CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 15 gennaio 2014, n. 4

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Conservazione di una specifica coltura tipica del territorio – Valenza paesaggistica – Piano urbanistico – Violazione della normativa regionale a tutela delle colture specializzate – Censura proposta da un’associazione ambientalista – Ammissibilità.

di Giuseppe Castiglia - mercoledì 12 marzo 2014 - 12919 letture

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CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 15 gennaio 2014, n. 4

Una particolare vocazione agricola di un’area può obiettivamente concorrere alla relativa valutazione paesaggistica, nel senso cioè che la conservazione di una specifica coltura, tipica di un determinato territorio, costituisce parte essenziale ed integrante del “paesaggio” esistente, connotandone sempre più le dimensioni storiche, sociali ed economiche; la tutela del paesaggio inoltre rientra certamente nel concetto, trasversale e di notevole latitudine, di ambiente: ne deriva l’ammissibilità della censura, proposta da un’associazione ambientalista avverso gli atti di pianificazione urbanistica comunale, relativa alla violazione dell’art. 2 della l.r. Sicilia n. 71/1978, a tutela delle colture specializzate.

(Riforma TAR SICILIA, Catania,nn. 1149, 1150 e 1151/2010) – Pres. De Lipsis, Est. Carlotti - Associazione World Wildlife Fund for Nature Italia O.N.L.U.S (avv.ti Giuliano e Crosta) c. Comune di Lentini (avv. Nigroli), Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente e altri (Avv. Stato)

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Conservazione di una specifica coltura tipica del territorio – Concetto di coltura specializzata – Sicilia – Coltivazione di agrumi – Specifiche caratteristiche quali-qauntitative.

Il concetto di coltura specializzata varia da territorio a territorio e, con riguardo alla Sicilia, la destinazione di un suolo a coltivazione di agrumi – attesa la vasta diffusione in tutta l’isola di siffatta coltura – non è di per sé un indice sufficiente di detta specializzazione. Con ciò non si intende affermare che in Sicilia un agrumeto non possa mai considerarsi coltura specializzata a norma dell’art. 2 della l.r. Sicilia n. 71/1978, ma indubbiamente, per riconoscere tale qualificazione, è necessario che la coltura in questione presenti peculiari caratteristiche quali-quantitative (ad esempio, relative a un raro genere di agrume o alla presenza di particolari opere infrastrutturali ed irrigue) che la rendano meritevole di specifica attenzione.

(Riforma TAR SICILIA, Catania,nn. 1149, 1150 e 1151/2010) – Pres. De Lipsis, Est. Carlotti - Associazione World Wildlife Fund for Nature Italia O.N.L.U.S (avv.ti Giuliano e Crosta) c. Comune di Lentini (avv. Nigroli), Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente e altri (Avv. Stato)

AREE PROTETTE – Variante ad un piano urbanistico non direttamente connessa alla gestione del sito – Effettuazione di una preventiva valutazione di incidenza.

L’effettuazione di una preventiva valutazione di incidenza è indispensabile anche nelle ipotesi in cui l’autorità nazionale competente intenda approvare una variante di un piano urbanistico sebbene non direttamente connessa e necessaria alla gestione del sito, ma che possa comunque avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti.

(Riforma TAR SICILIA, Catania,nn. 1149, 1150 e 1151/2010) – Pres. De Lipsis, Est. Carlotti - Associazione World Wildlife Fund for Nature Italia O.N.L.U.S (avv.ti Giuliano e Crosta) c. Comune di Lentini (avv. Nigroli), Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente e altri (Avv. Stato)

AREE PROTETTE – Valutazione di incidenza – Piani urbanistici e varianti a contenuto generale posti all’esterno di un sito della Rete Natura 2000.

La valutazione di incidenza deve essere svolta anche con riferimento a piani urbanistici (e le loro varianti) a contenuto generale e non solo a quelli attuativi di singoli interventi; essa riguarda anche piani posti all’esterno di un sito della Rete Natura 2000.

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AREE PROTETTE – Valutazione di incidenza – Probabilità di un’incidenza significativa.

La valutazione di incidenza deve essere effettuata ogniqualvolta vi sia la probabilità di un’incidenza significativa e può essere omessa soltanto quando vi sia la certezza di un’assenza di incidenze; le amministrazioni nazionali devono comunque motivare sul punto dell’assenza di incidenze; la verifica preliminare delle probabilità di incidenze va valutata alla stregua di quanto disposto dalla direttiva 85/337/CEE e dalla direttiva 97/11/CE, che ha modificato la prima.

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AREE PROTETTE – Valutazione di incidenza – Distanza dell’area oggetto dell’intervento dai siti della Reta Natura 2000 – Esclusione della probabilità di qualunque incidenza significativa – Inconfigurabilità.

La considerazione della mera distanza dell’area oggetto dell’intervento dai limitrofi siti della Rete Natura 2000 non è un elemento di per sé sufficiente ad escludere la probabilità di qualunque incidenza significativa dell’intervento pianificato sui predetti siti.

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AREE PROTETTE – Valutazione di incidenza – Effettuazione caso per caso.

La valutazione di incidenza deve esser fatta, caso per caso, in relazione alle caratteristiche della specifica area interessata dagli interventi.

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AREE PROTETTE – Variante ad un piano urbanistico - Valutazione di incidenza – Mancanza – Successiva effettuazione sui piani attuativi della variante – Effetto sanante – Esclusione.

Il vizio della mancanza della valutazione di incidenza non è sanabile attraverso l’effettuazione della valutazione sui futuri ed eventuali piani attuativi della variante al piano urbanisitico, giacché una considerazione del genere si pone in diretto contrasto con la disciplina europea.

(Riforma TAR SICILIA, Catania,nn. 1149, 1150 e 1151/2010) – Pres. De Lipsis, Est. Carlotti - Associazione World Wildlife Fund for Nature Italia O.N.L.U.S (avv.ti Giuliano e Crosta) c. Comune di Lentini (avv. Nigroli), Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente e altri (Avv. Stato)

AREE PROTETTE – Valutazione di incidenza – Art. 5 del D.P.R. n. 357/1997 – Orientamento eurounitario –Distinzione tra piano e intervento - Inconfigurabilità.

L’art. 5 del D.P.R. n. 357/1997 va interpretato con un orientamento eurounitario: ciò significa che detta norma deve essere interpretata in modo che il precetto da essa ricavabile si presenti coerente con il dettato dell’art. 6, par. 3, della Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita nell’ordinamento nazionale dal ridetto decreto. Il predetto par. 3 dell’art. 6 della Direttiva - con riferimento alle ipotesi di non diretta connessione e però di possibile incidenza significativa - non reca alcuna distinzione terminologica tra “piano” e “intervento”, ma usa soltanto la locuzione “piani o progetto” nella quale certamente rientra anche la variante di un piano urbanistico (e, dunque, per scongiurare ogni incompatibilità tra la disciplina interna e quella sovranazionale si deve concludere nel senso che nel generico concetto nazionale di “intervento” siano da ricondursi anche i piani).

(Riforma TAR SICILIA, Catania,nn. 1149, 1150 e 1151/2010) – Pres. De Lipsis, Est. Carlotti - Associazione World Wildlife Fund for Nature Italia O.N.L.U.S (avv.ti Giuliano e Crosta) c. Comune di Lentini (avv. Nigroli), Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente e altri (Avv. Stato)

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 15 gennaio 2014, n. 4

N. 00004/2014REG.PROV.COLL. N. 00674/2011 REG.RIC. N. 00753/2011 REG.RIC. N. 00754/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 674 del 2011, proposto da: Associazione World Wildlife Fund for Nature Italia O.N.L.U.S., rappresentata e difesa dagli avv.ti Corrado V. Giuliano e Giovanni Crosta, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Crosta in Palermo, via Houel, n. 5;

contro

Comune di Lentini, rappresentato e difeso dall’avv. Carmela Nigroli, con domicilio eletto presso l’avv. Renato De Giacomo in Palermo, via Messina, n. 15; Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, Assessorato regionale ai Beni Culturali e Ambientali e alla Pubblica Istruzione, Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Siracusa, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi, n. 81;

nei confronti di

Scirumi S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Ignazio Scuderi, con domicilio eletto presso l’avv. Luca Di Carlo in Palermo, via N. Morello, n. 40;

sul ricorso numero di registro generale 753 del 2011, proposto da: Associazione Legambiente - Comitato Regionale Siciliano O.N.L.U.S., rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Giudice, Corrado V. Giuliano e Giovanni Crosta, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Crosta in Palermo, via Houel, n. 5;

contro

Comune di Lentini, rappresentato e difeso dall’avv. Carmela Nigroli, con domicilio eletto presso l’avv. Renato De Giacomo in Palermo, via Messina, n. 15; Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, Assessorato regionale ai Beni Culturali e Ambientali e alla Pubblica Istruzione, Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Siracusa, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi, n. 81;

