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Lettera aperta al ministro Tremonti

Bruciati sette operai a Paderno Dugnano. Il ministro aveva detto che la sicurezza è un lusso che non potevamo permetterci. Non sente ora un po’ di vergogna? Abbia un briciolo di dignità e si dimetta

di Adriano Todaro - mercoledì 10 novembre 2010 - 4343 letture

Egregio signor ministro,

mi permetta di rivolgermi a Lei in questo modo, un po’ informale. Il fatto è che quando ho saputo dell’esplosione avvenuta in un’azienda di Paderno Dugnano, a pochi chilometri da Milano, ho pensato subito a Lei. Chissà, mi sono domandato, dove era il ministro Giulio Tremonti giovedì 4 novembre attorno alle 15? Forse – mi sono risposto io stesso – nella sua adorata Sondrio o forse in missione all’estero o, forse ancora, in qualche summit. Di certo non era a Paderno Dugnano, circa 50 mila abitanti a pochi chilometri da Milano. Un comune situato in pieno Parco del Grugnotorto, vicino al canale Villoresi, uno dei canali più lunghi del nostro Paese che nasce dal Ticino e, dopo 86 chilometri, finisce nell’Adda.

Attorno alle 15, esattamente nella zona di Palazzolo, in via Mazzini, prima diverse esplosioni e subito dopo una grossa nube nera che ha avvolto tutta la zona. Gli scoppi sono avvenuti alla European Ecology International, un’azienda italianissima dedicata allo stoccaggio di rifiuti speciali situata all’imbocco di una delle superstrade più trafficate nel nord, la Milano-Meda. Quando sono arrivati i primi soccorsi, lo scenario era tragico: sette i feriti di cui alcuni gravissimi che presentavano bruciature gravissime nel 95% del corpo. Sergio Scapolan, 63 anni, è stato trasportato a Genova, il custode Salvatore Catalano, 55 anni all’ospedale di Niguarda, Kasem Xhani, 21 anni, all’ospedale di Monza. E poi Ferid Meskhi, 30 anni, Erion Nezha, 29 anni, Zequiri Harun, 44 anni, Leonard Shesu, 37 anni. Secondo i vigili del fuoco, nella zona dove i lavoratori bruciavano, la temperatura era di 120 gradi centigradi.

Vede signor ministro, io abito a pochi chilometri da Paderno Dugnano, una zona densamente popolata con tantissime aziende di incerta produzione. A pochi chilometri da Paderno anche Seveso resa celebre nel mondo per la nube di diossina fuoriuscita in un caldissimo sabato del 10 luglio 1976. Una zona fatta anche da tante piccole aziende, spesso fantasma, dove il sindacato non può entrare, dove si assume in nero, dove si fanno lavorare i “neri”, dove non ci sono orari da rispettare né garanzie, dove la sicurezza è spesso solo una vuota parola.

Scrivo a Lei perché ricordo che non troppi mesi or sono aveva affermato che la sicurezza nei posti di lavoro “è un lusso” che non ci possiamo permettere. E a me era venuta in mente un’altra domanda: ma noi ci possiamo permettere un ministro come Lei? Nello stesso giorno in cui bruciavano i sette di Paderno Dugnano, un altro lavoratore è morto a Torremaggiore, in provincia di Foggia. Aveva 58 anni e non andrà mai in pensione. Feriti gravemente anche due operai, rispettivamente di 35 e 25 anni, a Barletta e un muratore algerino di 31 anni travolto da una perforatrice a Valgiano in provincia di Lucca.

E’ la cronaca di una giornata qualsiasi, forse non peggiore di tante altre considerato che ogni giorno, in Italia, non rientrano più nelle loro case tre lavoratori. Muoiono nei cantieri, sulle strade, nelle fabbriche, nell’indifferenza quasi totale. Non ha, signor ministro, un po’ di vergogna quando vede sui cartelloni nelle strade e in Tv, la pubblicità del governo dove si recita: “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuol bene” che è costata a tutti noi 9 milioni di euro? Forse che i sette di Paderno e tutti gli altri morti o paralizzati o invalidati per sempre non si volevano bene?

L’azienda di Paderno, la Eureco ha avuto l’autorizzazione a stoccare tonnellate di materiale pericoloso dalla Regione Lombardia il 26 ottobre 2007. Il proprietario e amministratore, è tal Giovanni Merlino che nel 2003 venne arrestato dai carabinieri di Cuneo, con l’accusa di utilizzare le sue ditte per raccogliere rifiuti diretti in Toscana ma deviati verso alcune discariche di San’Albano Stura, in provincia di Cuneo. Un’altra sua azienda, la C.R. di Sannazzaro, vicino a Pavia, era stata al centro di alcune indagini da parte dei carabinieri di Bologna. L’accusa era di utilizzare compost con rifiuti cancerogeni. Una settimana fa è cominciato il processo a Giovanni Merlino per oli contaminati da diossina mescolati con altre sostanze per risparmiare sullo smaltimento. Insomma un bel personaggio, uno che si è fatto da sé, che si è inventato un lavoro. Un lavoro fatto da deregulation ampia, riduzione del costo del lavoro, abbattimenti dei costi. Una politica miope, appoggiata dalle istituzioni e che apre la strada, come abbiamo visto da più parti, alle gestioni criminali del trattamento dei rifiuti.

