Joyce
Lussu
Joyce Lussu
"Non era sarda, ma volle diventarlo studiando non
solo la storia ma anche le tradizioni, il costume, il modo di pensare
di un popolo che era diventato suo. Il ricordo più significativo
per me è tuttavia legato al primo congresso delle donne sarde, nel
1952. Percorremmo tutta l'isola e in centinaia di assemblee con
piccoli gruppi di donne affrontammo tutti i problemi, dalla casa
alla scuola, dalla famiglia alla richiesta del lavoro, dalla denuncia
delle condizioni inumane delle lavoratrici dei campi a quelle delle
insegnanti. Non ci fu aspetto della vita delle donne sarde che non
fu esaminato e discusso. Ci riunivamo regolarmente per controllare
il lavoro e per verificare le delegazioni al congresso. Finalmente
questo si aprì e di fronte ad un cinema gremito da oltre 2.000 donne,
la maggior parte in costume tradizionale, Joyce pronunciò un discorso
teso ad indicare la via della rivendicazione di una condizione diversa,
di uguaglianza e di unità delle donne sarde. Sempre composta e seria,
non riuscì tuttavia in quell'occasione a nascondere la sua emozione
per lo splendido spettacolo di entusiasmo e di volontà di lotta
che con la sua attività precedente aveva contribuito a creare" (dal
ricordo di Nadia Spano su "Il manifesto" del 6 novembre 1998)
"Quando prenderò la rincorsa / per il grande tuffo
nell'aldilà /non è detto che arrivi tutt'intera…" ha scritto in
una delle ultime poesie, in "Sguardi sul domani", curato da Maria
Teresa Sega (andrea Livi, '98). Era ironica e battagliera, fiera
e tenace. Figlia di una generazione dai pochi dubbi e dalle molte
certezze. Fu eclettica e prolifica, itinerante nella scelta degli
editori come in quella dei generi: dai resoconti autobiografici
alla saggistica, dalla poesia alla fiaba. E al femminismo. In Donne
e scrittura a cura di Daniela Corona, ed. La Luna, '88), scrisse:
"anche le grandissime Blixen e Yourcenar ci presentavano sempre
immagini di donne perdenti, e mai vincenti…". Lei, invece aveva
saputo essere una donna vincente. Sul modello delle sibille, richiamato
nei suoi testi. ("Il libro pregno su streghe e sibille" - il lavoro
editoriale, '83 - "La Sibilla", - stesso editore, '88 . "L'erba
delle donne" - Napoleone, '79). Coerente anticolonialista, ha tradotto
poeti curdi, capoverdiani, eschimesi e mozambicani (molti compaiono
nell'antologia "Tradurre poesia", Mondadori, '67). A scrivere, Joyce
aveva cominciato giovanissima: "Liriche" - ed. Ricciardi - è del
'39, "Fronti e frontiere - RomaEdizioni U -, sulla sua vita politica
clandestina, del '44. E poi, "Storia del fermano", del '69, "Le
inglesi in Italia" (Lerici, '70), "Padre padrone padreterno", del
'76. E ancora "L'olivastro e l'innesto" ('82), racconti sulla cultura
sarda, "L'uomo che voleva nascere donna" (Mazzotta, '78), "Donne,
guerra, società" ('82). Inoltre, "Sherlock holmes, anarchici e siluri"
e "Lotte, ricordi e altro" (Biblioteca del Vascello), e "Sulla civetteria",
scritto con Luana Trapé (Voland, '98). Per la fondazione Modigliani
uscirà nel '99 il 13.mo volume di "Impresa e società", che Joyce
ha finito di dettare poche ore prima di morire." [Geraldina Colotti,
scheda su Il Manifesto, 6 novembre 1998]
"La casa di Joyce Lussu è a San Tommaso, nelle Marche,
in una piccola località posta tra Fermo e Sant'Elpidio. Un'altra,
che non conosco, ma di cui so che si deve riparare il tetto, è ad
Armungia, un paesino dell'entroterra, in Sardegna. E' la casa di
Emilio Lussu, il suo compagno. Naturalmente, in una vita tanto lunga
e intensa qual è stata quella di Joyce, vi sono state molte altre
case. A Roma, per esempio; dal dopoguerra fino alla scomparsa di
Emilio, che è avvenuta nel '76. E da adolescente, a Begnins, in
Svizzera, ove la famiglia era riparata nel 1926, lasciando Firenze
dopo che i fascisti avevano barbaramente picchiato e torturato il
padre, il professor "Willie" Salvadori. E poi a Parigi, sempre col
compagno della sua vita, Emilio, dalla seconda metà degli anni trenta
all'armistizio. E prima ancora a Heidelberg, ove Joyce era andata
a seguire i corsi di Jaspers, e dov'era restata fino all'avvento
del nazismo. Ma la casa di Joyce, per come questa cosa può essermi
comprensibile in modo immediato e senza bisogno di ulteriori spiegazioni,
la casa dove ha sempre abitato anche durante i lunghi anni del fascismo
vissuti lontano dall'Italia, è a San Tommaso. E' una casa ex colonica
riattata, che fu già dei genitori, composta di tre piani. Bella
come solo possono essere belle le cose perfettamente umane e sontuosamente
dimesse. Nella grande cucina al pianterreno si sta freschi anche
nel cuore dell'estate, e nella veranda che lei ha fatto costruire
all'ultimo piano, arriva luce, fino al tramonto, anche in inverno.
