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Z-eyes: Quell’arte di vivere. America! America!, di Delmore Schwartz

Nell’ambito della rassegna Europamerica. Seminario di pensieri, presentazione del libro di poesie di Delmore Schwartz America! America!, tradotto e curato da Angelo Guida (Ventura Edizioni, 2022)

Nell’ambito della rassegna Europamerica. Seminario di pensieri ho partecipato all’incontro del 29 marzo organizzato in presenza presso l’Università di Urbino e in collegamento Zoom con il Centro Studi Americani di Roma. L’evento riguardava la presentazione del libro di poesie di Delmore Schwartz America! America!, tradotto e curato da Angelo Guida (Ventura Edizioni, 2022). All’incontro, organizzato dalla professoressa Alessandra Calanchi, hanno partecipato anche Roberto Sgalla, direttore del Centro Studi Americani, e il professore emerito Massimo Bacigalupo, tra i più importanti traduttori di poesia e grande studioso di letteratura americana.

Elisa Colonna

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Angelo Guida e Alessandra Calanchi - America! America! di Delmore Schwartz

L’incontro, dopo i saluti, si è aperto sulla descrizione della figura di Delmore Schwartz, newyorkese di nascita ed ebraico di origine, accademico, scrittore, conoscitore del mito greco e molto altro. Fece il suo ingresso nella scena culturale newyorkese negli anni ’30 e da subito venne considerato uno scrittore promettente e importante, tanto che ottenne riconoscimenti anche dai grandi maestri. Il genio di Schwartz emerse nella Partisan Review , dove pubblicò parte della sua produzione in cui univa prosa e poesia. Così come per Schwartz, anche per i colleghi, compagni e amici dell’epoca Robert Lowell e John Berryman, si può parlare di poesia confessionale, nella quale l’autobiografismo ha un ruolo importante. In Schwartz c’è però anche una tendenza più whitmaniana, che sarà quella prevalente nel futuro. Lui e i compagni erano soliti leggere i loro predecessori, tra cui Eliot e Yeats, i quali erano a loro volta affascinati dalla poesia metafisica del ‘600, poesia che gioca con le idee e i paradossi, motivo per cui questa componente, insieme alla ricerca della felicità, si ritrova anche nello stesso Schwartz. Nelle sue poesie c’è inoltre una presenza che può sembrare ingenua ma in realtà è sorretta dall’umorismo (un carattere tipicamente ebraico) e da una satira amara, come dimostra la spesso presente figura del pagliaccio.

La struttura del libro (che esce in edizione bilingue) in aree tematiche è dovuta a una scelta di Guida che permette al lettore di capire più facilmente chi fosse Schwartz sia come persona sia come autore. Il libro si apre con una sezione riguardante l’America e la sintesi del sogno americano e si chiude con una sezione intitolata “La cosa più bella del Nord America”, ovvero l’Europa. Schwartz guarda all’Europa non solo perché è da dove provengono i suoi antenati, ma anche perché è il luogo da cui trae ispirazione, vivendo lì i suoi idoli letterari, primo tra tutti Shakespeare. Il sentirsi americano prevede da parte di Schwartz una sorta di autocoscienza ovvero riconoscere di essere discendenti di immigrati; essere americano significa riconoscere le proprie origini. Dal libro si evince inoltre il suo legame con la cultura popolare: da un lato era molto legato alla cultura popolare, riteneva che il cinema e il teatro fossero risorse per tenere in vita le persone, dall’altro sosteneva di dover attaccare la cultura popolare, quella della mercificazione e del materialismo Leggendo le poesie dei suoi contemporanei e gli scritti degli amici emerge il suo fallimento e il grande tracollo, tanto che nell’immaginario collettivo americano è ricordato come il “grande fallito”. Il suo destino tragico ha purtroppo però reso la critica poco attenta alle sue opere, facendole passare in secondo piano. Nelle sue opere unisce una forte cultura americana con la tradizione e la letteratura e i suoi grandi maestri.

Giorgia Piscaglia


In realtà, possiamo affermare che il tema preponderante del suo repertorio poetico è l’identità. Nelle sue poesie, egli guarda spesso l’Europa e l’America, la prima in quanto terra di origine dei suoi padri e dei suoi idoli letterari, tra i quali Shakespeare, che egli definisce “re sovrano della realtà”, e la seconda poiché egli è nato a New York, definendosi “un figlio dell’Hudson”. Questo continuo rimando tra i due continenti rappresenta la sua condizione di “in-betweenness”, una condizione amletica, dell’esser tra due cose, un’indecisione concernente la sua identità. Ma, alla fine, egli comprende che la verità va ricercata nel mezzo, quindi nel suo essere sia l’uno sia l’altro, sia europeo sia americano, e che la sua identità è lì.

