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17° Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo

Dieci paesi partecipanti, tra i quali Palestina e Israele. Serata d’inizio con Gino Strada e Pino Daniele. Cos’altro chiedere a questo bizzarro inizio di autunno?

di Piero Buscemi - mercoledì 24 settembre 2014 - 2902 letture

Quando una manifestazione, che si ripete da quasi due decenni incrementando ogni anno il numero di presenze e di paesi partecipanti, e che rappresenta una delle poche piazze di incontri multimediali e di integrazione razziale, esordisce nella sua serata inaugurale ospitando Gino Strada, consegna alla platea mondiale un messaggio indiscutibile e inequivocabile su come la maggior parte della gente la pensa in materia di risoluzioni per i contrasti internazionali tra le varie culture sparse nel mondo.

Chi ne avesse avuto ancora qualche dubbio, ieri sera ha avuto modo di spianare la strada della diplomazia e della coesistenza tra popoli nella propria mente, troppo spesso attaccata e confusa dalle tragedie che guerre senza fine disseminano nel proprio quotidiano. Una strada che lo stesso fondatore di Emergency continua a giudicare lunga e piena di insidie, nonostante l’ottimo auspicio che il suo cognome suggerisce. Perché l’uomo, purtroppo, non ha ancora perso il vizio della guerra. E usiamo volontariamente “uomo” per racchiudere in un solo fonema l’intera umanità, confidando nella sensibilità e nell’amore che una donna sa sapientemente esternare con maggiore naturalezza, rispetto all’altro sesso.

Gino Strada ci ha intrattenuto per circa un’ora, davanti al palco di Piazza Santuario a San Vito Lo Capo, che ci vede come ospiti abituali da oltre dieci anni a questo appuntamento di fine settembre, accanto a migliaia di persone provenienti dal comprensorio trapanese e palermitano, ma circondati da un numero sostenutissimo di turisti provenienti da varie località italiane e quest’anno, più di altri, da paesi europei e d’oltre oceano.

Gino Strada ci ha parlato della sua associazione umanitaria che, lo ricordiamo, ha festeggiato i suoi 20 anni dalla nascita a Milano dal 12 al 14 settembre, con una mega festa in occasione del XIII raduno nazionale; e ci ha condotto attraverso i ricordi dei corridoi ospedalieri improvvisati, all’indomani di una delle più sanguinose tragedie umane che la storia abbia registrato nei suoi infiniti calendari neri, quella del genocidio commesso in Ruanda nel 1994; e ci ha costretti a pensare, più di quello che ai nostri giorni siamo abituati a fare, annidandoci tra le pieghe di una passato bellico da dimenticare, e da celebrare nelle ricorrenze, e un presente che è la continuazione delle storie dei nostri nonni intinte di soprusi, scoppi, cadaveri accatastati, pulizie etniche con un “dio” sempre presente a giustificare una nuova guerra e a enfatizzare altri eroi inutili.

Venti anni, attraverso i quali, un gruppo di amici – come li ha definiti lo stesso Strada – si è ritrovato ad occuparsi di muri invalicabili di ostracismo ignorante e arrogante, oltre i quali sempre nuovi detentori di potere hanno scatenato nuove paure, orrori, pianti di bambini per strada a cercare invano madri che non risponderanno, e campi di protesi a sostituire anatomie saltate sulle mine anti-uomo, passando da una nuova malattia, come l’Aids che sembra non terrorizzare più, a una rispolverata dagli esiti incerti e spesso strumentalizzati, come in questi mesi lo è l’Ebola. In sintesi: guerre.

Nel suo intervento, Gino Strada ha tenuto a sottolineare come il fenomeno Emergency, oltre a essere presente nel luoghi di guerra più conosciuti al mondo, quali l’Afghanistan, il Sudan, la Sierra Leone, Iraq, Repubblica Centrafricana, da qualche anno è presente nel territorio italiano con strutture fisse e mobili, citiamo Marghera, Palermo, Polistena, Siracusa. Un’attività che, se nel mondo in venti anni ha potuto contare più di sei milioni di persone curate gratuitamente, senza distinguere tra carnefici e vittime in nome di una più vera deontologia medica, oggi può rappresentare in Italia l’opportunità di garanzia alla salute per tutti e gratuita, che ogni paese civile sotto qualsiasi bandiera politica, dovrebbe garantire come principio inalienabile.

Ascoltando le parole di Gino Strada, in ogni occasione, riaffiora quel sogno di mondo migliore che, raid americani di questi giorni, terrorismo, mercanti di armi e quant’altro riescono a soffocare nel breve spazio di un servizio giornalistico televisivo. A venirci incontro ci ha pensato Pino Daniele, che ha occupato quell’area di speranza lasciata dal fondatore di Emergency, deliziando la platea con due ore di musica tratta dal suo vasto repertorio, addolcita dagli arrangiamenti acustici della sua chitarra, accompagnata dal contrabbasso di Rino Zurzolo, dal pianoforte di una grandissima Elisabetta Serio, dalle percussioni di Alfredo Golino. Una colonna sonora che estasia la nostra vita da oltre trenta anni, e che da ieri sera, abbiamo adottato per sostenere ancora una volta questo sogno di pace. Nonostante altri cieli artefatti, riflessi sugli occhi di milioni di bambini.


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