Eppure, caro ministro, ad un personaggio come questo la Regione Lombardia, retta dal suo grande amico Roberto Formigoni, cattolico a tutto tondo, rilascia il permesso di stoccaggio di Paderno, in mezzo alle case, in una zona molto popolata. Le sembra una cosa normale questa? Tempo addietro, in televisione, ho sentito dire che Lei è un’economista che tutto il mondo c’invidia. Certo, diventare docente, a soli 27 anni, di Diritto tributario non è da tutti. Lei conosce l’inglese, ha scritto tantissimi libri, scrive e ha scritto sul Corriere della Sera, ma anche, nel passato, sul manifesto, eppure io non sarei così categorico nel definirla l’economista che tutti c’invidiano. A me sembra molto arrivista che ha cercato disperatamente di trovare il partito che gli avrebbe fatto avere un enorme potere. E’ stato candidato nel Psi alle politiche del 1987 (corrente De Michelis-sale da ballo), ha fatto parte di Alleanza democratica, del Patto Segni, della Federazione Liberaldemocratica, poi di Forza Italia ed, infine, come sbocco naturale, nel Partito delle Libertà.

Si ricorda, signor ministro cosa affermò nel 1991 a proposito dei condoni? Affermò, con una certa pomposità che: “In Sudamerica il condono fiscale si fa dopo il golpe. In Italia lo si fa prima delle elezioni, ma mutando i fattori il prodotto non cambia: il condono è comunque una forma di prelievo fuorilegge”. Quindi significa che Lei è fuorilegge visto che da 1991 Lei ha firmato numerosissimi condoni.

A questo punto se avesse quella merce rara che si chiama dignità, si dimetterebbe. Soprattutto oggi, dopo tutti gli omicidi e i ferimenti che avvengono nelle fabbriche italiane, dopo che pochi giorni or sono, il suo Consiglio dei ministri, ha approvato un’altra stretta nei confronti degli immigrati, la parte più povera, dopo che Banche e padroni, grazie anche a Lei, si sono arricchiti a dismisura. Il quotidiano spagnolo El Pais ha presentato una graduatoria di sviluppo fra 180 Paesi. Dal 2000 ad oggi tutti i Paesi si sono sviluppati noi no. Dietro di noi c’è Haiti il povero Paese devastato dal terremoto. Ma davanti a noi c’è addirittura il Burkina Faso che è posizionato al 44° posto, il Montenegro (115°), la Grecia fallita messa al 132° posto, l’Irlanda (131°), il Portogallo (178°). Noi siamo al 179° posto. Abbiamo un debito pubblico che si avvicina, pericolosamente, a 1900 miliardi di euro. Eppure siamo ottimisti, Lei dice che va tutto bene, talmente bene che il suo principale Silvio, si permette di giocare con le ragazzette.

Che andiamo male lo afferma anche il presidente della Banca d’Italia, Mario Draghi. Ma a Lei tutto ciò non interessa e continua imperterrito a governare e a fare danni. Dignità e onestà sono (o dovrebbero essere) binomio inscindibile per un politico. Abbia un colpo di reni, un atto di coraggio. Dimostri ai vari Castelli e Calderoli che Lei è fatto di una pasta diversa. Se ne vada signor ministro, ritorni fra le sue montagne di Valtellina, terra generosa dove si produce un buon vino che si chiama, guarda caso, Inferno.

Mi perdoni questo sfogo. Il fatto è che mi è rimasta la mentalità del metalmeccanico. Perché vede, signor ministro che tutti c’invidiano, nei miei primi anni di lavoro, ho fatto il metalmeccanico e la mentalità, anche se poi ho cambiato mestiere, mi è rimasta appiccicata addosso come una seconda pelle. Ricordo che per passare di categoria, a quel tempo, era necessario fare il cosiddetto “capolavoro”. In pratica il capofficina ti faceva fare un pezzo a regola d’arte con la lima o con il tornio o con altre macchine utensili. Ecco, credo che anche i ministri dovrebbero fare il “capolavoro” prima di essere nominati. Anzi, considerato che Lei è stato visiting professor ad Oxford, anch’io voglio fare la persona che sa le lingue e le consiglio di fare uno stage, magari come visiting non a Oxford ma in qualsiasi fabbrichetta della Brianza. Sono sicuro che cambierà idea sulla sicurezza che non possiamo permetterci come Paese.

Si ricordi ministro dei sette bruciati di Paderno, si ricordi di Kasem di soli 21 anni che ha lasciato l’Albania, si ricordi di tutti gli altri bruciati. Cinque sono immigrati, inesistenti per la sua legge, clandestini in tutto. Sporchi, brutti, cattivi, come dicono i suoi sodali leghisti. Violentatori che vengono in Italia a rubare i posti di lavoro ai nostri figli e ad ingrassare, dico io, con il loro sfruttamento, personaggi come l’italiano Giovanni Merlino.

Quello che è successo a Paderno è un po’ l’immagine del nostro Paese: c’è una ditta che inquina, il proprietario che ha avuto problemi giudiziari proprio per inquinamento ma che gli si concede ancora di inquinare, un’azienda pericolosa posizionata vicino ad una strada di grande traffico, operai stranieri, ricattati, che lavorano da clandestini quali essi sono. Sì, signor ministro, si dimetta. Sarebbero contenti anche i sette bruciati di Paderno.

Senza nessuna cordialità

Adriano Todaro


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