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"La cugina" di Ercole Patti

"La cugina" di Ercole Patti. Le storie di Patti sono sempre delle storie-non storie per così dire; la naturale freschezza della sua narrazione fa apparire gli eventi, opportunamente diluiti nel tempo, un inevitabile susseguirsi di situazioni naturali...

di Salvatore Mica - martedì 22 marzo 2005 - 16492 letture

La trama del romanzo in questione è tipicamente Pattiana: molto semplice, quasi inesistente. Le storie di Patti sono sempre delle storie-non storie per così dire; la naturale freschezza della sua narrazione fa apparire gli eventi, opportunamente diluiti nel tempo, un inevitabile susseguirsi di situazioni naturali in cui i protagonisti, loro malgrado, si vedono costretti a prendere parte.

Il romanzo si distacca parzialmente dai toni e dagli umori di altri scritti di Patti. Il tono satirico presente in altri romanzi è totalmente abbandonato, in questo scritto Patti è assorto, pensoso, incredibilmente malinconico e nostalgico. Un umor nero è presente in tutto il romanzo, la trama è imperniata sulla corsa verso la morte.

La ricerca della felicità è costantemente rivolta verso il passato, verso i ricordi: una volta morta Agata, Enzo ricorderà come in un film tutti i loro incontri, dall’adolescenza alla vecchiaia.

La descrizione dei luoghi è, come sempre, dettagliatissima e vi è un costante rimando ad esperienze realmente vissute dallo scrittore. Patti non si esime neanche in questo suo particolarissimo lavoro, che a volte mi spinge a pensare che si tratti di un’eccezione, rispetto al resto della sua produzione, dall’inserire sé stesso, la sua Catania, le sue esperienze e la sua stessa figura, rappresentata da Fragalà, suo alter ego nel romanzo.

Il linguaggio narrativo usa spesso un codice filmico, probabilmente a causa della grande esperienza dell’autore nel campo della critica e della sua attività come sceneggiatore. Spesso vi sono immagini che evocano concetti o patologie dell’animo: "corpi grassi" "denti spezzati" "sporchi flaccidi e spenti paralitici" ecc...

Enzo e Agata i due cugini protagonisti. La storia inizia quando Enzo aveva 17 anni e Agata soltanto 13. Sin da allora amanti, faranno proseguire questa relazione fino alla morte di Agata. Questa relazione è ovviamente uno specchietto per le allodole per narrare la vera storia; il vero fine di Patti è avere un motivo grazie al quale poter narrare la storia delle vite dei due protagonisti, traendone le dovute conseguenze.

Agata pur intrattenendo una relazione di tipo amoroso con il cugino fa innamorare di sé il giovane barone Ninì Scudieri che, a malapena quattordicenne, cade nella trappola di Agata. Gli interessi della protagonista sono gretti e meschini, Patti insiste nel mostrare la sua falsità quando ci dice:

"Agata,a cui Ninì continuava a non piacere nemmeno un pochino, mise la mano sulla sua dicendo
 anche tu mi piaci- cosciente di mentire solo per il gusto di farlo innamorare"

Ma anche Enzo è un personaggio gretto. Non legge, non ha interesse per la sua carriera né per i suoi studi, passa la sua vita a cercare il piacere, in forme diverse, tende sempre alla soddisfazione delle sue pulsioni, non mira in alto, non ha particolari ambizioni o desideri, né una condotta morale che possa essere definita "dignitosa"; l’unico pregio di Enzo, che forse spiega per intero il suo personaggio sta nella chiusura del capitolo riguardante la sua vita accademica:

"...solo Enzo rimase tutta la vita in attesa, come un ragazzo"

Enzo è un archetipo. Penso che la vita e la condotta di Enzo siano necessari allo scrittore per esporre la sua tesi, per esplicare la sua personale interpretazione del senso della vita.

Enzo viene inevitabilmente contrapposto dal lettore ai suoi amici Ugo Cannavò, Peppino, Armando e Nino, suoi compagni nelle scorribande vissute durante gli anni accademici; tutti loro dopo una breve pausa si sarebbero tuffati nella vita, avrebbero preso il loro posto nella società, avrebbero dimenticato la ricerca del piacere e per forza di cose avrebbero vissuto una vita "regolare", quasi scontata nella sua banalità.