nei confronti di

Scirumi S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Ignazio Scuderi, con domicilio eletto presso l’avv. Luca Di Carlo in Palermo, via N. Morello, n. 40;

sul ricorso numero di registro generale 754 del 2011, proposto da: Associazione Mediterranea per la Natura (MAN) O.N.L.U.S., rappresentata e difesa dagli avv. Nicola Giudice, Corrado V. Giuliano e Giovanni Crosta, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Crosta in Palermo, via Houel, n. 5;

contro

Comune di Lentini, rappresentato e difeso dall’avv. Carmela Nigroli, con domicilio eletto presso l’avv. Renato De Giacomo in Palermo, via Messina, n. 15; Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, Assessorato regionale ai Beni Culturali e Ambientali e alla Pubblica Istruzione, Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Siracusa, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi, n. 81; Scirumi S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Ignazio Scuderi, con domicilio eletto presso Luca Di Carlo in Palermo, via N. Morello, n. 40;

per la riforma

quanto al ricorso n. 674 del 2011:

della sentenza del Tar Sicilia - Catania :sezione I n. 01149/2010, resa tra le parti, concernente adozione variante al PRG comunale con cambio di destinazione d’uso terreni

quanto al ricorso n. 753 del 2011:

della sentenza del Tar Sicilia - Catania :sezione I n. 01150/2010, resa tra le parti, concernente variante PRG comunale con cambio destinazione d’uso terreni agricoli

quanto al ricorso n. 754 del 2011:

della sentenza del Tar Sicilia - Catania :sezione I n. 01151/2010, resa tra le parti, concernente variante PRG comunale con cambio destinazione d’uso terreni agricoli

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Scirumi s.r.l. (d’ora in poi “Scirumi”), dell’Assessorato regionale territorio e ambiente (nel prosieguo: “Arta”), dell’Assessorato regionale beni culturali, ambien-tali e della pubblica istruzione (poi: “Arbca”) e del comune di Lentini;

Visti gli appelli incidentali interposti dalla Scirumi;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Viste le ordinanze interlocutorie nn. 389, 390 e 391 del 18 apri-le 2012, con le quali sono stati disposti incombenti istruttori;

Vista la sentenza non definitiva n. 933 del 16 ottobre 2012;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 il Cons. Gabriele Carlotti e uditi per le parti gli avvocati N. Giudice, su delega dell’avv. C. Giuliano, l’avv. F. Stallone, su delega dell’avv. C. Nigroli, l’avv. dello Stato La Rocca e l’avv. M. B. Miceli, su delega degli avv.ti I. Scuderi e N. Giudice, F. Stallone, su delega dell’avv. C. Nigroli, l’avv. dello Stato La Rocca e l’avv. M. B. Miceli su delega degli avv.ti I. Scuderi e N. Giudice, F. Stallone, su delega dell’avv. C. Nigroli, l’avv. dello Stato La Rocca e l’avv. M. B. Miceli, su delega dell’avv. I. Scuderi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. - Gli appelli delle tre associazioni ambientaliste sopra indicate sono diretti contro altrettante sentenze, di estremi rispettivamente precisati in epigrafe, pronunciate dal T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania.

2. - Si sono costituiti, per resistere all’impugnazione, l’Arta, l’Arbca, la Scirumi e il comune di Lentini. La Scirumi ha altresì interposto, nei confronti di ciascuna delle predette sentenze, tre appelli incidentali.

3. - All’udienza pubblica del 20 giugno 2012 le cause sono passate una prima volta in decisione.

4. – Con la sentenza, non definitiva, n. 933/2012 questo Consiglio ha:

- riunito i tre processi emarginati;

- accolto in parte gli appelli principali, riformando le sentenze impugnate con riguardo alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di primo grado;

- accolto in parte gli appelli proposti in via incidentale dalla Scirumi, riformando le sentenze impugnate relativamente alla affermazione della piena legittimazione delle associazioni ricorrenti alla deduzione di censure di carattere urbanistico, ancorché prive di specifico rilievo sotto il profilo della tutela degli interessi di natura ambientale di spettanza, istituzionale o statutaria, delle associazioni appellanti;

- disposto incombenti istruttori, delegando per la relativa esecuzione, l’Arta, l’Arbca, nonché il segretario generale del comune di Lentini;

- rinviato per il prosieguo della trattazione – riservata ogni ulteriore decisione sul rito, sul merito e sulle spese processuali del giudizio – alla prima udienza pubblica di 7 marzo 2013 (trattazione poi rinviata, dapprima d’ufficio al 17 aprile 2013 e infine, su richiesta delle parti, alla data odierna).

Sebbene non in maniera completa, è stata comunque prestata ottemperanza agli incombenti istruttori disposti in misura che il Collegio ritiene sufficiente a pervenire a una pronuncia definitiva sulla controversia.

5. – In merito alla vicenda al centro del contendere, è sufficiente riferire che le tre associazioni appellanti si tutelarono in prime cure, promuovendo distinte impugnative, avverso i seguenti atti:

- la delibera del consiglio comunale di Lentini n. 21 del 18 aprile 2006, mediante la quale fu adottata la variante al locale P.R.G.C. con cambio di destinazione d’uso di terreni ricadenti nelle contrade Xirumi, Cappellina e Tirirò, da zona agricola “E” a zona “CE4”, per la realizzazione di un “complesso insediativo chiuso ad uso collettivo ex art. 15 della L.R. 71/78 destinato alla residenza temporanea di militari americani della base di Sigonella U.S. Navy;

- la delibera del consiglio comunale n. 52 del 16 ottobre 2006, mediante la quale furono rigettate le osservazioni pervenute avverso la delibera di adozione della suddetta variante al P.R.G.C.;

- il parere reso dal consiglio regionale dell’urbanistica (CRU) con voto n. 594 del 30 novembre 2006 in ordine alla citata variante urbanistica;

- il decreto dirigenziale Arta – direzione regionale dell’urbanistica – n. 93 del 1° febbraio 2007 di approvazione della variante urbanistica;

- la nota del servizio museo archeologico di Lentini e aree archeologiche di Leontini e Megara - area Soprintendenza beni culturali e ambientali di Siracusa, prot. 2353, del 14 dicembre 2005;

- la nota della Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Siracusa, prot. n. 497, del 23 gennaio 2006;

6. - Più in particolare va riferito che, nel mese di febbraio del 2006, la società Scirumi, proprietaria di alcuni terreni siti nel territorio del comune di Lentini, propose all’amministrazione comunale, di adottare una variante allo strumento urbanistico generale, finalizzata al cambio di destinazione d’uso dei predetti terreni, per realizzarvi un complesso insediativo, chiuso e ad uso collettivo ai sensi dell’art. 15 della L.R. n. 71/1978, destinato all’esclusiva residenza temporanea dei militari sta-tunitensi della vicina base di Sigonella U.S. Navy.

Con deliberazione consiliare n. 21 del 18 aprile 2006 fu approvata la variante al P.R.G.C. per il cambio di destinazione d’uso dei sunnominati terreni, subordinandone l’edificazione all’approvazione di un apposito piano di lottizzazione.

Con decreto dirigenziale n. 93 del 1° febbraio 2007 l’Arta approvò la variante al P.R.G.C., in conformità al parere n. 594 del 30 novembre 2006 espresso dal CRU, precisando che l’effettiva capacità edificatoria dell’area sarebbe derivata dall’accordo tra il Governo degli Stati Uniti d’America e la società proponente, con obbligo del comune di Lentini di verificarne l’esistenza in sede di approvazione del piano di lottizzazione.

7. - Contro tali atti le associazioni ambientaliste, odierne appellanti, adirono il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, deducendo svariate censure di legittimità e chiedendone l’annullamento.

Il comune di Lentini e la Scirumi eccepirono in via preliminare l’inammissibilità delle tre impugnative per difetto di legittimazione attiva e comunque per carenza di interesse a ricorrere delle suddette associazioni e, nel merito, hanno altresì contestato la fondatezza delle censure dedotte. Anche gli Assessorati e la Soprintendenza BB.CC. AA. di Siracusa si costituirono per resistere ai ricorsi.

8. – Con le tre sentenze impugnate, il Tribunale etneo ha preliminarmente esaminato e respinto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva delle associazioni ricorrenti incentrata sul profilo della mancata deduzione di censure inerenti a disposizioni poste a tutela dell’ambiente; il primo Giudice ha invece accolto l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, avendo ritenuto che la deliberazione comunale n. 21 del 18 aprile 2006 e il decreto dirigenziale dell’Arta n. 93 del 1° febbraio 2007 fossero inidonei ex se a produrre una lesione concreta e attuale della posizione sostanziale di interesse di cui erano titolari le ricorrenti e ciò perché detti atti risulta-vano esser stati sottoposti, al momento della loro adozione, alla condizione sospensiva del verificarsi di taluni eventi futuri ed incerti.

