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Rita Majerotti (1876-1960)

(Da Lapis 30, pp.56-57 Graziella Bonansea, Tra politica e sentimento- Nuove immagini del femminile nella storia di una maestra di primo Novecento )

Veneta, di estrazione piccolo-borghese, Rita Majerotti, scrive Il romanzo di una maestra, EDIESSE pubblicato a puntate su "La Difesa delle lavoratrici" dal I° settembre 1913 al 6 Giugno 1915 con il titolo Pagine di vita. Dalla ricostruzione che ne fa la nipote Anna Tonon ad un convegno del 1990, conosciamo il padre Eugenio, generazioni di insegnanti, garibaldino, precettore di quella che poi divenne sua moglie (e madre di Rita); la madre, Elvira de Mori, famiglia aristocratica, entourage austro-ungarico, donna raffinatissima, dolce e pia, riservava ad Anna un'ora della sua giornata per leggerle e commentarle "una pagina al giorno" di morale e comportamento cristiano".

Rita si sposò due volte. "la prima con Giuseppe Tonon, figlio di una famiglia "bene" trevigiana. Era la "pecora nera" che, non avendo voluto studiare più di tanto, dovette adattarsi a fare l'ufficiale del Dazio. Di lui nonna parla molto nel romanzo. La fece soffrire molto, morì alcolizzato a soli 38 anni, lasciandola vedova con due bimbi piccoli, il primo di quattro e l'altra di tre anni. La seconda vola si sposò nel 1916 [nel 1918 secondo fonti documentarie, n.d.c.] con Filippo D'Agostino, di nove anni circa più giovane di lei. Fu un lungo sodalizio, caratterizzato da un'assoluta comunione di ideali politici, di lotte, di lavoro e di persecuzioni. Vissero insieme fino all'8 novembre 1943, giorno in cui, - a seguito di un attentato a Roma - nonno Filippo venne arrestato e, il 4 gennaio1944, deportato a Mathausen, dove morì il 14 luglio dello stesso anno".

Ebbe tre figli, di cui la prima, Elvira, morì a un anno, e Arturo, processato dal tribunale fascista e lungamente perseguitato. "In una società ove la parola è detta spesso per nascondere il pensiero, ove si pesa per vedere quale sia di tornaconto maggiore, di miglior interesse prossimo o remoto, ove il sussiego si chiama dignità, ove gelosamente si nascondono i fremiti del corpo e i palpiti del cuore, ove la verità è delitto, ove il verbo - convenire - è quello che regola ogni azione, ove la realtà è nulla e l'apparenza tutto , questa spontaneità è …la regina delle virtù e il più grave, il più atroce, il più insensato dei difetti".

Gira varie scuole , sedi disagiate che spesso non le consentono di avere con sé i suoi figli. Determinante la conoscenza di Angelica Balabanoff. Rita scriveva su "La Fiamma", periodico settimanale, organo delle Federazioni socialiste del collegio di Lugo e su "Su compagne", giornale di propaganda socialista fra le lavoratrici. ("Scrivevo spesso ormai sul settimanale socialista, ma non sapevo che vi fosse un partito socialista"), e fu invitata a sentirla parlare a Conegliano perché un compagno temeva che nessuna donna avrebbe osato essere presente a quell'incontro. Le sue osservazioni sullo sfruttamento delle operaie delle cartiera da parte del padrone e delle monache. Il suo anticlericalismo le crea parecchi problemi nella comunità e nella scuola. "Fin dai primi anni, la sua attività di maestra nelle scuole rurali del Trevigiano, del Mantovano e del Milanese sarà accompagnata dalla passione per la politica. Nel periodo della prima guerra mondiale svolge un ruolo di primo piano nel contesto rivoluzionario pugliese, da cui verrà emarginata per le sue posizioni pacifiste….

Antifascista per elezione, lascia l'Italia nel 1926 insieme al secondo marito, ed è attiva nell'organizzazione dei fuorusciti italiani prima in Belgio e poi in Francia. Partecipa alla resistenza e, nel dopoguerra, è tra le fondatrici dell'UDI continuando così la sua militanza politica e sociale." L'articolo parla de "Il romanzo di una maestra" curato da Lucia Motti e dei due saggi di Maria Teresa Sega e Maria Antonietta Serci , che "aprono entrambi direzioni di studio per la scrittura storico-biografica". "Per Rita Majerotti l'etica stessa si radica nel sentimento, in contrasto con tutte le forme di pensiero che sostengono la necessità del controllo da parte della morale sul sentimento. Dunque non la medietà delle emozioni di cui ci parla Max Weber, fondamento delle società moderne, ma la passione, unica forma di superamento della divisione tra individuo e stato e delle barriere sociali, costituisce per Rita il dato di senso che sostiene il suo rapporto con la fede politica"[…]

Studiose come Simonetta Soldani, che hanno lavorato a lungo sull'identità delle maestre fra fine Ottocento e primo Novecento, hanno sottolineato che le maestre si trovano a svolgere in questo periodo l'unica professione intellettuale accessibile in forma generalizzata alle donne, e che, grazie a quest'attività, possono sperimentare modelli di emancipazione che avranno profonde ripercussioni nelle trasformazioni della modernità. Esonerate dal ruolo produttivo, le maestre si trovano ad esercitare una funzione di maternage sociale, potenzialmente affrancata dalle limitazioni della maternità biologica. E' in questo spazio che le maestre possono far nascere nuove relazioni fondate sulla forza della parola".



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