La "famiglia" linguistica indoeuropea
Importanza particolare ai fini del nostro studio riveste
la famiglia indoeuropea, per cui ad essa dedicheremo particolare
attenzione. Alla famiglia indoeuropea appartengono la maggior
parte delle lingue parlate nelle varie regioni europee,
con poche ma significative eccezioni (il basco, il magiaro).
Lingua non indoeuropea era l'etrusco, fatta fuori dall'espansione
dell'indoeuropeo latino ma di cui sono rimasti documenti
scritti.
Già i viaggiatori europei del XVI secolo (+) avevano
notato delle affinità esistenti tra alcune lingue
europee e le lingue arie dell'India. L'esistenza di queste
affinità stimolò gli studi a cui non erano
estranei influssi teologici: la Bibbia, testo religioso
di gran parte dei popoli europei dell'epoca parla della
variazione linguistica intervenuta in seguito a un'arrabbiatura
divina contro l'arroganza umana (episodio biblico della
Torre di Babele): i primi studiosi si dilettarono a trovare
affinità tra le lingue anche in vista della possibile
ricostruzione della lingua pre-babelica, lingua "pił vicina"
alla parola stessa divina.
Agli studi linguistici si accostarono laici guidati da
intenti non teologali. Tra questi anche G.W. Leibniz. Nel
1786, un giurista inglese studioso delle culture orientali,
sir William Jones, ipotizzò che lingue europee (greco,
latino), e sanscrito potessero avere un antenato comune.
L'ipotesi indoeuropea fu di grande stimolo non solo per
le ricerche successive ma anche per l'affermarsi della stessa
linguistica comparata. Importanti furono gli studi del danese
Rasmus Rask, e dei tedeschi Franz Bopp e Jacob Grimm, a
cui si deve la scoperta di una importante costante che guida
i mutamenti fonetici (legge di rotazione consonantica):
egli si accorse di come inglese e tedesco, entrambe lingue
germaniche, hanno una v e una f mentre gli altri gruppi
linguistici hanno una p :
es.: father e Vater, contro il latino pater e il sanscrito
pitar-.
August Schleicher fu il primo a usare la rappresentazione
"a rami d'albero", cercò di ricostruire le lingue
desumendone gli elementi da forme pił recenti, e tentò
di comporre frasi usando parole "ricostruite".
I tentativi di ricostruzione delle proto-lingue non hanno
solo un valore astratto, ma costituiscono anche un tentativo
conoscitivo. Attraverso il proprio vocabolario una lingua
ci dà informazioni sugli usi e costumi dei popoli
che usarono quella lingua. La ricostruzione, ad es., della
parola indoeuropea per padre dovrebbe essere *p'ter-. I
linguisti sono arrivati a questa radice da forme derivate
che significano il maschio a capo di un gruppo familiare.
E' stato dedotto che i popoli indoeuropei erano organizzati
in società patriarcali. Questa metodologia, pur con
tutte le prudenze necessarie, è di estrema importanza
se si vogliono studiare popolazioni che non hanno lasciato
documenti scritti.
Posta l'esistenza di questa famiglia, con il proliferare
di nuove domande a cui si sono tentate serie di nuove risposte
e ipotesi, ci si è chiesti "da dove" abbia avuto
origine la serie di ceppi o "il" ceppo originario di questa
famiglia. Eurocentrici e antieurocentrici hanno variamente
dibattuto, e la questione resta aperta. I primi a cercare
in Europa la "zona d'origine", gli altri a cercarla fuori
d'Europa. Nel passato la questione era legata anche a faccende
storico- politiche per cui si legava a sovrapposizioni ideologiche.
Oggi, pur continuando a proliferare le ipotesi e le controipotesi,
la questione sembra essersi finalmente deidologizzata. Pur
rimanendo alcuni studiosi dell'idea eurocentrica, le ipotesi
extraeuropee sembrano avere i maggiori consensi e attenzioni.
La serie delle lingue indoeuropee secondo queste ipotesi,
si sarebbe irradiata dalle regioni dell'Asia sudoccidentale,
e in particolare forse dalla regione dell'Anatolia orientale
(parte dell'attuale Turchia e transcaucasia), secondo flussi
migratori a ondate che avrebbero colpito l'Europa sudorientale,
l'area della Mezzaluna fertile, fino all'India nordorientale.
Questa macro-area sarebbe la "zona d'origine" delle famiglie
linguistiche indoeuropee, caucasiche, elamo-dravidica, forse
anche afro-asiatiche. Da lì deriverebbero anche lingue
sopravvissute solo nei testi scritti archeologici, come
il sumero.
|
|