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The Wall live

Il megashow, a 30 anni dal debutto, celebra attraverso immagini di guerra, l’arte di un uomo risolto. Che ha fatto storia (Un articolo di Vincenzo Tripodo tratto da Centonove.it)

di Vincenzo Tripodo - mercoledì 13 aprile 2011 - 5243 letture

Nel vangelo apocrifo di Giacobbe pare che Dio una volta impastata lʼargilla ci sputò sopra dando così vita al primo uomo. Certo non era a questo che pensava Roger Waters, leader dei Pink Floyd, quando nel 1977 dal palco dellʼOlympic Stadium di Montreal, sputò in faccia a un fan tra il pubblico.

roger Era la fase conclusiva del Tour di “Animals” e, come racconta Nick Mason, batterista del gruppo, nella biografia “Inside Out” un gruppetto sovraeccitato di fan si trovava nelle prime file. “A un certo punto, quando gli caddero gli occhi su un membro particolarmente chiassoso della claque che gridava “Suona Careful With That Axe”, Roger finì col perdere la pazienza e sputò contro il reo.

Questo incidente indicava che stava diventando sempre più difficile stabilire un rapporto con il pubblico. Roger, non fu lʼunico a sentirsi depresso alla fine di quello spettacolo”. In uno dei vari bootleg che circolano in rete del concerto di quella sera si sente la voce di Waters che grida “Cazzo smettetela di accendere fuochi di artificio, urlare e sbraitare. Sto provando a cantare”.

Per ironia della sorte, sono proprio fuochi di artificio ad aprire il concerto di Roger Waters nella tappa italiana al Forum di Assago di Milano.

Dopo lʼincidente di Montreal, Waters si chiuse in casa e abbozzò il concept di quello che sarebbe divenuta una pietra miliare nella storia del rock: “The Wall”. Lʼopera, poiché di questo si tratta, affronta la decadenza psicologica di una rockstar dal nome Pink, che progressivamente si aliena dal suo pubblico, allontanando le persone che lo amano, chiudendosi in se stesso e innalzando un “muro” che lo separa dal resto del mondo.

Desensibilizzato. Intrappolato nella macchina fabbricasoldi dellʼindustria discografica. Imbottito di droghe procacciate dallo staff organizzatore del tour percheʼ “the show must go on”. Ogni trauma della sua vita aggiunge un altro mattone al muro che lo isola. Abbandonato da una moglie che lo tradisce, e abbandonandosi a sesso occasionale e squallido con groupies che lo seguono in tour.

Lacerato dal blando ricordo di un padre perso da bambino durante la seconda guerra mondiale e ossessionato da una madre iperprotettiva. Dileggiato da un maestro frustrato che mortifica i suoi primi esperimenti poetici, Pink scivola sempre di più nella depressione e scarica la sua rabbia violenta prima sul pubblico e poi su se stesso, mettendo in piedi uno show che sembra una parata nazista diretta da Leni Riefenstahl.

Lʼalbum si chiude con un processo immaginato, dove tutte le figure chiave nella vita di Pink sono chiamate a testimoniare. Lʼaccusa è che: “Lʼimputato è stato sopreso nellʼatto di provare sentimenti di natura quasi umana. E questo non va fatto”. Dopo aver ascoltato i testimoni il giudice lo condanna al massimo della pena: “Che venga consegnato ai suoi simili”. Ordina dunque lʼabbattimento del muro.

Lʼatto creativo e liberatorio della composizione di “The Wall”, catarticamente ha guarito le ferite psicologiche del suo autore. Eʼ un altro Roger Waters quello che oggi a 67 anni riporta in scena la sua opera. Non è più il rabbioso leader di un gruppo, accentratore, monopolizzatore e tiranno descritto dai suoi stessi compagni e causa dello scioglimento dello storico gruppo.