9. - Contro le citate sentenze del T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sono insorte in appello le tre associazioni sopra indicate, contestando il difetto di interesse all’impugnativa promossa in prime cure, siccome ravvisato dal Tribunale; previa riforma sul punto delle decisioni gravate, le appellanti hanno domandato l’accoglimento dei rispettivi, originari ricorsi, così devolvendo in secondo grado le censure con quei ricorsi formulate, ma non scrutinate dal T.A.R.

10. - A sua volta la Scirumi ha interposto, avverso le medesime sentenze, altrettanti appelli incidentali, censurando il rigetto dell’eccezione di inammissibilità dei primitivi ricorsi, eccezione incentrata, come riferito, sulla denunciata carenza della legittimazione processuale attiva delle associazioni appellanti.

11. – Con la sentenza non definitiva n. 933/2012 questo Consiglio ha dapprima preso in esame gli appelli incidentali interposti dalla Scirumi diretti sia (tutti i gravami) avverso la statuizione con la quale il T.A.R. ha riconosciuto, in via generale, la legittimazione attiva delle associazioni ambientalistiche a impugnare provvedimenti che comunque incidano sull’ambiente, anche attraverso, se del caso, la deduzione di censure afferenti a violazioni di prescrizioni urbanistiche sia (solo l’appello incidentale proposto dalla Scirumi nell’ambito del ricorso allibrato col n. 753/2011 R.G. CGA e avente ad oggetto la sentenza del T.A.R. n. 1150/2010) contro il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva del Comitato regionale siciliano di Legambiente, in quanto, per l’appunto, mera articolazione territoriale della suddetta associazione.

12. - Gli appelli incidentali sono stati parzialmente accolti. Ed invero, pur essendosi respinta la doglianza diretta a far valere la pretesa inammissibilità dell’impugnativa promossa, in primo e secondo grado, dal Comitato regionale di Legambiente, le ridette impugnazioni interposte dalla Scirumi sono state accolte nelle parti rivolte contro i capi di decisione con cui il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha affermato la sussistenza di una piena legittimazione a ricorrere delle associazioni ambientaliste anche per far valere violazioni di natura urbanistica. In particolare questo Consiglio, discostandosi in parte da quanto statuito dal primo Giudice, ha affermato che: “… la tutela degli interessi ambientali possa richiedere anche l’impugnazione di atti amministrativi generali, di valenza urbanistica e di natura pianificatoria o programmatoria, qualora incidenti negativamente su profili squisitamente ambientali; nondimeno l’effettivo determinarsi di una situazione siffatta deve essere accertato dal giudicante, caso per caso, giacché non ogni atto di governo del territorio ha una prevalente incidenza su valori ambientali …. Diversamente opinando, la legittimazione ad agire delle associazioni ambientalistiche, già connotata da una particolare latitudine …, si espanderebbe in modo eccessivo, ben oltre i limiti invalicabili segnati dalla natura del giudizio amministrativo come processo di parti. Ed invero, portando alle estreme conseguenze logiche la tesi patrocinata dalle associazioni ambientaliste (secondo le quali la loro legittimazione sussisterebbe a fronte di qualunque, anche indiretta interferenza, di atti amministrativi di natura urbanistica, con gli interessi ambientali) il ruolo di dette associazioni si trasformerebbe in un sorta di “ministero” pubblico, posto a presidio dell’indifferenziata e trasversale tutela del bene/valore ambiente. Un tale ruolo non è tuttavia attribuito dall’ordinamento alle associazioni ambientaliste le quali rimangono comunque una parte privata del giudizio amministrativo, legittimate come tali a ricorrere e a resistere nei limiti della diretta correlazione tra le illegittimità denunciate e gli interessi dalle stesse istituzionalmente protetti. In altri termini, le associazioni ambientaliste possono impugnare qualunque atto ammi-nistrativo, ma la specialità della loro legittimazione a ricorrere, condizionata a monte dagli scopi da esse perseguiti, consente loro unicamente la deduzione di censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali. Questa, d’altronde, sembra essere apparentemente anche la posizione espressa dalle associazioni appellanti nei rispettivi atti difensivi: sennonché lo iato che separa l’interpretazione del Collegio dalle tesi riferite è rappresentata dalla necessità, ritenuta da questo Consiglio, di verificare sempre in concreto la sussistenza di uno specifico interesse ambientale sotteso alla denuncia delle illegittimità denunciate dalle associazioni; queste ultime, per contro, repu-tano che detto nesso possa essere apprezzato in astratto, in ragione della immancabile valenza ambientale di qualunque previsione urbanistico-edilizia.” (enfasi grafica aggiunta).

Il Consiglio ha, tuttavia, precisato che, solo all’esito dell’istruttoria contestualmente disposta, si sarebbe potuta declinare in modo esatto, nei termini cioè di una pronuncia di inammissibilità degli originari motivi di ricorso riproposti in secondo grado dalle associazioni appellanti in via principale, la misura dell’accoglimento degli appelli incidentali della Scirumi.

13. - Esaurito lo scrutinio dei profili relativi alla legittimazione a ricorrere delle associazioni appellanti, questo Consiglio è poi passato all’esame dei gravami proposti da queste ultime in via principale e li ha accolti nella parte in cui le ridette impugnazioni si sono dirette contro le statuizioni con le quali il T.A.R. ha negato l’interesse a ricorrere delle suddette associazioni. Più in dettaglio, nella sentenza n. 933/2010 si è affermato che la duplice condizione di piano e di accordo (ossia della successiva approvazione di un piano di lottizzazione e della previa verifica, da parte dell’Ufficio urbanistica comunale, della corrispondenza delle previsioni di detto strumento attuativo agli effettivi bisogni residenziali derivanti dall’accordo tra il Governo statunitense e la Scirumi) alla quale risultano subordinate le possibilità edificatorie riconosciute con la variante urbanistica in contestazione non avesse inciso, fino al punto di azzerarlo, sull’interesse a ricorrere delle associazioni appellanti, giacché detto interesse era (e rimane) sorretto dall’obiettivo di rimuovere gli effetti giuridici che la variante, pienamente efficace (inefficace essendo, al più, la sola capacità edificatoria sviluppabile sulla base della variante), ha comunque prodotto (“…la variante in contestazione è pienamente efficace e spiega tutti gli effetti del paradigma normativo del quale è implementazione; le amministrazioni, imponendo il duplice vincolo di piano (di lottizzazione) e di accordo (della Scirumi con il Governo degli U.S.A.), hanno unicamente condizionato la futura approvazione della pianificazione esecutiva e, a valle, il rilascio degli assensi edilizi necessari a realizzare il complessivo insediamento abitativo. Ciò non esclude tuttavia l’interesse delle associazioni a impugnare immediatamente l’atto di pianificazione, in variante, se ritenuto illegittimo e direttamente lesivo in concreto del valore ambiente. Anzi, proprio l’efficacia immediata della variante, punto sul quale si soffermerà la successiva esposizione, onerava le associazioni delle relative impugnative, onde scongiurare il formarsi di eventuali inoppugnabilità a partire proprio dal primo della serie degli atti nei quali si articola e si declina in via di progressiva specificazione la discrezionalità amministrativa nella materia urbanistica.”, così la sentenza n. 933/2012).

DIRITTO

1).Il Collegio procede ad esaminare i motivi degli originari ricorsi delle associazioni appellanti, riproposti in appello, onde verificarne preventivamente l’ammissibilità e, in caso affermativo, l’eventuale fondatezza.

A tali fini giova riferire brevemente che, in forza dell’atto pianificatorio risultante dalla deliberazione del consiglio comunale di Lentini n. 21/2006 e del decreto dirigenziale Arta n. 93/2007 (rispettivamente recanti l’adozione e l’approvazione della variante in discorso), oltre 91 ettari del territorio di Lentini, in precedenza destinati a zona agricola “E”, sono stati differentemente e innovativamente qualificati, dal punto di vista urbanistico, come zona “CE4”, destinata all’esclusivo insediamento dei militari U.S.A. della base di Sigonella; inoltre, come sopra accennato, la possibilità di edificare sulle aree in discorso, non soltanto è stata subordinata alla successiva approvazione di un piano di lottizzazione (ossia sottoposta a un vincolo di piano esecutivo), ma, ancor prima, alla conclusione di un futuro ed eventuale accordo tra un soggetto privato, la Scirumi, e un Governo straniero (accordo rispetto al quale, peraltro, sia il comune di Lentini sia la Regione siciliana, ancorché titolari della potestà pianificatoria, rimarrebbero del tutto estranei, alla stregua di qualunque altro terzo).

Il concreto sfruttamento della destinazione edificatoria di una ben vasta area del territorio comunale è stato così condizionato al futuro perfezionamento (e allo stato non ancora intervenuto nonostante il tempo trascorso), di un’attività negoziale tra soggetti terzi. L’unico limite temporale alla realizzazione dell’insediamento programmato è stato difatti indicato nel termine di 10 anni dall’approvazione della variante (con scadenza, quindi, entro il 2017) pena, in mancanza, il ritorno automatico delle aree in parola alla loro destinazione originaria di zona agricola “E”.

