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Guglielmo Ferro: il teatro della contemporaneità

"La funzione del teatro è quella di aggregazione, veste da sempre il ruolo di punto d’incontro tra pubblico e regista. Il tutto alimentato ovviamente dagli attori."

di Mariagrazia Tomarchio - martedì 17 ottobre 2006 - 2816 letture

Conoscere un artista, entrare nel suo mondo fatto d’immagini e parole è come intraprendere un viaggio, dove non conosci ancora la meta. Quello che ti trasmette è sempre qualcosa di nuovo, diverso, e al tempo stesso elettrizzante, se poi è un figlio della tua stessa terra, il legame che nasce è ancora più forte, se poi questo figlio cerca con la sua arte di cambiare, per quel che può, un pezzo della tua realtà, lo rende ancora più vicino a te. Stiamo parlando, non ti un pittore o sculture, ma di chi lavora con copioni, attori, pellicole, palcoscenici di tutto il mondo. No! Non è un attore, ma dirigerli sotto la sua regia è il suo lavoro. Si chiama Guglielmo Ferro e la sua vita non può non essere legata al teatro ed al cinema.

Gulglielmo nasce a Catania quarantuno anni fa e lui stesso ci racconta, cosa e come lo hanno condotto al suo lavoro di regista: « A diciannove anni, subito dopo le scuole superiori, sono partito per Torino, il mio obiettivo era studiare Architettura, perché avevo bisogno di immergermi in una cultura classica. Poi dopo qualche anno, abbandonai questi studi, tornai nella mia città, Catania e qui mi iscrissi alla facoltà di Lettere e Filosofia».

Come ha cominciato il suo cammino non facile di regista?

« Ho cominciato come tutti con la gavetta, lavorando prima come assistente, poi a 21 anni come aiuto regia. A 26 anni arriva la mia prima regia, con uno spettacolo di Arturo Brachetti e poi tanti altri lavori. Ho diretto anche mio padre, e tanti altri grandi attori. Essere regista di un grande attore è un po’ un’impresa complicata e come guidare una auto sportiva, sai che è capace di grandi prestazioni ma devi saperla portare bene. Ma ho fatto anche molti altri lavori teatrali, con attori poco conosciuti o esordienti, e qui mi sono sentito davvero libero».

Qual’è la funzione del teatro oggi in Italia ? Quale il linguaggio migliore da usare?

« La funzione del teatro è quella di aggregazione, veste da sempre il ruolo di punto d’incontro tra pubblico e regista. Il tutto alimentato ovviamente dagli attori. La situazione attuale del teatro è paradossale, esso si allontana sempre di più dal mondo reale perché ancora ancorato a quello degli autori classici( vedi sempre girare gli stessi spettacoli). In Italia il teatro non esiste più, possiamo parlare di teatro istituzionale, quello che nasce da esigenze “politiche”, ma non di teatro “vero”, quello che è diffuso in tutto il resto d’Europa. La mia rassegna Gesti ( rassegna teatrale curata da Guglielmo Ferro, con spettacoli portati in tutta Europa e anche fuori, in collaborazione con Lo Scenario Pubblico e Lo ZOO delle Ciminiere di Catania) piace perché è qualcosa di diverso dal solito, ma è diverso qui, che si fa sempre lo stesso teatro e non in nord Europa».

Le differenze più grandi che ha incontrato tra l’Italia e il resto d’Europa?

«Non sono differenze, ma realtà di fatto. Qui in Italia gli spettacoli si comprano fra di loro, non sentono le esigenze del pubblico di oggi. Lo spettacolo poi per essere portato nei vari teatri stabili d’Italia deve avere un peso “politico”, ecco perché vediamo girare per tre anni spettacoli brutti. A Broadway, per esempio, uno spettacolo brutto gira al massimo una settimana, poi viene buttato, mentre da noi indiscussi flop, rimangono in cartellone per anni. Grazie a questa situazione in Italia, la cosa più difficile per uno spettacolo, oggi, è farlo girare nei teatri. Questo perché tutta la cultura italiana è lenta, vecchia, ed appare in ogni aspetto artistico e non. In Germania, il direttore artistico del teatro principale di Berlino ha 32 anni, mentre a Roma il direttore artistico del teatro Argentina ha 86 anni. La differenza sta qua, ed è indiscutibile: in Italia il teatro si è fermato».

Si parla tanto di teatro contemporaneo, in cosa consiste?

« Il teatro è contemporaneo, nell’eccezione stessa del termine c’è la contemporaneità. Proprio perché nasce lì sul palcoscenico è la forma di spettacolo più reale e presente che ci sia. Dante quando scriveva la Commedia era contemporaneo per i suoi tempi. I personaggi che narrava li potevi incontrare, realmente, per strada, facevano parte di quel presente. La contemporaneità è qualcosa che aiuta a purificare il presente, non per niente la funzione classica del teatro è quella della catarsi che ti permette d’ interpretare la realtà. Proprio questa è la funzione che deve avere e mantenere: quella della contemporaneità. Portare sempre autori vecchi, come Goldoni, Shakespeare, sono ancorati a realtà molto lontane dalle nostre. Esse possono essere rivisitate, ma in chiave attuale, non legata al passato e ai problemi di cinquecento anni fa ».

Parliamo di Catania, invece, qual è il rapporto con la sua città, con la sua terra?

« Un rapporto di odio e amore. Catania è il bianco e nero, il bello e il brutto, teatralmente parlando ha grandi potenzialità ma come nel resto d’Italia, non sono sfruttate».

Può anticiparci qualche lavoro che porterà in questa stagione?

« Sto preparando un cortometraggio, poi ci sarà l’inaugurazione della nuova stagione di Gesti, poi ancora preparerò dei lavori teatrali in collaborazione con l’Olanda, che dopo aver visto alcuni spettacoli della mia rassegna ci ha cercati, e inviato immediatamente il materiale per cominciare a lavorare. Infine mi aspetta un lavoro che parlerà anche di mafia, utilizzando il primo testo dove questa parola compare ».

E di suo padre cosa può raccontarci? Come e quanto ha influenzato sulla sua carriera essere figlio di Turi Ferro?

« Mio padre era una persona eccezionale. Quando hai di fronte una persona che obiettivamente è dotata di un’intelligenza superiore ti rendi conto che difficilmente avrai la possibilità di incontrarla un’altra volta nella vita. Nel mio lavoro ha contato la conoscenza dell’ambiente, poi come tutti, devi farcela solo con le tue forze».

Per concludere, mi dica lei una domanda, che non le ho fatto, ma a cui le sarebbe piaciuto rispondere?

Qui Guglielmo Ferro ride e risponde: « Cosa ci stai a fare ancora qui a Catania??...No, dai scherzo!!!».

Mariagrazia Tomarchio


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