Sarah Ricci


A proposito di Whitman, entrambi si definiscono americani, ma in maniera opposta: per Whitman essere americano significa, tra le tante cose, essere nato in suolo americano da genitori americani anch’essi nati in America, come il poeta spiega nella poesia Song of Myself. D’altra parte Schwartz, nella poesia America!America!, afferma che essere americani significa essere figli di migranti europei che hanno attraversato l’Atlantico in preda al dolore e alla speranza e sono giunti in America, motivo per cui Schwartz si definisce il poeta dell’Atlantico. Queste due diverse concezioni dell’essere americano sono riconducibili al periodo storico in cui i due scrittori vissero: Whitman vive nel periodo della nation building, in cui era sorta la necessità di creare una cultura e una letteratura americane, sradicandosi dall’Europa. Invece, la concezione di essere americano proposta da Schwartz è riconducibile al fatto che lui è figlio di genitori provenienti dall’Europea dell’Est (Romania) che hanno deciso di emigrare in America. Se con Whitman c’è la volontà di allontanarsi dall’ Europa e anche dalla cultura europea per crearne una americana; con Schwartz l’Europa è sempre e comunque presente, in quanto fa parte della nostra identità poiché gli americani sono immigrati provenienti dall’Europa.

A questo proposito, Guida ha sottolineato più volte che Schwartz definisce l’essere americano come l’essere in una condizione di in betweeness tra due elementi, l’Europa e l’America. Questa espressione che trovo perfettamente azzeccata e si riallaccia al discorso che per Schwartz essere americani, significa riconoscere le proprie origini, infatti la maggior parte degli americani sono immigrati provengono da un altro luogo. Nonostante io non abbia avuto molte occasioni di conoscere un traduttore dal vivo, l’impressione che Angelo Guida mi ha lasciato è del tutto positiva. Dalle sue parole si percepisce sia la grandissima passione, stima e il rispetto che egli nutre nei confronti del celebre scrittore, in quanto ha cercato di tradurlo nel miglior modo possibile facendo attenzione a ogni singola espressione presente nelle ottanta poesie presenti in America! America!.

Chiara Piergigli


Ho trovato l’incontro estremamente interessante. Mi ha colpita molto il background dello scrittore citato dal professor Bacigalupo, i problemi psicologici e il senso di inadeguatezza che mi ricordano molto la mia amatissima Virginia Woolf, e il poco senso nazionalista che ha mostrato nel dire che la cosa più bella dell’America fosse l’Europa (e la seconda Hollywood), sentimento nutrito anche da Joyce, che egli stesso stimava molto. “I cani sono shakespeariani, i bambini stranieri” e la poesia dedicata a Marilyn Monroe sono senza dubbio espressione della genialità dell’autore, che pur affondando le sue radici nei classici riesce a mettere in mostra le tematiche dell’epoca in maniera completamente diversa dai contemporanei. Inoltre, il suo commento sul modo dell’autore di considerare personaggi storici sullo stesso piano di personaggi letterari mette ancora più in luce la sua grande dedizione verso la letteratura. Infine, con mia grande sorpresa, le ricerche dell’ultimo mese mi hanno portato a conoscenza della relazione di Schwartz con Lou Reed, di cui sono grande fan, suo allievo alla Syracuse University, da cui viene citato nella maniera seguente: “Oh Delmore, quanto mi manchi. Mi hai ispirato a scrivere. Sei stato l’uomo più grande che abbia mai incontrato. Sapevi catturare le più profonde emozioni con il più semplice dei linguaggi. I tuoi titoli sono stati sufficienti per far balzare al mio collo la musa del fuoco. Sei stato un genio. Un predestinato. Un reprobo” senza dubbio una dedica sentita.