2). – Con il primo mezzo di gravame le associazioni hanno riproposto il motivo con il quale avevano dedotto in primo grado la nullità della previsione localizzatrice per carenza assoluta di qualunque potere del Comune di Lentini in materia di localizzazione di infrastrutture militari, spettando le relative attribuzione agli organi dello Stato.

In applicazione del criterio di ammissibilità delle censure, siccome declinato nella sentenza non definitiva n. 933/2012, tale motivo deve ritenersi di natura prettamente urbanistica e non direttamente incidente sui profili di carattere ambientale e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

3). - Con il secondo mezzo di gravame le associazioni hanno riproposto il motivo con il quale avevano dedotto in primo grado la violazione di principi in materia di pianificazione urbanistica, in quanto gli enti intervenuti nel procedimento che ha condotto all’approvazione della variante non avrebbero perseguito l’interesse pubblico tipico della pianificazione, avendo riconosciuto un rilievo preponderante all’interesse privato della Scirumi e a quello, meramente finanziario, del Comune, a scapito dei preminenti risvolti ambientali intercettati dalla modificazione del P.R.G.C.; il Comune avrebbe acriticamente recepito gli elaborati, i progetti e le norme predisposti dalla Scirumi, peraltro in modo non del tutto corretto sotto il profilo dell’esattezza delle rappresentazioni grafiche dei luoghi e dei vincoli vigenti. In particolare, sarebbe stata violata la regola generale dell’iniziativa pubblica (sia il progetto di variante sia lo studio agricolo forestale sarebbero stati eseguiti o commissionati dalla Scirumi) e sarebbe stato travisato l’interesse pubblico, essendosi tenuto conto delle sole esigenze residenziali dei militari americani e non anche dei bisogni effettivi della comunità locale; si è poi subordinata l’efficacia della variante a futuri accordi tra la Scirumi e il Governo americano, nonostante l’atto di pianificazione sia di esclusiva competenza comunale.

Il motivo è inammissibile per diverse ragioni.

Con riferimento al “rinvio” ai futuri accordi tra la Scirumi e il Governo americano, questo Consiglio ha già avuto modo di segnalare, con un obiter dictum contenuto nella precedente sentenza n. 933/2012, l’eterodosso modo di procedere del Comune di Lentini che ha deciso di affidare, per 10 anni, le sorti della pianificazione di una vasta area del proprio territorio comunale all’eventuale accordo tra soggetti terzi, privandosi in tal modo della possibilità di destinare altrimenti le stesse zone ad altri usi. Sennonché siffatte scelte urbanistiche non esorbitano comunque dall’alveo del puro merito amministrativo e, comunque, anche in relazione ai profili di eventuale illegittimità, i “vizi” denunciati dalle associazioni appellanti ricadono sicuramente in un ambito che intercetta profili di mero interesse urbanistico e, come tali, in base al surrichiamato criterio di selezione dei motivi proponibili dalle sunnominate associazioni, detti “vizi” – o, meglio, la loro denuncia con il motivo in esame – si presenta dunque inammissibile.

D’altronde, anche a voler ipoteticamente prescindere dalle precedenti considerazioni, il motivo sarebbe da reputarsi in parte manifestamente infondato, posto che nulla vieta che un’amministrazione, pur rimanendo titolare dell’iniziativa, possa far proprie, in sede di pianifi-cazione di una parte del territorio, di strumenti conoscitivi elaborati da terzi. L’importante è che siffatti ausili siano acquisiti all’istruttoria procedimentale, in modo da potersi trasformare – a prescindere dalla provenienza soggettiva di essi - in un elemento reso pubblico e sottoposto al vaglio dei pianificatori e della collettività.

Del tutto generico, e quindi inammissibile anche sotto questo ulteriore profilo, è poi il richiamo al travisamento dello scopo tipico della pianificazione. Lo “scopo tipico della pianificazione urbanistica” – se si vuole utilizzare tale impropria locuzione - è, diversamente da quanto opinato dalle associazioni appellanti, quello di rendere compatibili tra loro, sulla base di un ragionevole esercizio della lata discrezionalità amministrativa di cui dispongono i pianificatori, i vari interessi, ritenuti meritevoli dall’ordinamento giuridico, che coesistono e interferiscono su un medesimo territorio e tale opera di contemperamento – sulla base delle priorità indicate dall’autorità politico-amministrativa - deve svolgersi nel rispetto delle procedure e dei vincoli stabiliti.

Negli spazi lasciati liberi dalla volontà oggettivata dell’ordinamento urbanistico, l’interesse alla tutela dell’ambiente concorre però con gli altri interessi del pari rilevanti per una collettività (economico, di promozione turistica, di insediamento industriale, ecc.) e non è sempre e automaticamente prevalente. Diversamente opinando, si perverrebbe ad interpretazioni abroganti di molte previsioni che di fatto configurano l’interesse alla tutela ambientale (tutela che è comunque di natura dinamica) come recessivo rispetto ad altri valori.

4). - Con il terzo mezzo di gravame le associazioni hanno riproposto il motivo con il quale avevano dedotto in primo grado la violazione e la falsa applicazione delle norme relative alla classificazione delle zone territoriali omogenee (ZTO).

Secondo le appellanti, difatti, il Comune di Lentini avrebbe appositamente creato, al fine di consentire l’insediamento del quale si controverte, una ZTO (EC4) da destinare all’uso esclusivo dei militari statunitensi, così collegando una qualificazione urbanistica alla natura soggettiva dei fruitori, in violazione del D.M. n. 1444/1968. Inoltre sono state stigmatizzate la generica e inde-terminata indicazione del dimensionamento, da definire più in dettaglio solo a seguito della volontà espressa - eventualmente e in futuro – dal Governo americano, la misura eccessiva dell’indice territoriale adottato, la violazione della normativa sugli standard urbanistici.

Non è necessario soffermarsi ad approfondire tale censura essendo manifesta l’inammissibilità del motivo al lume del criterio di selezione dei motivi scrutinabili, sopra più volte richiamato.

5). - Con il quarto mezzo di gravame le associazioni hanno riproposto il motivo con il quale avevano dedotto in primo grado che la variante non era sorretta da concrete e attuali esigenze tecniche e urbanistiche, con conseguente travisamento dell’interesse pubblico.

Il motivo riproduce in gran parte, seppure con diverse argomentazioni, la medesima questione – oggetto anche del secondo mezzo di gravame già vagliato – del preteso travisamento dell’interesse pubblico e, pertanto, come il precedente succitato, anche il motivo in esame deve essere dichiarato inammissibile.

Va dato atto che le associazioni appellanti lamentano anche la violazione di una circolare del Dipartimento regionale dell’urbanistica n. 2/2000 che – oltre a raccomandare attenzione ai valori ambientali in sede di pianificazione – prescriverebbe di evitare ulteriori espansioni residenziali non giustificate.

Al riguardo deve osservarsi che, in questa parte, la censura è generica, non essendosi specificato in che cosa sarebbe esattamente consistita la violazione della circolare; in linea più generale, va osservato poi che una circolare in materia di pianificazione urbanistica può, al massimo, esprimere indirizzi di politica amministrativa (urbanistica, nel caso di specie), ma certamente non è una fonte idonea a vincolare giuridicamente l’attività degli enti locali ai quali un atto del genere è normalmente indirizzato; inoltre, nella fattispecie, non emerge in concreto alcuna reale violazione della circolare sunnominata dal momento che l’adozione della variante è stata ampiamente giustificata sul piano motivazionale dal Comune, sebbene con riferimento a interessi diversi da quello della tutela ambientale; la circostanza che dette giustificazioni (di natura socio-economica e urbanistica) non siano condivise dalle associazioni appellanti non è una ragione sufficiente – stante quanto sopra osservato - per ammettere il motivo al sindacato giurisdizionale.

6). - Con il quinto mezzo di gravame le associazioni hanno riproposto la doglianza con la quale avevano dedotto in primo grado la violazione dell’art. 2 della L.R. n. 71/1978 nella parte in cui (quinto comma) la disposizione vieta la destinazione ad usi extra-agricoli dei suoli utilizzati per colture specializzate, irrigui o dotati di infrastrutture ed impianti a supporto dell’attività agricola. Più in dettaglio, la previsione legislativa recita: “Nella formazione degli strumenti urbanistici gene-rali non possono essere destinati ad usi extra agricoli i suoli utilizzati per colture specializzate, irrigue o dotati di infrastrutture ed impianti a supporto dell’attività agricola, se non in via eccezionale, quando manchino ragionevoli possibilità di localizzazioni alternative. Le eventuali eccezioni devono essere congruamente motivate.”. Va ricordato anche l’art. 3, comma 11, della L.R. 30 aprile 1991, n. 15, secondo cui: "Le previsioni dei piani regolatori generali comunali devono essere compatibili con gli studi agricolo-forestali da effettuare, da parte di laureati in scienze agrarie e forestali, ai sensi del quinto comma dell’articolo 2 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 e con le prescrizioni dell’articolo 15, lettera e, della legge regionale 16 giugno 1976, n. 78 che i comuni sono tenuti ad eseguire nell’ambito del proprio territorio".

