Tra VI e V secolo (-) il panorama delle produzioni letterarie d'area culturale greca è molto diversificato. Anche politicamente siamo alla presenza di una civiltà policentrica. Si accentuano le caratteristiche cittadine, rispetto alla fase esioidea, e le letterature riflettono la maggiore complessità anche sociale.
Conosciamo i nomi e le produzioni di autori, provenienti da
varie pòleis, e diversi generi letterari. I generi erano
distinti in base alle occasioni per cui le singole opere erano
prodotte e per il relativo aspetto formale, soprattutto metrico.
Ciò che per noi è semplificato in "poesia"
perchè scritta in versi e espressione non narrativa del
mondo emozionale di una autore, aveva allora caratteristiche
distintive altre.
Opera decisiva nello stabilire caratteristiche dei "generi"
e nella selezione degli autori che sono sopravvissuti, l'hanno
compiuta gli studiosi alessandrini. A essi fondamentalmente
si deve se la produzione dei popoli greci tra VIII e V secolo
(-) sia stata tramandata a noi nelle forme che noi conosciamo.
Con i limiti del loro filtro, che ha sacrificato materiale che
per noi risulta ormai perduto; ma anche con l'aspetto positivo
che almeno questo si è salvato.
Tra le varie forme letterarie che si vennero determinando proprio in questo periodo, per quanto ne sappiamo, ricordiamo:
La struttura metrica dell'elegeia era basata sul "distico
elegiaco", che era formato da un esametro e da un pentametro
dattilico accoppiati. Non si sa da dove derivi la parola "é
legos" che designava il distico. Alcuni hanno ipotizzato
fosse il nome frigio, o di una lingua vicina, del flauto, lo
strumento su cui si annotava la recitazione dell'elegeia. Il
primo a usare il termine di elegeia fu il poeta e oratore ateniese
Crizia (V secolo -), e gli antichi studiosi ritennero di volta
in volta inventori di questo genere Arkhilokos,
Callino, Mimnermos. Non sembra che
il termine discriminasse un contenuto specifico: Arkhilokos
e Callino usarono il distico per canti guerrieri, Mimnermos
per canti d'amore in occasione di simposi, Turtaios
per poesie di esortazione patriottica, Solon (e poi Teognis e Senofane)
per componimenti gnomici e moraleggianti. Di altri (es. Evenos
da Paro) non disponiamo sufficienti versi per poterne delineare
una caratteristica specifica.
Solo in periodo ellenistico e poi latino all'elegèia
fu associato l'elemento elegiaco (malinconia, tenerezza...).
Lo ìambos era la poesia cantata o recitata con
accompagnamento dello iambłke, una specie di arpa. Il tono era
aggressivo e spregiudicato, ricco di tratti realistici o giocoso.
Nei versi giambici (specie trimetri) dal ritmo concitato e vicino
al conversare comune, trovò la sua pił naturale espressione.
Il trimetro iambico fu poi usato nella commedia (ko:mo:idì
a) e nella tragedia (trago:idì a) attica.
Si considera iniziatore del genere Arkhilokos,
che impresse con la sua prepotente personalità un timbro
inconfondibile alla poesia d'invettiva, poi continuata da Semonide
da Amorgo, e da Hipponax.
Tra i latini composero in metro iambico Nevius, Lucilius, Catullus
e soprattutto Haratius: ma il loro è uno stile pacato,
lontano dall'irruenza dei iambografi greci.
Tra la fine del XVIII e la prima metà del XIX secolo
in Francia, A. Chénier e H.A. Barbier tentarono di riesumare
il metro per una poesia di ispirazione politica.
Alla lurikà , la poesia che si accompagnava con la cetra - secondo un uso comune anche presso i popoli orientali - si dedicarono, secondo quanto ne sappiamo, una serie di autori di primo piano come Alkaios, Saffò , Anakreon (lurikà monodica), Alkman, Stesikhoros, Ibukos, Simonides, Bakkhulides, Pindaros.
La poesia greca (area egea, comprendente le coste anatoliche e quelle greche europee) tra VII e VI secolo (-), tra il fiorire dell'epica e quello della trago:idìa, ha queste caratteristiche generali:
Il repertorio della poesia di questo periodo è vastissimo. Esistono componimenti:
Si tratta di delimitazioni di massima, non è difficile
che un autore "invada" un campo specificatamente non
suo, o che i moduli propri a un tipo di componimento siano usati
in un altro tipo.
Nella loro configurazione esteriore elegeia e ì ambos
hanno una matrice ionica, e sono costituiti da una serie continuata
di versi: esametri e pentametri dattilici (che saranno impiegati
nell'epigramma), trimetri iambici, tetrametri trocaici. La lurikà
monodica non va oltre l'aggruppamento di strofe di quattro versi
(alcaico, saffico ecc.); la lurikà corale invece procede
per stanze, strofe, antistrofe, epodo. La lurikà monodica
usa il dialetto locale dell'autore; la lurikà corale
privilegia il dorico, usato come lingua internazionale.
Gli autori di cui conosciamo l'opera, sono spesso biografici,
si indirizzano a un gruppo di amici oppure a un gruppo allargato
fino a comprendere tutta la comunità dei cittadini liberi
(non gli schiavi) della poleis. Si composero elegeie iambi e
monodie per piccole cerchie di persone, ma anche lurikà
corale per celebrazioni (religiose, nuziali, funebri, vittorie
agonali ecc.). Ricordiamo alcuni poeti come Arkhilokos,
Saffò , Alkaios,
e un politico come Solon. E' stato
osservato come questo gruppo di poeti sia molto vicino a noi,
per ciò che essi esprimono e per il modo con cui lo fanno:
la loro individualità e la capacità a esprimere
qualcosa che noi definiamo come passione e vivacità d'umore.
Ma sempre, nel momento in cui essi parlano di sé stessi,
enucleano sensi generali, che hanno valore per tutti e che riguardano
il senso stesso della vita, dell'esistere tra gli altri.
A questa capacità comunicativa attraverso i secoli deve
aver contribuito la stessa selezione fatta dagli studiosi ellenistici,
che in fondo hanno fatto selezione su un materiale ormai lontano
da loro nel tempo e nella valenza "politica" diretta,
nel coinvolgimento emotivo.
Dopo il VI secolo (-) la produzione monodica, elegeica e iambica decadde, divenne sempre pił didascalica e razionalistica. La produzione coralica si indirizzò verso una poesia celebrativa delle varie poleis e dei tiranni locali. Di quest'ultimo tipo di produzione ci sono rimasti forse i migliori esempi, selezionati dal successivo filtro ateniese e alessandrino, quelli meno legati a contingenze localistiche, in un certo senso pangreche.
Simonides Bakkhulides Pindaros rielaborarono in strutture complesse gli elementi costitutivi del canto corale: la descrizione degli eventi e dei personaggi da celebrare, il mito che viene esposto in forma estesa o in parte o per allusione, l'insegnamento morale. Nelle singole composizioni si intrecciano i vari livelli (religiosi, etici, politici), come per esempio nelle difficili odi pindariche.