Seduti in cucina, o nella veranda al terzo piano o vicino al fuoco
del grande camino che si trova al secondo piano, lo stesso, ove,
appartate, ci sono le due piccole stanze da letto degli ospiti,
con Joyce si poteva parlare, per ore, con vivacità, anche infervorandosi
alle volte - si poteva, alla lettera, parlare, di questo secolo.
I più giovani, saggiamente, ascoltavano e domandavano. Ogni tanto,
nel corso della discussione, qualche nuovo ospite arrivava, ed erano
le insegnanti sue amiche, o un giovane scrittore in visita - penso
a Silvia Ballestra o Giulio Mozzi, ad Angelo Ferracuti, o Marco
Franzoso e Romolo Bugaro e altri ancora: procurate nuove sedie per
i visitatori che si univano al gruppetto, la discussione, subito,
riprendeva. Gli argomenti potevano essere i più diversi, anche se
i temi relativi alla politica e alla storia erano i prediletti.
Poiché il figlio di Joyce, Giovanni, è un ottimo grafico e qualcuno
di noi poteva avere per le mani la bozza di copertina di un suo
libro da ristampare, si parlava anche di grafica: o di musica o
di archeologia, alle volte - che sono gli interessi dei due figli
di Giovanni, i suoi cari nipoti. Si fumavano sigarette leggere con
accanimento e si bevevano i bicchierini gialli di Strega. Niente
tv. Joyce ascoltava solo la radio. Le notizie che la interessavano
le prendeva da lì.
Questa donna provò a salvare Rudolf Breitschield
e Hilferding, uomini che erano stati ministro dell'interno in Prussia
o deputati del Reichstag e ministri delle Finanze, nella Parigi
già occupata dai nazisti. Offriva loro dei documenti falsi, che
nonostante le sue proteste, i pericoli corsi per incontrarli, il
suo disperarsi e la rabbia per la non comprensione di entrambi di
fronte al pericolo decisivo che li minacciava, non furono accettati.
Questa donna ha sottratto la moglie e il figlio del poeta rivoluzionario
Nazim Hikmet alla polizia turca che da anni li sorvegliava - una
pattuglia e una jeep stazionavano, giorno e notte, davanti alla
casa. Lo fece nel 1961, servendosi di un veloce motoscafo, dopo
aver convinto un industriale suo amico a imbarcarsi, letteralmente
nell'impresa: vi fu anche un rocambolesco naufragio, e Joyce e la
moglie di Hikmet attesero per una settimana, prive di documenti
e di soldi, sulla banchina del porto di Mitilene, in attesa dell'aereo
della Lot che avrebbe condotto in salvo i fuggitivi a Varsavia.
Nel settembre 1943, attraversando le linee tedesche e spingendosi
a piedi, dopo giorni e giorni di marcia, fin oltre Benevento, questa
donna medaglia d'argento al valor militare ha trasmesso per radio
il primo messaggio ai compagni del CLN che si trovavano nell'Italia
ancora occupata dai nazifascisti. Di storie così e di molto altro
ancora le chiedevamo, venti anni fa, noialtri più giovani. Della
leggendaria fuga da Lipari del marito Emilio, dei poeti curdi, o
angolani, che aveva conosciuto e introdotto in Italia e in Europa.
Questa esistenza magnifica che non si lascia riassumere, è custodita
nei suoi libri, che Joyce ha sempre affidato, dagli anni Sessanta
in poi, a editori piccoli e piccolissimi; e poi nella partecipe
e scintillante intervista-autobiografia che ha concesso alla più
giovane delle sue amiche, Silvia Ballestra, in duecento pagine memorabili
pubblicate, mesi fa, da Baldini & Castoldi." [Massimo Canalini,
Il Manifesto 6 novembre 1998]. Citazioni da "Padre padrone padreterno"
di Joyce Lussu, Editori Riuniti, 1976 [da consegnare alle storiche
o a chi si occupa di storia di genere"]
"La matrona, ossia la donna libera e possidente dell'antica
Roma, era legalmente più indipendente e socialmente e sessualmente
più libera delle donne dei secoli seguenti, fino a tempi recentissimi.
