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Italiani stufi dei partiti politici

Oggi assistiamo ad una evidente crisi nel rapporto partiti/istituzioni-cittadini. Manifestazioni di ’qualunquismo’ e di ’antipolitica’, come direbbero molti.

di Giovanni Greco - giovedì 2 agosto 2012 - 2674 letture

Pagare le tasse è un dovere, ha recentemente dichiarato il premier Monti. Sacrosanta e inconfutabile verità. Ma è altrettanto vero che evadere le tasse è un ‘delitto sociale ed economico’ e come tale le istituzioni hanno il dovere di perseguire. E’ altrettanto vero che siamo un paese di ‘corrotti’ e che è un dovere delle istituzioni approvare una legge sulla quale molti storcono ancora il naso. Così come è vero che le Istituzioni non possono fare il gioco delle tre carte: proporre, un giorno, la riduzione del costo della politica e dimenticarsene il giorno dopo. Lanciare la campagna per la riduzione del finanziamento ai partiti e poi tergiversare.

Se lo spettacolo al quale, nostro malgrado, assistiamo è questo non possiamo meravigliarci dei risultati. Mi riferisco alla forte avanzata dei grillini, di quelle stesse persone che erano state, incautamente, accusate di antipolitica. Parola nuova per non chiamarli qualunquisti. Cambiano i termini ma non la sostanza. E la storia ci ripropone, in modo ineludibile, i suoi ‘corsi e ricorsi’: un tempo si sarebbero chiamati ‘qualunquisti’ oggi rivolgendosi a loro si parla di ‘antipolitica’.

Come non condividere le parole di Gloria Giannini: “Il qualunquismo esiste semplicemente dove c’è gente che vuole vivere in pace e lavorare. Qualunquismo è la gente che vuole parlare, ma non trova nessuno che ascolta, a cominciare da politici che, fatta salva la campagna elettorale, vivono una realtà ben diversa da quella dei loro elettori”.

Ieri come oggi. La storia si ripete. Qualunquismo e antipolitica: la protesta nasce da quell’opprimente torchio fatto di tasse, di tracotanza politica, di isolamento, sempre più evidente della classe politica rispetto agli elettori , al quale assistiamo. “Qualunquista - scriveva nel 1985 Giorgio Bocca- è una parola che i signori della partitocrazia dovrebbero accuratamente evitare. Perché oggi mi pare stia per uno che stenta a capire perché mai i ladri debbano essere eletti e i funzionari di partito debbano occupare tutte le poltrone statali”.

Bocca pubblicò questo articolo nel 1985. Non lo ha fatto ieri. Eppure sembra la fotografia di oggi. E’ questo che non funziona. Di questo la gente comune, quella che non riesce ad arrivare alla terza settimana, che non trova un posto di lavoro o che è costretta ad accettarne uno in nero, si lamenta. E’ un mugugno silenzioso che finora ha trovato sbocco e voce nel ‘movimento cinque stelle’.

Oggi assistiamo ad una evidente crisi nel rapporto partiti/istituzioni-cittadini. Manifestazioni di ’qualunquismo’ e di ’antipolitica’, come direbbero molti, ma di semplice e democratica ’protesta’ come dico io, sono un sintomo di questa crisi. E queste possono estendersi se il regime democratico non trarrà nuova vitalità da un rinnovamento reale di classi dirigenti e istituzioni. Facce nuove, non necessariamente giovani ma, sicuramente, pulite. Persone che possono dire io non ho partecipato alla spartizione, io non ho fatto parte del gioco. Se i partiti vogliono rifarsi una verginità, questa passa, necessariamente, attraverso l’azzeramento dell’attuale classe dirigente.


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