Il motivo è ammissibile.

Invero, una particolare vocazione agricola di un’area può obiettivamente concorrere alla relativa valutazione paesaggistica, nel senso cioè che la conservazione di una specifica coltura, tipica di un determinato territorio, costituisce parte essenziale ed integrante del “paesaggio” esistente, connotandone sempre più le dimensioni storiche, sociali ed economiche; del resto, la tutela del paesaggio certamente rientra nel concetto, trasversale e di notevole latitudine, di ambiente (non a caso, con riferimento all’area al centro del contendere, la presenza di agrumeti è stata considerata ai fini dell’apposizione del vincolo paesaggistico di cui al D.A. n. 7134 del 7 agosto 1995).

Ancorché ammissibile, il motivo non risulta però fondato per due ragioni.

Innanzitutto, non è stata offerta piena prova della natura specializzata della coltura. Il concetto di coltura specializzata varia infatti da territorio a territorio e, con riguardo alla Sicilia, la destinazione di un suolo a coltivazione di agrumi – attesa la vasta diffusione in tutta l’isola di siffatta coltura – non è di per sé un indice sufficiente di detta specializzazione. Con ciò non si intende affermare che in Sicilia un agrumeto non possa mai considerarsi coltura specializzata a norma dell’art. 2 sunnominato, ma indubbiamente, per riconoscere tale qualificazione, è necessario che la coltura in questione presenti peculiari caratteristiche quali-quantitative (ad esempio, relative a un raro genere di agrume o alla presenza di particolari opere infrastrutturali ed irrigue) che la rendano meritevole di specifica attenzione. Orbene, muovendo da siffatte premesse, può approdarsi alla conclusione che la semplice esistenza di coltivazioni di arance del tipo “Tarocco” o “Sanguinello” e la mera presenza di strutture per l’irrigazione (genericamente allegata) non siano sufficienti a configurare un’ipotesi di coltura specializzata nel senso sopra chiarito e, quindi, in via consequenziale, nemmeno era necessaria, nel caso in esame, una particolare motivazione sull’assenza di una localizzazione alternativa ai fini della destinazione ad usi extra-agricoli delle aree sulle quali la ridetta coltura insista.

Sotto altro aspetto il motivo è infondato anche perché non è stata offerta prova certa dell’estensione e dello sviluppo di tali coltivazioni, atteso che – sulla base degli atti acquisiti – emerge che le stesse siano in stato di deperimento.

Non valgono a superare tali elementi la relazione della Commissione per il Paesaggio della provincia di Siracusa (funzionale all’istruttoria prodromica all’apposizione del vincolo), a più riprese evocata dalle associazioni appellanti, giacché risalente al 1995, né le fotografie versate in atti sulla cui genesi e sul cui oggetto non è stato offerto alcun certo elemento di riscontro. Sul punto peraltro questo Consiglio, in forza del metodo acquisitivo, ha disposto un’integrazione istruttoria, mercé la precedente sentenza n. 933/2012, che tuttavia non ha condotto ad esiti favorevoli alle tesi patrocinate dalle appellanti.

Non è poi necessario svolgere sul punto ulteriori accertamenti (quali una C.T.U. o una verificazione) in ragione di quanto sopra osservato sul concetto di coltura specializzata.

Non sussiste, insomma, la violazione dell’art. 2, quinto comma, della L.R. n. 71/1978.

7). - Con il sesto mezzo di gravame le associazioni hanno riproposto il motivo con il quale avevano dedotto in primo grado la violazione del regime vincolistico al quale sono assoggettati i due lotti (A e B) sui quali potrebbe esser realizzato l’intervento in questione. In particolare, i vincoli sono i seguenti:

- un vincolo paesaggistico di cui al D.A. n. 7134 del 1995, già menzionato;

- un vincolo archeologico di cui ai D.A. n. 2661 del 2 novembre 1990 e n. 2 del 9 gennaio 1991.

Le associazioni appellanti lamentano anche la violazione delle “Linee Guida al P.T.P.R.”.

Il motivo è ammissibile. Le medesime considerazioni svolte a proposito della rilevanza ambientale della censura relativa alla presen-za di colture specialistiche valgono anche –mutatis mutandis – per la doglianza in esame con la quale si è essenzialmente denunciata la mancata considerazione dei valori storici e archeologici dei siti in discorso. Ed invero, non può revocarsi in dubbio che le presenze di testimonianze materiali di civiltà storiche possano concorrere a connota-re il pregio ambientale di un territorio.

Sul punto le lagnanze delle associazioni appellanti sono di due tipi: per un verso, si adombra la tesi dell’assoluta inutilizzabilità per i fini dell’edificazione residenziale di aree gravate da un vincolo archeologico e, per altro verso, si deduce che, nel caso specifico, le indagini archeologiche svolte nel 2006 dalla Soprintendenza sarebbero state parziali e imprecise.

Il motivo, in questa parte, sebbene ammissibile, non è meritevole di accoglimento. Del tutto infondato è infatti l’argomento dell’assoluta inedificabilità della zona, stante la natura e gli effetti del vincolo di cui al D.A. sunnominato (in tal senso, d’altronde, è anche la nota dell’Abca, prot. n. 497, del 23 gennaio 2006).

Nemmeno è fondata la tesi secondo cui, per un verso, la Soprintendenza non avrebbe espresso alcun parere in seno alla seduta del CRU e, per altro verso, detto parere sarebbe comunque illegittimo: contro siffatti argomenti va osservato – oltre a quanto già rilevato sulla non assolutezza dei vincoli in parola - che, nell’impugnato decreto n. 93/2007, si dà conto dell’avvenuta audizione della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Siracusa in occasione del voto n. 594 del 30 novembre 2006, senza che sia stato segnalato alcun dissenso da parte di quest’ultima (v. il verbale della relativa adunanza allegato alla nota del Dipartimento urbanistico, prot. n. 5682).

Infondata è anche la deduzione in ordine alla pretesa superficialità con cui la Soprintendenza avrebbe condotto le indagini preventive. Dagli atti acquisiti al fascicolo della causa emerge invece che esse furono approfondite e si prolungarono nel tempo, interessando un’ampia zona. Risulta altresì che esse condussero alla conclusione che, soltanto su una parte non particolarmente estesa del lotto A, esistevano resti di un insediamento rurale e di una necropoli greca (v. la nota della Soprintendenza, prot. n. 2353, del 14 dicembre 2005), in relazione alla quale la Soprintendenza ha dettato delle prescrizioni di salvaguardia (accettate e rispettate dalla Scirumi; v. la nota dell’Abca del 4 marzo 2006).

Non sussiste pertanto la violazione denunciata.

Sulla dedotta lesione del valore agricolo dell’area si è già trattato: anche in questa parte dunque il motivo è infondato.

Va allora esaminata la censura nella parte in cui si è dedotta la violazione delle Linee Guida al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR), adottate con D.A. n. 6080 del 21 maggio 1999 e pubblicate nella G.U.R.S. n. 46 del 1999, S.O. n. 1. Riducendo la censura ai suoi pertinenti termini giuridici, le associazioni appellanti sostengono che la variante si porrebbe in contrasto con gli artt. 11 (recte: art. 12, paesaggio agrario) e 12 (recte, art. 13, archeologia) delle suddette Linee Guida.

La doglianza è inammissibile a causa della sua assoluta genericità. Difatti, gli artt. 12 e 13 delle Linee Guida si sviluppano in plurime pagine dense di indirizzi e prescrizioni e, a fronte di tale ampio materiale normativo, il cogente principio della domanda, declinato nel corollario della specificità dei motivi, avrebbe onerato le associazioni appellanti dell’indicazione puntuale delle prescrizioni asseritamente violate, non potendo ovviamente questo Consiglio sostituirsi alla parte – contro il canone costituzionale della parità (art. 101 Cost.) – soccorrendola nell’esatta individuazione della censura da formulare. In ogni caso - fermo restando il giudizio sull’inammissibilità della censura e a prescindere dall’approfondimento in ordine alla natura e all’intensità degli effetti giuridici scaturenti da dette Linee Guida - il Collegio non ravvisa alcuna violazione delle disposizioni invocate dalle associazioni appellanti né con riferimento alle prescrizioni dell’art. 12 relative al paesaggio agrario (attese le superiori considerazioni sul tema) né con riguardo a quelle dell’art. 13 sull’archeologia (che appare rispettato nel caso di specie).

