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Sanremo e il principio di piacere

La quantità muta la qualità affemava Hegel, pertanto il numero abnorme di programmi finalizzati alla sbornia nazionale è l’indicatore che l’industria del divertimento ha lo scopo di mutare e di inibire la consapevolezza politica...

di Salvatore A. Bravo - sabato 10 febbraio 2024 - 1144 letture

Nell’Occidente capitalistico “il principio di realtà” è sotto processo, l’accusatore è “il principio di piacere”. Realtà politica e responsabilità sociale sono rimosse e trattate come fossero “il male assoluto”. Nel regno della mercificazione del totalitarismo nichilistico ogni struttura etica è ribaltata. Il Ministero della verità non produce solo fatti, ma nel contempo fabbrica l’industria del divertimento, ovvero la fuga dalla realtà è aziendalizzata, al punto che il “divertere”, il cambiar strada rispetto alla nuda e cruda realtà, rientra nella banalità del male quotidiano. La quantità muta la qualità affermava Hegel, pertanto il numero abnorme di programmi finalizzati alla sbornia nazionale è l’indicatore che l’industria del divertimento ha lo scopo di mutare e di inibire la consapevolezza politica del popolo.

Il successo è misurato sui numeri. Non vi sono finalità educative o politiche, tutto è rigorosamente politicamente corretto, ma è presentato come “trasgressivo”.

Una intera settimana è occupata dal Festival di Sanremo, tra balli del qua qua pagati lautamente, falli volanti e cantanti che fanno parlare per il loro look fluido, si assiste all’ennesima fuga dalla realtà. La qualità canora non è sostituita con il semplice spettacolo, ma attraverso l’incantesimo dell’eccesso si contribuisce ad una trasformazione antropologica dell’essere umano, il quale dev’essere senza identità e concetto, senza genere e ipersessualizzato.

Lo spettacolo è dunque un semplice accidente in questo contesto, il vuoto dei contenuti o la banalità degli stessi trovano nella spettacolarizzazione degli stereotipi del politicamente corretto la sua compensazione. Il principio di piacere deregolamentato è la legge suprema a cui i telespettatori “sono educati”.

Il Festival è specchio del relativismo dell’Occidente e nel contempo è modello a cui le nuove generazioni sono addestrate. Si pone in atto un circolo nel quale il Festival riflette e nello stesso tempo contribuisce a legittimare in modo acritico comportamenti fortemente depoliticizzati. Ciò che colpisce è la grande risonanza mediatica , mentre nella Striscia di Gaza e in Ucraina continuano a consumarsi immani tragedie. L’indifferenza è la cifra del nostro tempo; il male divampa per la distanza razionale ed emotiva da un mondo che precipita nel caos delle guerre. Nessuna morigeratezza e nessuna partecipazione alla realtà con le sue contraddizioni e sofferenze. La protesta dei trattori nel Festival è stata ridimensionata ad un semplice messaggio che all’interno della lunga settimana sanremese perde la sua valenza politica per diventare parte dello spettacolo che tutto omologa e rende eguale. Omologazione distruttiva-creativa, in quanto il modello che pare trasmettere lo si può ben esprimere con le parole di Bauman:

“Il successo dell’uomo postmoderno nella vita dipende dalla sua rapidità nello sbarazzarsi dei modelli, piuttosto che acquistarne” [1].

Il problema è che abbiamo, invece, bisogno di modelli che contribuscono alla ricostruzione di una realtà sociale, in cui narcisismo, mercificazione e riduzionismo sono i mali che producono pericolosi processi di derealizzazione. Necessitiamo di tornare nella realtà e parteciparvi, solo attraverso la responsabilità politica è possibile ridare ad ogni essere umano la sua dignità. Non siamo contenitori in cui versare immagini e parole, ma persone che vorrebbero uscire dalla trappola del postmodernismo dello spettacolo.

L’individualismo illimitato divora se stesso, in quanto in un mondo deregolamentato, in cui regna il solo principio di piacere rischiamo di vivere l’esperienza che Lacan nel seminario IX del 1962 ha rappresentato con la metafora della mantide religiosa. Immaginiamoci di essere dinanzi ad una mantide religiosa femmina e di avere una maschera, ma non sappiamo se la maschera corrisponde ad una mantide femmina o maschio, per cui con il trionfo del principio di piacere deregolamentato vi è il pericolo di essere un pasto veloce per la mantide di turno. Il trionfo del principio di piacere nell’immediato può essere piacevole, ma il conto finale può essere terribile.

[1] Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, Laterza, Bari 2024, pag. 220


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