Pamela Zannini

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Locandina dell’incontro su Delmore Schwartz - 29 marzo 2023

Prima di ascoltare questa presentazione, nonostante i numerosi anni di studio della lingua e cultura inglesi e americane non avevo mai sentito parlare di Delmore Schwartz. Le sue opere, infatti, non sono potute arrivare nelle varie istituzioni scolastiche italiane perché molto spesso ignorate e non tradotte nel nostro paese. Negli Stati Uniti era sicuramente più conosciuto, ma purtroppo, come spesso succede agli artisti, sarà accettato e celebrato maggiormente solo dopo la morte. Per questo motivo, Schwartz ha vissuto una vita isolata e infelice, cadendo vittima di demoni come alcolismo e depressione. È forse anche grazie alla sua solitudine e ad un’esistenza non sempre felice che è riuscito, secondo me, ad affrontare nelle sue poesie temi universali e senza tempo. In particolare, credo che possa essere condiviso dai giovani di oggi, ma anche di ogni epoca, il suo bisogno di essere accettato e di pensare costantemente a ciò che l’altro pensa di noi. Schwartz stesso scriveva: "Do the Others Speak of Me Mockingly, Maliciously?". Penso che la poesia fosse l’unico strumento che lo aiutasse a uscire da questa condizione di indecisione riguardo alla sua identità. Egli, infatti, comprende, forse anche in modo lungimirante, che essere europeo e americano sono irrimediabilmente collegati perché essere americani significa riconoscere le proprie origini. Un ultimo aspetto che vorrei sottolineare di questo scrittore è la visione della donna, che si evince dalla poesia Love And Marilyn Monroe. Sono rimasta molto colpita dalla sua denuncia di come le donne sono vittime di un immaginario maschile, antiquato e maschilista e di come lo metta in ridicolo attraverso l’uso dell’ironia. Credo che arrivare ad accorgersi della strumentalizzazione delle donne e del loro corpo, da uomo vissuto in quell’epoca, sia ammirevole e raro.

Angelica Giorgetti


Il seminario è proseguito il giorno seguente con una lezione in aula tenuta da Angelo Guida, il quale ci ha spiegato prima di tutto la scelta della copertina, che rappresenta in qualche modo il sogno americano, che appartiene a tutti, e la sua disillusione, ossia il fatto che non tutti riescono a realizzarlo e raggiungerlo. Proprio per questo motivo è rappresentata la bandiera americana senza stelle. Inizialmente, per farci conoscere meglio il poeta e saggista Delmore Schwarz, abbiamo ascoltato tutti insieme My House di Lou Reed, che era stato suo allievo alla Syracuse University e ha deciso di dedicargli questa canzone a un anno dalla sua morte. Non si tratta tanto di una canzone quanto di un elogio musicato che ci fa rendere conto della grande stima e affetto che provava nei suoi confronti. Inoltre, ci aiuta a conoscerlo meglio sotto un altro punto di vista. Nella seconda strofa Reed canta: “My friend and teacher occupies a spare room / He’s dead, at peace at last, the Wandering Jew / Other friends have put stones on his grave.” L’immagine dell’ebreo errante è alquanto accurata, infatti Schwartz è nato a Brooklyn da genitori ebrei immigrati dalla Romania. Ho apprezzato molto il fatto che Angelo Guida ci abbia fatto conoscere Delmore Schwartz non solo come scrittore, ma anche come figlio, leggendo la sua poesia Baudelaire dedicata alla madre, come marito, parlando del rapporto con la moglie, ma soprattutto come persona. Abbiamo a che fare con uno scrittore che ha sì condotto un’esistenza sregolata, specialmente nella parte finale della sua vita, dominata dall’alcol, ma che nelle sue poesie ha toccato temi diversi, parlando anche dei discendenti delle prime grandi migrazioni ebraiche dall’Europa all’America, incapaci di rimanere attaccati appieno alle proprie radici e quindi spaesati, sospesi fra un passato ormai andato per sempre, incarnato dai propri genitori, e un futuro indecifrabile. Mi è piaciuto molto il modo in cui Angelo Guida ha trasmesso tutta la sua conoscenza a noi studenti, facendo arrivare tutto il suo interesse e amore per la sua professione, trasmettendo tutto quello che sapeva, argomentando in modo accurato e chiaro tutto quello che diceva, ma soprattutto facendoci scoprire tutto il lavoro accurato e di ricerca che c’è dietro al mondo della traduzione.

Vittoria Smacchia


Entrambi gli incontri dei giorni 29 e 30 marzo riguardanti la figura del poeta americano Delmore Schwartz sono stati estremamente interessanti. Rispetto al primo incontro ho particolarmente apprezzato la presentazione del professor Bacigalupo, che ci ha parlato della storia del poeta, delle sue origini ebraiche, delle sue influenze letterarie e degli stretti rapporti che aveva coi suoi contemporanei, e allo stesso tempo del suo rapporto con la psicoterapia e le dipendenze, dei suoi ultimi anni passati tra solitudine e paranoia, e la conseguente caduta in disgrazia. Il professore ci ha anche parlato dello stile del poeta, rispettoso della tradizione, come si può intuire dall’utilizzo in alcuni suoi sonetti del sonetto classico dai versi in 14 sillabe, della forma chiusa e dello schema delle rime classico, ma anche profondamente innovativo, che quasi anticipa il postmodernismo. Come anche ribadito dal traduttore Angelo Guida, per quanto riguarda il suo rispetto della tradizione è di particolare interesse la sua devozione nei confronti di Shakespeare, visto dal poeta quasi come una figura mitologica e divina.