8). – Con il settimo mezzo di gravame le associazioni hanno riproposto il motivo con il quale avevano dedotto in primo grado la violazione delle direttive CE nn. 79/409 e 92/43 (cd. “Direttiva Uccelli” e “Direttiva Habitat”). Più in dettaglio, le associazioni appellanti avevano rilevato che una parte del territorio comunale di Lentini, poco distante dai lotti A e B, risultava individuata quale sito di importanza comunitaria (SIC) e come zona di protezione speciale (ZPS “Biviere di Lentini”) e, quindi, sarebbe stato necessario sottoporre la variante approvata a valutazione di incidenza a norma degli artt. 6, par. 3, della direttiva n. 92/43 e 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche). Avevano altresì dedotto le associazioni che detta prodromica valutazione è indispensabile anche per gli interventi su aree poste all’esterno del perimetro delle zone tutelate (è stata richiamata, in tema, la pronuncia della C.G.U.E, sez. II, 13 dicembre 2007, n. 418), posto che la materia – come chiarito dalla Commissione europea nella “Guida all’interpretazione dell’art. 6 della direttiva “habitat” 92/43/CEE”- è governata dal principio di precauzione, di tal che la salvaguardia contemplata dalla suddetta direttiva è attivata dalla sem-plice probabilità di un’incidenza significativa dell’intervento sulle a-ree tutelate.

Sul punto la Scirumi ha controdedotto che nessuna delle aree interessate dalla variante ricade direttamente in zona SIC o ZPS, dal momento che il complesso insediativo disterebbe circa 7 km. da dette zone e che nemmeno potrebbero ipotizzarsi incidenze significative su di esse derivanti dall’intervento in questione, peraltro nemmeno pervenuto alla fase di esatta localizzazione.

Sul punto questo Consiglio ha disposto una specifica istruttoria con la citata sentenza non definitiva n. 933/2012. Il comune di Lentini, in ottemperanza all’incombente, ha risposto che la distanza minima tra il margine estremo del perimetro delle aree in questione e il SIC e la ZPS del lago di Lentini è di circa 6.600 metri e che, pertanto, la valutazione d’incidenza è stata omessa in considerazione del fatto che gli interventi proposti non ricadrebbero entro dette aree e che, in ragione della surricordata distanza, nemmeno potrebbero ipotizzarsi incidenze significative su di esse; d’altronde – ha soggiunto il comune di Lentini – a riprova dell’assenza di qualunque incidenza vi sarebbe anche un successivo studio di incidenza, effettuato nel mese di ottobre 2010, relativo ad un’area diversa, ma ben più vicina a tali siti, destinata a insediamenti turistico-ricettivi, per la quale sarebbe stata, per l’appunto, esclusa qualunque significativa incidenza.

Il motivo, attesa la stretta connessione tematica di esso con il successivo, può essere trattato insieme a quest’ultimo.

9). – Con l’ottavo mezzo di gravame le associazioni hanno riproposto il motivo con il quale avevano dedotto in primo grado la violazione della direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione ambientale strategica (VAS), atteso che l’ambito di applicazione di detta direttiva, a norma dell’art. 3, par. 2, della stessa, include anche gli atti di pianificazione territoriale e di destinazione dei suoli; avevano altresì evidenziato come, nella fattispecie, fosse stata interessata dalla pianificazione una parte di territorio avente un’estensione maggiore di 40 ettari e, quindi, ricadente nell’ambito dell’allegato B al D.P.R. 12 aprile 1996, recepito nella Regione siciliana dall’art. 91 della L.R. n. 6/2001; inoltre, si sarebbe dovuta sottoporre la variante anche alla valutazione di impatto ambientale (VIA) dal momento che ogniqualvolta il procedimento nazionale sia articolato in una decisione principale e in un’altra, attuativa, la VIA deve essere svolta nell’ambito della fase attinente alla decisione principale, come chiarito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (richiamata C.G.U.E., sez. II, 28 febbraio 2008, n. 2 e id., sez. I, 4 maggio 2006, n. 508). In tal senso, ossia sulla necessità di sottoporre la variante a VAS e VIA, si è espresso, con riferimento al caso di specie, anche il Servizio 2–VIA/VAS dell’Arta con la nota del 4 marzo 2008.

A tal riguardo la Scirumi ha controdedotto che le varianti al P.R.G.C. non rientrerebbero nel novero degli atti relativi a interventi per il quale il D.P.R. 12 aprile 1996 prescrive la VIA, dovendo questa effettuarsi soltanto in occasione dell’adozione della pianificazione attuativa; inoltre la Scirumi ha osservato che la direttiva 2001/42/CE non era self-executing (giacché non dettagliata né incondizionata) e che essa fu recepita nell’ordinamento italiano solo con il D.Lgs. n. 152/2006, entrato in vigore - a norma dell’art. 52 - il 31 luglio 2007, ossia dopo l’approvazione della variante giusta il D.A. impugnato (del 1° febbraio 2007).

Al riguardo il Consiglio ha disposto una specifica istruttoria con la sentenza non definitiva n. 933/2012 e, in risposta, il comune di Lentini ha osservato che il D.Lgs. n. 152/2006 non era applicabile alla fattispecie ratione temporis e che, soltanto in data 5 novembre 2007 (si è rilevato che la nota del 4 marzo 2008, prot. n. 18583, non pervenne all’amministrazione), il Servizio 2 dell’Arta avrebbe rilevato la mancanza della VIA/VAS e che, tuttavia, nella stessa nota si era chia-rito che le suddette valutazioni sarebbero potute intervenire prima di procedere a qualunque altro atto consequenziale, ossia prima di procedere alla redazione del piano di lottizzazione.

10). – Tanto premesso, va osservato in via preliminare che, in ordine alla produzione documentale acquisita agli atti in ottemperanza alla sunnominata pronuncia n. 933/2012, anche la Scirumi ha depositato una consulenza tecnica di parte (perizia giurata) dell’ ing. Rosario Garozzo, avente ad oggetto l’esame e le risposte ai quesiti posti dal Consiglio.

Le associazioni appellanti hanno contestato la ritualità di detta perizia, censurandone la pretesa inammissibilità.

Il Collegio, pur rilevando di non aver disposto alcuna consulenza tecnica d’ufficio né alcuna verificazione, ritiene che l’eccezione sollevata dalle associazioni appellanti non possa essere accolta, dal momento che la suddetta perizia giurata è da reputarsi comunque ammissibile alla stregua – non già di una consulenza tecnica di parte – ma di una semplice memoria, la cui produzione è sempre consentita alle parti anche in sede di appello.

11). – Innanzitutto il Collegio ritiene che i motivi di appello in esame siano certamente ammissibili: con essi infatti sono stati dedotte doglianze di specifico rilievo ambientale.

Ai fini di un ordinato esame delle questioni sottoposte al vaglio giurisdizionale con gli ultimi due mezzi di gravame, occorre prendere l’abbrivo dalla censura relativa alla omessa effettuazione della VAS.

In questa parte le doglianze delle associazioni appellanti sono infondate. Ed invero, a livello regionale la VAS fu introdotta con il D.A. Arta del 7 luglio 2004 (Disposizioni relative alla valutazione ambientale strategica su strumenti di programmazione e di pianificazione inerenti le materie indicate nell’art. 3, paragrafo 2a), della direttiva n. 42/2001/CE) , pubblicato nella G.U.R.S. n. 30 del 16 luglio 2004 (come dedotto dalle appellanti): l’art. 1 di detto decreto stabilì infatti quanto segue: “Sono soggetti a valutazione ambientale strategica (V.A.S.) gli strumenti di programmazione e di pianificazione regionale, provinciale e comunale previsti da norme legislative e regolamentari nelle materie indicate nel l’art. 3, paragrafo 2a), della direttiva n. 42/2001/CE, con esclusione dei piani e programmi indicati al paragrafo 9 dello stesso art. 3. In particolare, sono soggetti alla valutazione anzidetta tutti i piani e i programmi che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva n. 85/337/CEE.”. Sennonché, sul punto, la Scirumi ha correttamente controdedotto che tale articolo fu però modificato con un successivo D.A. Arta del 24 gennaio 2005 (Modifica del decreto 7 luglio 2004, concernente disposizioni relative alla valutazione ambientale strategica su strumenti di programmazione e di pianificazione inerenti le materie indicate nell’art. 3, paragrafo 2a), della direttiva n. 42/2001/CE), pubblicato nella G.U.R.S. n. 7 del 18 febbraio 2005 e vigente all’epoca dell’approvazione della variante: così che il comma 6 del novellato art. 1 escluse dalla sottoposizione alla VAS – “sino all’emanazione di una apposita regolamentazione che armonizzi i contenuti della valutazione ambientale alle diverse scale di pianificazione” - i piani e i programmi di competenza comunale (previsione poi confermata dall’art. 59 della L.R. n. 6/2009, recentemente abrogato in parte qua dall’art. 11, comma 41, della L.R. n. 26/2012, che escluse dal campo applicativo delle disposizioni sulla VAS i piani, i programmi e le relative varianti adottati prima del 31 luglio 2007).