Enzo serve a mostrare l’inutilità del lavoro, della carriera, degli studi, degli impegni. La vita di Enzo consiste nella ricerca del piacere sensuale, sessuale ed emotivo. Enzo prova molto piacere anche nel "violentare" la vita altrui: spesso gode nel possedere una donna sposata con figli, durante una breve assenza del marito. Chiaramente vi è presente anche la componente psicologica: la tendenza edipica è facilmente ravvisabile in queste sequenze. Enzo sfiora la vita, violentando la vita altrui, non volendo crearsi un rapporto stabile ed una vita "regolare"cerca di rubarne il nettare, solo il meglio, tralasciando nella sua ricerca edonistica, tutto il resto. La ricerca del piacere, innocente prima e "perverso" poi è onnipresente tema del romanzo.

Enzo e la sua condotta sono da Patti presi a pretesto al fine di mostrare l’essenza della vita degli altri personaggi. Tutti i protagonisti del romanzo difatti, cercano in un modo o nell’altro il piacere, mascherando le proprie pulsioni e i propri desideri dietro la maschera del lavoro e degli impegni, sostanzialmente tendono in forma celata a ciò che da sempre Enzo rincorre: Agata desidera una buona posizione sociale e la ottiene seducendo Ninì Scudieri.

L’avvocato Ugo Cannavò desiderava poter frequentare le alte sfere, ci riesce grazie al suo successo nel lavoro. E gli esempi potrebbero continuare.

Non vi è nessuna generosità nei personaggi descritti dall’autore: poiché ognuno è intento ad eludere la propria morte con le sue ricerche e le sue vane lotte; la crudeltà, l’egoismo e l’insensibilità degli uomini sono onnipresenti nel romanzo.

Il piacere però svela presto il suo volto oscuro: l’inutilità, la morte.

Simbolico è il momento in cui un desiderio a lungo insoddisfatto -il matrimonio tra Agata e Ninì Scudieri- trova il suo coronamento, i giovani scappano, ma la gioia è presto interrotta dall’incedere della morte: la madre di Ninì infatti muore e i due novelli sposi sono costretti a tornare precipitosamente dal viaggio di nozze.

Lo scrittore non condivide le pulsioni di nessuno dei personaggi del romanzo ad eccezione di Enzo; reputa strani, vuoti e forse ridicoli i desideri di Ugo Cannavò ad esempio. L’inutilità della ricerca del piacere investe però in forma lenta ed inaspettata anche Enzo che nel suo tramonto smette d cercare il piacere e si limita ad osservare la scena finale del romanzo. La fine dei desideri di Enzo inizia con quella vocina che gli ricorda il suo veloce incedere verso l’inevitabile.

Credo di poter affermare che Enzo in questo romanzo rappresenta un osservatore. Enzo non vive, Enzo aspetta. Tenta disperatamente di prolungare la fase adolescenziale, per evitare di entrare nella vita, di iniziare a viverla e inevitabilmente di finirla. Non si sposa, non ha figli e caparbiamente sostiene che l’età è quella che ci si sente dentro non quella che si ha anagraficamente. Continua fino a quando la vocina non lo avverte che anche se ha vissuto in una fase adolescenziale prolungata, è comunque vissuto e quindi comunque morirà.

Patti usa spesso forti contrasti nello scritto: la bella e profumata cameriera Concetta, ad esempio, è rapita dal fascino del vecchio, brutto, sporco cocchiere Don Carmelo e dal guardiano della villa Bellini Don Bastiano, che odorava di canile ed aveva il naso pieno di escrescenze. Per quanto riguarda il linguaggio, Patti, fedele alla lezione verghiana, opta per un codice regionale, sicuramente informale e lontano dal linguaggio usato dalle elìtes sociali e nella forma scritta


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"La cugina" di Ercole Patti
15 febbraio 2007, di : luna

Ho letto il romanzo due volte: una per un corso monografico all’università, allora non l’ho assaporato per la fretta di finire a pochi giorni dall’esame...poi ha distanza di tempo ho voluto rileggerlo, con calma. L’impressione che ne è venuta fuori è stata completamente diversa. Ricordo che alla prima lettura giudicai l’opera come un romazetto rosa di poco interesse, dalla trama esile e quasi inesistente. E in effetti è proprio questa la caratteristica dell’opera, anche perchè ad una lettura veloce e superficiale non risaltano altri aspetti, altre riflessioni. Ora per esempio ho notato come le scene che si susseguono una dietro l’altra, di capitolo in capitolo, a volta sganciate l’una dall’altra (come quella dei due amici che si incontrano per sparare nel giardino della casa di uno dei due) si svolgano preferibilmente nel mese di novembre (e questo non è certo casuale!). In Sicilia (sono siciliana) il mese di novembre è indissolubilemte legato al culto per i morti! La morte in antitesi all’eros, alla vita è la vera protagonista del romanzo, non Enzo, non Agata.