Per quanto riguarda il secondo incontro, mi è piaciuto approfondire il processo traduttivo per quanto riguarda la lirica. Avendo studiato traduzione in triennale, sono consapevole di quanto la traduzione sia un lavoro tutt’altro che semplice, ben lontano dai preconcetti e dagli stereotipi che la vorrebbero come una pratica robotica, facilmente sostituibile dal traduttore online di turno. Traduzione è comprendere a pieno la cultura, i contesti in cui ciò che leggiamo è stato scritto, lo stato mentale e le intenzioni dello scrittore originale. Tutti fattori che, da quanto si evince dalle sue parole, Angelo Guida ha preso in considerazione e ha studiato in maniera rigorosa, mostrando un profondo rispetto tanto per l’autore quanto per la pratica traduttiva stessa. È stato davvero interessante ascoltare le parole di un traduttore di poesie, proprio perché la poesia sembra una componente della letteratura per sua natura intraducibile: d’altronde, è il complesso e schematico frutto delle conoscenze ed esperienze irripetibili di un singolo individuo in una specifica lingua, ben lontano dalla, seppur sempre complessa, ben più accessibile traduzione della prosa. Ma la presentazione di Angelo Guida ci ha mostrato la passione e l’interesse che egli ha posto nella sua opera, giustificando in modo a mio avviso impeccabile tutte le scelte che per certi punti di vista potrebbero essere considerate più azzardate, ma che sono allo stesso tempo inevitabili in un contesto come questo.

Questo incontro è stato la riconferma di ciò che hanno cercato di trasmetterci per tre anni durante il mio corso di laurea, ovvero che il processo traduttivo non è solo riproduttivo, ma è anche in larga parte produttivo: non sempre si può ricreare perfettamente qualcosa che funziona in una lingua totalmente diversa. Ma si può cercare la stessa emozione, provare la stessa passione, immedesimarsi nell’altro, e secondo me è questo ciò che conta davvero.

Matteo Cesaretti

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Copertina del libro America! America! di Delmore Schwartz

In conclusione, Angelo Guida è stato molto bravo a suscitare vivo interesse nei confronti di Schwartz, ribadendo l’importanza del fatto che si autoproclamò poeta laureato dell’Atlantico . Credo che ascoltare colui che ha interpretato e tradotto le sue poesie favorisca l’avvicinamento alla lettura e permetta di intuire gradualmente come un testo possa essere meglio compreso se si hanno più chiavi di lettura sul poeta, sul suo stile e la sua vita. Inoltre, ho potuto comprendere come ci sia tutto un mondo che ruota attorno al libro: da chi lo scrive a chi lo edita, a chi lo impagina, a chi provvede alle eventuali illustrazioni, via via, fino a chi si occupa della distribuzione e di farlo arrivare sugli scaffali della libreria. Ultimo ma non per importanza, mi sento di aggiungere che gli incontri di questo tipo offrono numerosi spunti di riflessione, a vari livelli: dall’aspetto narrativo all’aspetto pedagogico a quello più tecnico, tanto per citarne alcuni.

Particolarmente interessante ho trovato il fatto che Angelo Guida e Alessandra Calanchi abbiano iniziato questo percorso di collaborazione per puro caso, iniziando da uno scambio di e-mail, ma che fossero animati dalla stessa passione nei confronti del medesimo autore. Quest’osservazione mi ha portata a riflettere sul fatto che, oggi, sembra essersi persa quell’arte di vivere , così intesa dai greci nell’età classica, che sta nella capacità di riconoscere le proprie inclinazioni, nell’esternarle e valorizzarle, promuovendo una crescita armoniosa dell’individuo. Ci si riferisce in questo contesto al piacere di coltivare i propri talenti e le proprie passioni senza avere fini immediati e utilitaristici e, in quest’ottica, Calanchi e Guida ci hanno trasmesso una passione pura che hanno saputo trasformare in pagine e traduzioni ben riuscite e rispettose nei confronti dei testi originali.

Alice Smacchia



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