.12) – Ad analoga conclusione si perviene anche per la questione relativa alla VIA. Difatti il D.P.R. 12 aprile 1996, vigente ratione temporis, è stato recepito in Sicilia con l’art. 91 della L.R. n. 6/2001, secondo cui, tra l’altro: “1. Nell’ambito della Regione siciliana la valutazione di impatto ambientale viene svolta nel rispetto dei principi e delle disposizioni stabilite dal D.P.R. 12 aprile 1996 atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’articolo 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e dal D.P.C.M. del 3 settembre 1999, nonché dalle disposizioni contenute nel presente articolo.

2. L’autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale di competenza regionale è l’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente.

3. L’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente, ai fini della formulazione del giudizio di compatibilità ambientale, si avvale di apposito ufficio ivi istituito, ove sono altresì depositati permanentemente i documenti e tutti gli atti inerenti i procedimenti conclusi ai fini della consultazione del pubblico.

4. Le procedure di verifica previste dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 si applicano alle proposte di modifica o ampliamento di progetti già autorizzati, o realizzati o in fase di realizzazione, che rientrano nell’elenco delle tipologie progettuali di cui agli allegati A e B del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 e successive modifiche.” (enfasi grafica aggiunta).

L’art. 1 del citato decreto presidenziale prevedeva, per quanto di interesse: “1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che l’attuazione della procedura di valutazione di impatto ambientale per i progetti indicati negli allegati A e B avvenga nel rispetto delle disposizioni della direttiva 85/337/CEE secondo gli indirizzi contenuti nel presente atto. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all’attuazione degli obiettivi del presente atto nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme d’attuazione.

2. …

3. …

4. Sono assoggettati alla procedura di valutazione d’impatto ambientale i progetti di cui all’allegato B che ricadono, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394.

5. …

6. Per i progetti elencati nell’allegato B, che non ricadono in aree naturali protette, l’autorità competente verifica, secondo le modalità di cui all’art. 10 e sulla base degli elementi indicati nell’allegato D, se le caratteristiche del progetto richiedono lo svolgimento della procedura di valutazione d’impatto ambientale.” (enfasi grafica aggiunta).

Orbene, nell’allegato B del suddetto decreto, al punto 7, lett. b), erano menzionati anche i progetti infrastrutturali consistenti “progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ha.”.

Tanto premesso, non vi è dubbio alcuno che la variante in contestazione rientrasse nella previsione di cui al citato punto 7), interessando un’area ben superiore alla soglia dimensionale ivi fissata, avendo interessato una porzione di territorio comunale estesa per oltre 90 ettari. Sennonché il citato comma 6 del D.P.R. 12 aprile 1996 prescriveva, come sopra riferito, che, in relazione ai progetti elencati nell’allegato B, non ricadenti in aree naturali protette, l’autorità competente dovesse verificare, secondo le modalità di cui all’art. 10 e sulla base degli elementi indicati nell’allegato D, se le caratteristiche del progetto richiedessero lo svolgimento della procedura di valutazione d’impatto ambientale. Ebbene, non è controvertibile che la variante in esame non interessasse aree naturali protette come definite a norma dell’art. 2 della L. 6 dicembre 1991, n. 394 (parchi nazionali, parchi naturali regionali e riserve naturali nazionali e regionali) e, quindi, veniva in rilievo l’art. 91, comma 4, della citata L.R. n. 6/2001, secondo cui le procedure di verifica previste dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 si applicano alle proposte di modifica o ampliamento di progetti già autorizzati, o realizzati o in fase di realizzazione, che rientrano nell’elenco delle tipologie progettuali di cui agli allegati A e B del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 e successive modifiche.

Sul punto, possono dunque trarsi le seguenti conclusioni: in relazione alla variante in questione non era obbligatoria la VIA, ma soltanto, al più, la verifica di cui all’art. 10 del D.P.R. 12 aprile 1996; orbene, in disparte la circostanza che siffatto profilo nemmeno è stato dedotto in modo specifico dalle appellanti, vale comunque osservare che nemmeno si sarebbe potuta accogliere un’ipotetica doglianza in tal senso dal momento che certamente la proposta d’intervento avanzata dalla Scirumi, almeno all’epoca dei fatti, non rientrava nel novero di quelle volte alla modifica o all’ampliamento di progetti già autorizzati o realizzati o in fase di realizzazione.

13). – Con riferimento infine alla valutazione di incidenza, premesso che il dato offerto dal comune di Lentini (circa la distanza dei lotti A e B dal SIC e dalla ZPS) non è stato sostanzialmente contestato (se non genericamente con riferimento alla pretesa minore distanza della ZPS dal punto in cui un corso d’acqua si immette nel fiume Gornalunga), deve muoversi dal presupposto che le aree delle quali si controverte non ricadano entro il perimetro di alcun SIC o ZPS.

Onde risolvere il punto controverso occorre far riferimento al paradigma normativo rappresentato dall’art. 5 del D.P.R. n. 357/1997 e, segnatamente, per quanto rileva nel caso di specie, ai commi 1, 2, 3 e 8 di detto articolo i quali recitano: “1. Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione.

2. I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, secondo i contenuti di cui all’allegato G, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competenti.

3. I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell’allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi. (…)

8. L’autorità competente al rilascio dell’approvazione definitiva del piano o dell’intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi.” (enfasi grafica aggiunta).

Bisogna altresì considerare l’art. 6, parr. 3 e 4, della Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita nell’ordinamento nazionale dal ridetto decreto, secondo i quali: “3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.” (enfasi grafica aggiunta).

In forza dell’interpretazione sistematica della due fonti, rispettivamente interna e sovranazionale, sopra riportate si giunge alla conclusione che l’effettuazione di una preventiva valutazione di incidenza è indispensabile anche nelle ipotesi in cui l’autorità nazionale competente intenda approvare una variante di un piano urbanistico sebbene non direttamente connessa e necessaria alla gestione del sito, ma che possa comunque avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti.

All’evidenza i concetti critici, ai fini dell’applicazione della normativa sopra riferita, sono quelli di “piano”, di non diretta connessione e di possibilità di incidenza significativa.

Sull’esegesi applicativa di tali concetti si è espressa la Commissione europea nel documento intitolato “La gestione dei siti della Rete Natura 2000. Guida all´interpretazione dell´articolo 6 della direttiva «Habitat» 92/43/CEE”. Al riguardo la Commissione ha chiarito che:

- “La parola «piano» ha potenzialmente un significato molto ampio. ... Ovviamente è importante il concetto di piani di uso del territorio. Alcuni di essi hanno effetti legali diretti, altri invece soltanto indiretti. Ad esempio i piani territoriali regionali o aventi un’ampia estensione geografica spesso non sono applicati direttamente, bensì costituiscono la base per piani più dettagliati o fungono da quadro generale per consensi allo sviluppo con effetti legali diretti. Si può considerare che l’articolo 6, paragrafo 3 copra i due tipi di piani di uso del terreno nella misura in cui essi possono avere effetti significativi su un sito Natura 2000.”;

- “Le parole «non direttamente connesso e necessario (…)» garantiscono che una componente non legata alla conservazione di un piano o progetto che comprende la gestione di conservazione tra i suoi obiettivi, deve comunque essere oggetto di una valutazione. Possono esservi delle circostanze in cui un piano o progetto direttamente connesso o necessario per la gestione di un sito può influenzare un altro sito.”;

- “La determinazione del fatto che un piano o progetto può avere incidenze significative avrà conseguenze pratiche e sul piano del diritto. Di conseguenza, quando è proposto un piano o un progetto è importante tenere innanzi tutto conto di questo aspetto chiave ed in un secondo tempo esaminare se esso può superare un esame scientifico e tecnico. Le proposte che si ritiene non abbiano incidenze significative possono essere trattate senza riferimento alle tappe successive dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4. Si consiglia comunque agli Stati membri di giustificare i motivi che portano a tali conclusioni e di mantenere questa documentazione secondo una buona prassi di prudenza. … Il concetto di ciò che è «significativo» deve essere interpretato in modo obiettivo. Al tempo stesso, bisogna determinare la significatività in relazione alle particolarità ed alle condizioni ambientali del sito protetto cui si riferisce il piano o progetto, tenendo particolarmente conto degli obiettivi di conservazione del sito. … Le salvaguardie di cui all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, sono attivate non da una certezza, ma da una probabilità di incidenze significative. In linea con il principio di precauzione non si può quindi accettare che la valutazione non sia effettuata facendo valere che le incidenze significative non sono certe.

Anche in questo caso è utile fare riferimento alla direttiva 85/337/CEE, in quanto la formula «possa avere incidenze significative» è quasi identica alla formula di base usata per creare l’obbligo di valutazione da parte degli Stati membri ai sensi della direttiva precedente. La direttiva 85/337/CEE e la direttiva 97/11/CE che la modifica sono anche utili per determinare vari fattori che possono contribuire alla probabilità di un’incidenza significativa. Ne consegue che, se una proposta comporta la necessità di una valutazione ai sensi della direttiva 85/337/CEE in base al fatto, inter alia, che essa possa incidere in modo significativo su un sito Natura 2000, essa dovrà anche essere oggetto di una valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3. … La probabilità di incidenze significative può derivare non soltanto da piani o progetti situati all’interno di un sito protetto, ma anche da piani o progetti situati al di fuori di un sito protetto.”.

