La partigianeria nell’informazione non aiuta a capire la realtà

Massud e i talebani rappresentano due clamorosi esempi di asservimento dell’informazione agli interessi geopolitici

di Emanuele G. - lunedì 19 settembre 2011 - 2122 letture

Raccontare il mondo di oggi è arduo e complesso. Arduo perché la platea in cui individuare i fatti da raccontare si è allargata a dismisura. Prima le notizie che interessavano provenivano dall’Europa e dagli Stati Uniti d’America. Molto di rado da altre parti del mondo. E’ viepiù complesso poiché occorrerebbe un livello di analisi particolarmente avanzato al fine di scavare dentro il flusso delle informazioni ricevute, mentre l’informazione è sempre più modulata su lanci e notizie in pillole. Il che pone aspetti metodologici di non poco rilievo.

Le caratteristiche succitate – arditezza e complessità – non concorrono in maniera chiara a rendere esaustiva l’informazione riguardante il mondo di oggi. Informazione spesso molto parziale. Senso di parzialità ancora maggiore allorquando l’informazione diventa ostaggio di interessi geopolitici afferenti alle dinamiche dei rapporti di interesse fra stati. Allora l’informazione rischia davvero di essere pericolosa perché racconta il mondo in maniera distorta. Creando falsi miti oppure ingenerando credenze fallaci.

L’Afghanistan è un caso esemplare in tal senso. Infatti, il paese dell’Asia Centrale ci fornisce due esempi particolarmente significativi.

Il Comandante Massud, leader dell’Alleanza del Nord, è considerato un mito nei paesi occidentali. Non ritengo tale agiografia motivata. Lui – assieme ai vari Heckmatyar, Mullah Omar, Rabbani, Dostun e Dadullah – è stato protagonista delle stragi che hanno insanguinato l’Afghanistan nel corso degli anni ottanta e novanta. Massud, è bene ricordarlo, era un comandante militare e già questo ci fa capire quanto non fosse interessato a discettare di lettere classiche. Per caso ci si dimentica che lui, per sfida, accerchiava Kabul e si metteva in competizione con Heckmatyar – capo degli Sciti Afghani – a chi bombardava con modalità sempre più brutali la capitale di quello stato? Bella competizione. Non c’è che dire… E’ simpatico a noi occidentali perché negli anni ottanta fu il protagonista della guerriglia afghana contro l’invasione sovietica. Da qui tutta una serie di abbagli nell’informazione che noi occidentali diamo sull’Afghanistan.

Le cose non vanno meglio in riferimento al movimento dei talebani (in pashtun “studente”) il cui leader è il Mullah Omar. Si è dipinto il movimento fondamentalista islamico come sodale delle strategie di esportazione globale del terrorismo di marca qaedista. Un’affermazione senza dubbio esagerata. I talebani sono stati alleati di Al Qaeda solo contro l’invasione americana del territorio afghano. I punti di contatto finiscono qui. I talebani non sono affatto interessati al mondo. Non sanno che cos’è. Non è presente nella loro mentalità. Non hanno contezza di ciò che accade al di fuori di un territorio governato dal tipico signorotto capo tribù. A loro garba piuttosto l’Afghanistan. E’ là il loro mondo. Il loro tutto. Non per nulla i talebani non hanno avuto una politica estera allorquando comandavano loro. Non gli chiedete cosa sia il mondo. Non sanno cosa farne.

Ecco sarebbe più onesto cercare di dare un’informazione più corretta e imparziale. Il che aiuterebbe – e non di poco – noi poveri cittadini della globalizzazione a raccapezzarci in questo universo che si dilata ogni giorno alla velocità della luce. Non pretendiamo dotte analisi geopolitiche. Semplicemente la verità icastica. Quella che c’è. Senza costruirci sopra improponibili sovrastrutture gramsciane che hanno il sapore del falso e del costruito a tavolino. Una delle sfide per governare la globalizzazione sarà quella di saper gestire in modo corretto l’informazione globale. Il rischio è di far cadere un mondo, alquanto acciaccato, nell’anarchia e nell’impossibilità di trarre beneficio dal processo di globalizzazione.


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La partigianeria nell’informazione non aiuta a capire la realtà
19 settembre 2011

Um amico di Facebook mi ha proposto, di rimando, la lettura di questo articolo. Lo trovo "puntuale", "aderente alla realtà" non gestita dalle operazioni psicologiche dei media", semplice, ma proprio perché semplice, estremamente significativo. Condivido a tutto tondo, l’analisi espressa anche con dettagli che mi fanno sorgere una domanda: leggere ed interessarsi di geo-politica é molto utile al fine di elaborare tesi come questa dell’articolo; ma possedere concetti chiave su un "teatro" come quello afghano, mi fa pensare che l’autore dell’articolo, abbia avuto in qualche modo, contatti diretti in terra afghana...é possibile? Per mio conto, le mie convinzioni su questi temi, sono state confermate da esperienze dirette. Congratulazioni per tutto. Condividerò questo articolo sulla mia bacheca. Pino Folgore