Era perciò un'accanita sostenitrice della società schiavistica,
che le aveva consentito alti tenori di vita, successi nelle lotte
per la sua emancipazione e acquisizioni di notevoli fette di potere."p.46
pp.48-49
la patria potestas, la cui storia non è stata ancora
scritta 2fonte di terribili distorsioni morali e psicologiche soprattutto
per i maschi della classe dirigente sottoposti ad un addestramento
tutto speciale in vista del futuro esercvizio del potere" (ma questo
vale anche per i colleges britannici per èlites colonialiste). "essere
uomo non era peccato, ma essere donna si. E ci andarono di mezzo
non solo le belle matrone dalle tuniche trasparenti e dai sontuosi
gioielli, ma tutte le donne in quanto tali. Con particolare accanimento
vennero perseguitate le donne colte, che coi lotro studi contrbuivano
allo sviluppo delle arti e della scienza, come Ipazia di alessandria,
inventrice dell'astrolabio e della livella ad acqua, lapidata e
fatta a pezzi da una banda di cristiani nel 415" p.52
L'atteggiamento verso la storia e i suoi protagonisti
di joyce Lussu si può capire da queste frasi: "La cultura contadina
è invece legata a un'appropriazione concreata e non astratta del
territorio, agli sforzi ingegnosi e diretti per renderlo produttivo…."p.58
"le dame dei castelli non si offendono per queste
escursioni sessuali dei loro uomini nel mondo ancillare e contadino;
anzi inventano il mito della virilità…[…]Per sé, la dama feudale
inventa l'amore cortese, che le consente di avere a portata di mano
paggi, menestrelli e cavalieri erranti, e di avviarli eventualmente,
ma con molta delicatezza e molte canzoni, verso la camera da letto"
p. 61
"nell'assetto feudale, una donna poteva anche diventare
sovrana ed esercitare il potere politico; nell'assetto comunale,
è impossibile che diventi podestà o capitano del popolo" p. 64
"La caccia alle streghe è un attacco frontale contro
le residue autonomie che alimentavano le ribellioni del mondo contadino"
p. 68
Proletarie e padrone: "sarebbe interessante analizzare
le cause di questa regressione civile e culturale, legata ai nuovi
modi di produzione, delle donne della classe dominante. Fu la conseguenza
di un consenso, o di una sconfitta? Dai risultati si direbbe che
le signore erano ben felici di fare le signore, e puntellavano il
sistema e i valori che aveva indotto con un odio contro le classi
lavoratrici e un accanimento a difendere i propri privilegi che
rasentava la ferocia " [sarebbe interessante qualche esempio, ma
non c'è] p.76
"Il femminismo si sviluppò nei paesi dove il codice
napoleonico non era stato adottato e dove l'industrializzazione
era molto avanzata, come l'Inghilterra. La classe dirigente imprenditoriale,
che proletarizzava una gran massa di donne avviandole nelle fabbriche,
doveva controbilanciare questo peggioramento della loro condizione
con gli accresciuti privilegi alle donne della borghesia;" p. 78
manifestazioni operaie e contadine con presenza femminile:
" …alle donne di Misterbianco di Catania che incendiano il municipio
nel 1891:; dai fasci siciliani (di cui uno tutto donne a Piana dei
Greci) alle casalinghe che nel '96 fermano i treni militari in Lombardia
e liberano gli arrestati a Milocca […] le lavoratrici italiane maturano
nelle lotte i temi della loro liberazione e della liberazione di
tutti gli sfruttati" p.81
"per contro, le donne della classe dominante ( di
quella parte della piccola borghesia, enormemente dilatata con l'assetto
capitalistico, che tende ad imitarle) sono, nel complesso, tra le
più arretrate d'Europa, e i guasti portati dal diritto canonico
sono ancora più che evidenti" p.82
"la questione femminile, all'interno della resistenza,
progredì autonomamente, per le situazioni di fatto che si erano
create e che imponevano comportamenti diversi; non per merito delle
forze politiche che la dirigevano."p.84
"la lotta anticoloniale stimola più di ogni altra
la partecipazione delle masse femminili perché non può essere riformista
(a meno che non voglia barattare il vecchio colonialismo col neo-colonialismo)
e si scontra frontalmente sia con la cultura imposta dall'occidente
che con quella tradizionale autoctona che ha portato alla schiavitù:
lotta contro l'imperialismo occidentale, ma anche contro Confucio,
o il tribalismo" p.88
"Il '68 è servito soprattutto a sgombrare il terreno
da intollerabili sclerosi sovrastrutturali" p.90
il limite "Una controproposta rivoluzionaria avrebbe
richiesto una maggiore attenzione ai problemi strutturali"p.90
la madre "casalinga obbligata ma indomita e sibillina;
che mi spiegava, sorridendo, come i periodi passati nelle carceri
fasciste e al confino erano stati, per lei, epoche di sontuosa libertà
dai lavori forzati della vita domestica" p.118
Sherazade
5: Galleria del Novecento
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