Beatrice
Webb
Beatrice Webb
Nata nel 1858 da una ricca famiglia del Cloucesterschire,
Beatrice Potter fu influenzata dal positivismo di Comte e Spencer,
e pose le questioni sociali al centro dei propri interessi: Convinta
che il metodo sperimentale fosse applicabile ai problemi della società,
entrò in contatto con il movimento Fabiano e con uno dei suoi esponenti
più in vista, Sideney Webb. Erano entrambi sostenitori della inevitability
of gradualness, della necessità cioè che le istituzioni fossero
riformate attraverso un processo graduale, e mediante il criterio
della permeation, la penetrazione dei principi fabiani nei partiti,
sindacati, nelle istituzioni statali e comunali. Diedero vita, oltre
che a un'unione, a un vivace sodalizio intellettuale: fondarono
nel 1895 la London School of Economics and Political Science, nel
1913 la rivista New Statesman, ed ebbero un'attività di ricerca
e di impegno politico assai intensa. Per anni Beatrice Webb era
stata dunque una convinta riformista che tendeva a considerare la
Russia di Lenin sinonimo di anarchia , sangue e terrore.
Scriveva nel 1924: "mio marito ed io siamo sempre
stati contro il sistema sovietico e vi abbiamo visto soltanto il
ritorno dell'autocrazia russa sulla base di un credo religioso -
un concetto decisamente asiatico!. E ancora nel 1929 la politica
staliniana di collettivizzazione forzata e il modello del socialismo
in un solo paese non suscitarono certo le simpatie dlla studiosa.
Il suo atteggiamento cambia all'inizio del nuovo decennio: quando,
secondo Friedrich Weckerlein, autore dell'accurato saggio introduttivo,
cominciarono a farsi evidenti in Europa le conseguenze della crisi
economica . E fu "il crollo materiale e spirituale del capitalismo",
stretto tra la disoccupazione e la criminalità, a spingere la Webb
verso l'alternativa rappresentata dal comunismo e dallo stato sovietico,
che aveva proclamato una "nuova morale" liquidando nello stesso
tempo la religione e la cultura borghese. Questo è ciò che la impressiona,
"il formarsi di una nuova etica dello stato collettivo, della subordinazione
del singolo al servizio della collettività, la sostituzione della
ricerca del profitto individuale con 'l'emulazione socialista' ".
Nel 1932 la coppia partì per l'Unione sovietica e
visitò Mosca, Leningrado e Stalingrado, rafforzando le proprie convinzioni
riguardo lo sviluppo di una nuova civiltà. Beatrice Webb descrive
dettagliatamente il sistema delle organizzazioni di massa. Tenuto
insieme dalla struttura del partito comunista, il quale le appare
una sorta di ordine religioso, "un potere spirituale oppure, come
direbbero piuttosto i suoi capi, la coscienza della nazione". Non
le sfugge la difficile situazione economica, né il fatto che venga
soffocata la libertà di pensiero e di parola, ma ogni cosa, a suo
parere, va inserita nel processo che condurrà a un'umanità migliore,
pur comportando talune forme di ingiustizia. La presa del potere
di Hitler in Germania e il sostegno di cui godette Mussolini nel
periodo del massimo consenso non spinsero di sicuro i Webb a rivedere
le proprie idee sul regime sovietico. Al contrario, nel '35 essi
pubblicarono Soviet Communism: a New Civilisation?, un saggio nel
quale diedero una rappresentazione estremamente positiva dell'Unione
Sovietica; e non fu un caso che nelle edizioni successive sia scomparso
il punto interrogativo.
L'anno seguente le notizie sui processi di Mosca
rappresentarono uno schock per la studiosa: le condanne a morte
inflitte a Kamenev e Zinoviev nella liquidazione della sinistra
del partito furono l'epilogo di uno spettacolo per lei incomprensibile.
E tanto più incomprensibile le sembrerà il patto di non aggressione
siglato nell'agosto del '39 tra l'Unione Sovietica e la Germania
nazista che aprì la strada, nell'arco di qualche settimana, alla
spartizione della Polonia. Fu il crollo di un mondo per la Webb,
come rivela il tono indignato delle sue parole. "Stalin e Molotov
sono diventati delle canaglie diaboliche", e il discorso radiofonico
col quale il ministro degli esteri sovietico giustificava il trattato
era "un monumento all'immoralità rivestito da cinici sofismi". Beatrice
Webb morì nel 1943: non avrebbe visto la fine della guerra. Sidney
sarebbe scomparso quattro anni dopo.
Ma ciò che rimane interessante della loro vicenda
è l'evidente necessità di assistere alla realizzazione di un'utopia,
unica via d'uscita da un sistema capitalista ritenuto ormai decadente
e stremato, e da un riformismo che sembrava incapace di fornire
risposte persuasive. Sarebbero seguiti altri "pellegrinaggi", nel
corso del secolo: processi di estraniamento, secondo Weckerlein,
ma anche chiaro sintomo dell'esigenza di porre al centro della riflessione
intellettuale la ricerca di alternative politiche concrete" (Enrico
Paventi su "Il Manifesto" 27 dicembre 1998, p. 21, in occasione
dell'uscita in Germania di una raccolta degli scritti di Beatrice
Webb, dal "Diario russo" alle lettere a Beveridge, Wells, Bernard
Shaw)
Sherazade
5: Galleria del Novecento
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