicamente dicono che sono diminuiti in modo rilevante).

Potremmo fare un bilancio positivo….. se non avessimo tralasciato un altro aspetto che la lettera di Alfio D’Agati, mette a nudo (di cui mi sento colpevole in prima persona), abbiamo tralasciato i malati, i loro familiari, ….soli a combattere questo terribile male…..soli a cercare tutte le possibili terapie….soli ….anche sul piano economico.

Ebbene, prendendo spunto da quanto scritto da Alfio, non possiamo nascondere la testa come gli struzzi, possiamo e dobbiamo colmare questa lacuna, impegnandoci affinché la comunità scientifica trovi delle terapie efficaci alla guarigione, e che si trovi un modo per aiutare anche economicamente i malati e le loro famiglie".

piero cannistraci

P.S. Purtroppo negli ultimi anni la "tensione" è calata, nulla sappiamo da semplici cittadini, come procede l’opera di bonifica, il paese è sordo (come se il problema fosse risolto), è non manifesta nessun interesse, eppur si continua, e per molti anni ancora, a subire il tragico danno alla salute. Sempre disponibile a qualsiasi collaborazione, sul tema.

    Il lavoro che uccide: la storia di Alfio
    29 novembre 2006

    La storia di Alfio mi ha profondamente scossa.Ho pianto per la rabbia e la disperazione; rabbia nel constatare come ancora nel nostro paese la salute dei lavoratori e dei cittadini venga costantemente messa in secondo ordine e assistiamo, spesso passivamente, all’inerzia di tutte le strutture predisposte, affinchè gli stessi cittadini abbiano una salute tutelata e salvaguardata.Disperazione, perchè ho immaginato tanti bambini sfruttati e costretti nell’età dei giochi e degli studi a lavorare come bestie per portare una briciola in più a casa. VERGOGNA,il Paese che toglie i sogni e le speranze alle giovani generazioni è un paese destinato a morire. Visto che i sogni ad Alfio e a quelli come lui sono stati strappati,aiutiamoli almeno a vivere dignitosamente. Mi chiamo Enza,sono un’orgogliosa siciliana( ma quante volte la cupidigia di certi miei conterranei mi delude e mi ha deluso!!)che vive a Roma.Che cosa posso fare per aiutare Alfio e quelli come lui? Datemi qualche speranza e qualche suggerimento.....ENZA