Dagli indirizzi ermeneutici offerti dalla Commissione europea, dei quali questo Consiglio deve tener conto, si perviene alle seguenti conclusioni:

- la valutazione di incidenza deve essere svolta anche con riferimento a piani urbanistici (e le loro varianti) a contenuto generale e non solo a quelli attuativi di singoli interventi;

- la valutazione di incidenza riguarda anche piani, come sopra individuati, posti all’esterno di un sito della Rete Natura 2000;

- la valutazione deve essere effettuata ogniqualvolta vi sia la probabilità di un’incidenza significativa e può essere omessa soltanto quando vi sia la certezza di un’assenza di incidenze;

- le amministrazioni nazionali devono comunque motivare sul punto dell’assenza di incidenze;

- la verifica preliminare delle probabilità di incidenze va valutata alla stregua di quanto disposto dalla direttiva 85/337/CEE e dalla direttiva 97/11/CE, che ha modificato la prima; soggiunge al riguardo la Guida: “La direttiva 85/337/CEE menziona in particolare all’articolo 2, paragrafo 1, fattori quali la natura, le dimensioni e l’ubicazione del progetto. La direttiva modificata 97/11/CE, presenta nell’allegato III una serie più dettagliata di fattori tra cui, inter alia: dimensioni del progetto; produzione di rifiuti; inquinamento e disturbi ambientali; rischio di incidenti; utilizzazione attuale del territorio; ricchezza relativa, qualità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona; capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle zone naturali ed alle zone classificate o protette in base alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE; portata dell’impatto; ordine di grandezza e complessità dell’impatto; probabilità dell’impatto; durata, frequenza e reversibilità dell’impatto.”).

In effetti l’allegato III della direttiva 97/11/CE prende in considerazione i seguenti aspetti: “1. Caratteristiche dei progetti

Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:

- delle dimensioni del progetto,

- del cumulo con altri progetti,

- dell’utilizzazione di risorse naturali,

- della produzione di rifiuti,

- dell’inquinamento e disturbi ambientali,

- del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate.

2. Localizzazione dei progetti

Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

- dell’utilizzazione attuale del territorio;

- della ricchezza relativa, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona;

- della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:

a) zone umide;

b) zone costiere;

c) zone montuose o forestali;

d) riserve e parchi naturali;

e) zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri; zone protette speciali designate dagli Stati membri in base alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;

f) zone nelle quali gli standard di qualità ambientale fissati dalla legislazione comunitaria sono già stati superati;

g) zone a forte densità demografica;

h) zone di importanza storica, culturale o archeologica.

3. Caratteristiche dell’impatto potenziale

Gli effetti potenzialmente significativi dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e tenendo conto, in particolare:

- della portata dell’impatto (area geografica e densità della popolazione interessata);

- della natura transfrontaliera dell’impatto;

- dell’ordine di grandezza e della complessità dell’impatto;

- della probabilità dell’impatto;

- della durata, frequenza e reversibilità dell’impatto.”.

14) Il precedente excursus, una volta calati i superiori principi al caso di specie, conduce il Collegio a ritenere che:

- la considerazione della mera distanza (6,6 km.) dell’area oggetto dell’intervento dai limitrofi siti della Rete Natura 2000 non fosse un elemento di per sé sufficiente ad escludere la probabilità di qualunque incidenza significativa dell’intervento pianificato sui predetti siti;

- conforta la precedente conclusione la considerazione di alcuni aspetti dell’intervento proposto dalla Scirumi quali: la dimensione rilevante in termini di estensione superficiale dell’area interessata, la presumibile consistenza elevata della produzione di rifiuti derivante dall’insediamento, il carico ambientale del progetto anche in relazione alla vicinanza a zone sottoposte a protezione archeologica ed ambientale (a prescindere dalla vicinanza ai siti in discorso) e, infine, alla possibile entità dell’impatto potenziale.

Da quanto appena considerato discende che le amministrazioni, prima di pervenire all’approvazione della variante, avrebbero dovuto esperire le verifiche imposte dalla richiamata normativa, effettuando la valutazione di incidenza o, acclarando con certezza, l’assenza di incidenze significative alla stregua dei criteri sopra indicati.

Non è possibile trarre argomenti contrari dalla circostanza rappresentata dall’esistenza di una valutazione di incidenza negativa, effettuata in epoca successiva dal comune di Lentini, in relazione a una differente zona del territorio comunale, atteso che – come chiarito anche dalla Commissione europea – la valutazione di incidenza deve esser fatta, caso per caso, in relazione alle caratteristiche della specifica area interessata dagli interventi.

Le precedenti conclusioni sono d’altronde essenzialmente coerenti con quanto segnalato dal Servizio 2 dell’Arta con la succitata nota del 5 novembre 2007, prot. n. 78652, non potendosi condividere quest’ultima soltanto con riferimento all’ipotizzata possibilità di sanare il vizio dell’approvazione attraverso l’effettuazione della valutazione di incidenza esclusivamente sui futuri ed eventuali piani attuativi della variante, giacché una considerazione del genere si pone in diretto contrasto con la disciplina eurounitaria sopra riferita.

15) Non inficia i precedenti rilievi l’argomento, sempre ribadito dalla Scirumi nelle sue difese, secondo cui l’art. 5 del D.P.R. n. 357/1997 non si applicherebbe alla fattispecie trattandosi di una variante relativa a una porzione di territorio che ricada direttamente nelle aree S.I.C. o Z.P.S. e comunque non costituendo (ancora) un intervento suscettibile di valutazione, ancorché non direttamente connesso, perché in grado di determinare incidenze significative sui predetti siti.

La tesi patrocinata dalla Scirumi, testé riferita, poggia su un gioco retorico, certamente suggestivo, ma non condivisibile. Difatti, come sopra già chiarito, l’art. 5 del D.P.R. n. 357/1997 va interpretato con un orientamento eurounitario e, quindi, in pratica, ciò significa che l’art. 5 sunnominato deve essere interpretato in modo che il precetto da esso ricavabile si presenti coerente con il dettato dell’art. 6, par. 3, della Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita nell’ordinamento nazionale dal ridetto decreto.

Orbene, il predetto par. 3 dell’art. 6 della Direttiva - con riferimento alle ipotesi di non diretta connessione e però di possibile incidenza significativa - non reca affatto la distinzione terminologica, su cui tanto ha insistito la Scirumi, tra “piano” e “intervento”, ma usa soltanto la locuzione “piani o progetto” nella quale certamente rientra anche la variante al centro del contendere (e, dunque, per scongiurare ogni incompatibilità tra la disciplina interna e quella sovranazionale si deve concludere nel senso che nel generico concetto nazionale di “intervento” siano da ricondursi anche i piani).

16) Nei sensi circoscritti sopra precisati, dunque, la censura è fondata e conduce all’accoglimento degli appelli principali e, con essi, dei ricorsi proposti in primo grado, così che il comune di Lentini e l’amministrazione regionale (quest’ultima rimasta competente alla valutazione di incidenza dei piani anche a norma dell’art. 1, comma 2, della L.R. n. 13/2007) dovranno rinnovare il procedimento integrando l’istruttoria compiuta limitatamente alla valutazione di incidenza o, quanto meno, nei limiti di un accertamento che conduca motivatamente a ritenere, in termini di certezza, l’assenza di incidenze significative, ipotizzando – per esigenze di prudenza (in linea con il principio di precauzione) – il futuro pieno sfruttamento dell’area in questione ai fini insediativi.

17). – Alla stregua di tutto quanto sopra osservato e considerato, il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione, ivi incluso il profilo relativo alla scala delle cartografie utilizzate dalle amministrazioni resistenti (v. comunque, al riguardo, la nota del Dipartimento urbanistico dell’Arta, prot. n. 582, del 18 marzo 2013).

18). – In ragione della reciproca e parziale soccombenza delle parti e della complessità delle questioni trattate, si ravvisano giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti indicati in epigrafe:

- dichiara gli appelli principali in parte inammissibili nei termini e nei sensi indicati in motivazione;

- rigetta in parte gli appelli principali;

- e, nel resto, accoglie gli appelli principali nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, accoglie i ricorsi di primo grado e annulla gli atti gravati in prime cure, fatti salvi e riservati i futuri provvedimenti delle amministrazioni interessate;

- respinge, nel resto, gli appelli incidentali.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Maria De Lipsis, Presidente Antonino Anastasi, Consigliere Gabriele Carlotti, Consigliere, Estensore Pietro Ciani, Consigliere Giuseppe Mineo, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 15/01/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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