Galleria
Presentazione
di marta di stefano
Il numero 5 di Sherazade è dedicato a una
raccolta biografica curata di Filippa La Villa. Il sottotitolo "Figure
femminili del '900 fra politica, arte e cultura" della "galleria"
di Filippa delimita meglio il campo. Ma è soprattutto il
titolo che abbiamo voluto dare a questa antologia, "Le inqualificabili",
che rende forse meglio una delle direzioni che sono implicite in
questa raccolta.
Una delle direzioni "di marcia", perché
di un lavoro "in progress" si tratta. Schede biografiche
che sono suggestioni, di lettura e di incontro. Suggestioni che
nell'incompletezza, nella parzialità, nel frammento - anche
-, trovano motivo di esistere e efficacia. Il lavoro di Filippa
si muove sul metodo - antiscientifico, patrialcalmente inqualificabile
- della simpatia. Sympateia, dicevano i greci. Il coinvolgimento
emozionale che scaturisce da una parola, da un aspetto, da un dato
di vita. Niente di sistematico dunque: e infatti abbiamo voluto
mantenere l'ordine disordinato di questa raccolta, che si presenta
senza fili cronologici o, chessò, alfabetici. Donne, alcune
note altre meno note, che hanno vissuto. Vivere, nell'ordine rassicurante
dell'universo sociale - non solo "maschile", ma del potere
sociale -, significa dare un contributo all'interno di una data
funzione: così lo scrittore e la sua "opera letteraria",
lo scienziato e la sua "opera scientifica" ecc. Le schede
biografiche degli ordini sociali sono schede rassicuranti, maniacalmente
monocromatiche. Esiste solo l'individuo, con i dati della propria
nascita e della morte, e in questo arco il suo contributo a un determinato
settore della conoscenza o della comunicazione. Nient'altro. Rimane
fuori la vita: le conoscenze, le curiosità delle persone.
Il dolore e l'amore, gli affetti, i gusti, gli errori, gli incontri.
Insomma, quello che conta veramente. Il lavoro sulle biografie significa
poter recuperare questo "altro". Di qui credo l'interesse
di Filippa per le biografie e l'interesse che i lettori hanno sempre
avuto per la biografia come genere - per l'occidente, ancora una
volta, la cultura greca ha imposto gli standard, il cristianesimo
ha cercato di porre i suoi paletti, l'Inghilterra ottocentesca ha
creato modelli e un "mercato" editoriale.
Il metodo non-metodo della "simpatia" dicevamo
per le "donne ritrovate": accanto a donne che si sono
dedicate al lavoro letterario sono donne per le quali la letteratura
è stata solo un momento, spesso non determinante, della propria
esistenza. Militanti - si pensi a Francesca Spada, o alle "anarchiche"
-, donne "oscure", donne "controverse". Negli
anni Settanta il movimento femminista ha cercato, in una fase primordiale,
di esaltare le figure femminili. C'era il bisogno per eccesso di
dare certificazione d'esistenza alle donne. Si faceva apologia,
un po' come il cristianesimo agli inizi propagandava le icone dei
suoi modelli politici ("spirituali"). Ne uscivano fuori
non biografie, non vite, ma macchine perfette e ipostatiche. Poi
sono venuti gli anni Ottanta e via di seguito, e i mondi si sono
moltiplicati, i modelli si sono incrinati. L'attenzione femminista
degli anni Settanta si è svelata essere disattenzione e paraocchi.
Debbo dire che per chi come me ha vissuto la liberazione femminista,
è un momento liberatorio la liberazione da certe restrizioni
- certe sterilità - in cui ci eravamo cacciate.
L'antologia di Filippa La Villa non vuole essere
"esaustiva", fissa solo alcuni nomi e alcuni momenti del
"secolo lungo" novecentesco. Il lavoro che resta da fare
è tutto davanti a noi.
Sherazade
5: Galleria del Novecento
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