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Lavoro. Giornata di riflessione elettorale, ma in fabbrica si muore ugualmente

Sabato 12 aprile, tre morti sul lavoro mentre la Confindustria si lamenta della nuova legge perché troppa "sanzionatoria"

di Adriano Todaro - mercoledì 16 aprile 2008 - 2577 letture

Sabato 12 aprile. Un giorno come tanti. Un po’ speciale perché è un giorno di vigilia elettorale, giorno, cosiddetto, di riflessione. La campagna elettorale è terminata in un crescendo di dichiarazioni che dimostrano l’importanza, forse, di riaprire i manicomi. Non si rivolti nella tomba Basaglia, ma non riesco proprio a trovare una definizione più consona alla campagna elettorale. Si è parlato di bolli d’auto, ma non della fame del mondo; si è parlato di citofoni, ma non dei senza casa; si è parlato di calcio, da Totti a Ronaldinho, ma non del conflitto d’interesse.

Sabato 12 aprile. Per alcuni non è un giorno come tutti gli altri. Per Saadane, Benjamin e Salvatore è un giorno peggiore degli altri. E’ sabato e molti sono andati a fare il fine settimana, altri sono a passeggiare. I tre, invece, sono andati a lavorare come facevano sempre, anche il sabato. E non sono più tornati a casa.

Saadane Hocine, 46 anni, algerino, due figli piccoli e la moglie a carico, è rimasto schiacciato orribilmente tra i rulli di un macchinario sul quale stava facendo manutenzione. La morte è avvenuta in una grossa azienda del mantovano che produce imballaggi alimentari e conta un centinaio di dipendenti.

Benjamin Florian Coste, di anni ne aveva solo 22. Muratore, è morto mentre eseguiva lavori di edilizia nello stabilimento Benetton di Castrette di Villorba, vicino a Treviso. Romeno, è caduto da 18 metri. Dipendente di una piccola azienda di edilizia, di Benjamin non si sa ancora se fosse regolare o meno.

In provincia di Parma, a Basilicagoiano, ha perso la vita Salvatore De Sanctis, 33 anni, edile schiacciato da una trave staccatasi dal soffitto durante lavori di ristrutturazione di un casolare. Da pochi giorni aveva compiuto 33 anni e lavorava nell’azienda edile del fratello.

Dal’inizio dell’anno, ci sono stati nel nostro Paese più di 300 morti, 301.244 infortuni e 7.531 invalidi. La media è di 1.376 morti sul lavoro ogni anno. Una strage e uno spreco di vite umane e di risorse, anche economiche, molto forte. Una strage, però, assente nel dibattito politico, anche se proprio in questi giorni è entrata in vigore la legge 123 che rappresenta senza dubbio un grande traguardo di civiltà. Ma le leggi, si sa, sono molto buone, alcune ben fatte. Poi, però, è necessaria la volontà politica di applicarle. I controlli, ad esempio, sono carenti con ispettori che, spesso, non hanno neppure la benzina per muoversi e spostarsi nei cantieri e non sono neppure in numero adeguato per coprire il territorio. La Confindustria ha criticato la legge perché, a loro dire, “si è persa un’occasione per un salto di qualità in quanto il testo è focalizzato su un sistema sanzionatorio, inasprito e confuso”.

Non sappiamo se “si è persa un’occasione per un salto di qualità”. Di certo sappiamo che Saadane, Benjamin e Salvatore hanno perso la vita e che il “salto” di Benjamin è stato di ben 18 metri. I padroni si preoccupano delle sanzioni che eventualmente potrebbero avere. Non dei lavoratori che muoiono in fabbriche e cantieri per una misera paga, spesso assunti in nero, nascosti quando arrivano gli ispettori del lavoro. Loro sono fatti così. I politici li coccolano, li mettono in lista in seggi sicuri, i loro redditi continuano ad aumentare e gli sembra uno spreco mettere in sicurezza gli ambienti di lavoro e vorrebbero non avere sanzioni quando succede qualche grave infortunio.

Saadam, Benjamin e Salvatore non hanno fatto in tempo a votare. Forse avrebbe votato solo Salvatore perché gli altri non avevano diritto di scegliere il governo di questo Paese. Loro erano stranieri e non avevano diritti. L’unico diritto era quello di morire sul lavoro.


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