Eʼ un uomo risolto, che ha pareggiato i suoi conti. “The Wall” è stato probabilmente un processo di autoanalisi, molto personale. Troppi parallelismi tra Pink e il suo autore. Fletcher, il padre di Roger, perse la vita ad Anzio in Italia, insieme a quasi tutto il suo reggimento di fanteria (Royal Fusilier Company C) lasciando moglie e figlio nato lʼanno precedente. E la sua foto, con una breve biografia, campeggia sul muro innalzato durante il concerto, in compagnia a quella di altre centinaia di padri morti durante tutte le sporche guerre del globo.

roger 2 Waters, tramite il suo sito web, aveva invitato i suoi fan a spedire foto e bio di parenti morti in battaglia, e queste foto, giunte a migliaia, sono state usate per comporre un “muro del pianto” tra la prima e la seconda parte del concerto.

“The Wall Live” è stato concepito come una vera e propria Opera. Lʼallestimento è curato al millesimo di secondo, dando spazio alla fertilità creativa di Waters da sempre interessato al multimediale.

Ad accogliere il pubblico che accede in sala cʼè un manichino a centro palco, vestito con un impermeabile nero di pelle in stile Gestapo. Poi esplosioni di giochi dʼartificio, che sembrano scie di missili lanciati per aria, tra sventolare di bandiere su cui campeggiano due martelli incrociati. Sulle note di “In the Flesh” Waters, in jeans e maglietta nera, sale sul palco e “indossa” lʼuniforme spogliata dal manichino.

Un aereo, dal tetto del Forum di Assago, si lancia contro il palco, esplodendo in una vampata di fiamme. E questo è solo lʼinizio. Lʼimpianto scenico è molto simile da quello allestito per il breve tour del 1980-81, la differenza la fa la tecnologia che 30 anni dopo permette proiezioni digitali in alta definizione, usando il muro che viene costruito da una squadra di tecnici via via che il concerto prosegue e un grande schermo circolare piazzato in alto a centro palco.

Scorrono i bellissimi cartoni roger 1 animati realizzati da Gerald Scarfe, tra cui spicca uno stormo di aerei che sganciano bombe a forma di croce, di falce e martello, di dollaro, di stella a cinque punte e di lune arabe. Poi è il momento di un esperimento.

Lʼunica volta che Waters parla direttamente al pubblico: “Per il brano Mother adesso verrà proiettato un video realizzato durante il tour di the Wall di trentʼanni fa a Los Angeles. roger 3 Eʼ un viaggio nel tempo, perché canterò con me stesso, comʼero allora. Due me sullo stesso palco. – continua scherzando - …così avrete modo di vedere quanto sono diventato vecchio e flaccido”. Durante “Another Brick in the Wall”, hit dellʼalbum, un gruppo di bambini selezionati tra le scuole di Milano popolano il palco e fanno da coro. Waters balla insieme a loro e poi li saluta in italiano mentre corrono via: “Bravi ragazzi”.

Alla fine del primo tempo il muro è tutto innalzato. Lʼultimo mattone viene posto sul finale di “Goodbye Cruel World”.

Alla ripresa la band è completamente nascosta dalla vista del pubblico, al di là del muro suonano le note di “Hey You” mentre fasci di luce cercapersone scrutano tra il pubblico, illuminando volti che sono poi la vera sorpresa di questo concerto: almeno 3 generazioni sono riunite sotto le stesse note. Ci sono i quarantenni come me, i sessantenni come Waters, ma anche i ragazzini di diciannove anni. Come quello che ha assistito al concerto accanto a me. Indossava una maglietta dei Coldplay e quando ho provato a distoglierlo dall’estasi del momento, chiedendogli come si chiamasse, ha risposto con il suo nome completo: Piero Buscemi. Quando, invece, gli ho chiesto cosa lo avesse spinto a venire al concerto, ha risposto: “Eʼ storia”.

E si sente questa tensione, questa percezione del pubblico, di non assistere semplicemente a un concerto ma ad un evento unico. Il muro di undici metri di altezza comincia a sgretolarsi, collassando su stesso, alla fine di “The Trial”. Gli effetti sonori fanno tremare lʼintero palazzetto.

roger 4 Dalle macerie si solleva una nube di polvere artificiale di grande impatto. Veder venir giù questo muro è un momento di adrenalinico terrore. Lʼultimo guizzo, lʼultima scarica elettrica, lʼultima tempesta prima che torni la quiete, e il rientro nel quotidiano e nella vita di sempre. Per me, per Pink, per Waters, per lʼintero pubblico sarà una notte insonne.


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