Ripartire dalla rabbia


Vent’anni di rabbia : Come il risentimento ha preso il posto della politica / Carlo Invernizzi-Accetti. - Milano : Mondadori Libri, 2024. - 156 p. - ISBN 978-88-04-76488-5.


di Massimo Stefano Russo pubblicato il 8 agosto 2024

Carlo Invernizzi-Accetti, professore ordinario di Scienze politiche presso il City College di New York CUNY ha appena pubblicato Vent’anni di rabbia edito dalla casa editrice Mondadori, sottotitolato come il risentimento ha preso il posto della politica. Un libro importante, “provocatorio e provocante”, da leggere e dibattere, a cui va riconosciuto il merito di aiutarci a capire le molteplici contraddizioni che agitano la politica contemporanea.

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Copertina di Vent’anni di rabbia, di Carlo Invernizzi-Accetti

Invernizzi-Accetti focalizza l’attenzione sulla rabbia che colloca al centro della sua riflessione per sottolineare come questa passione ricada negativamente sulla politica e ne condizioni l’agire. Guardare la politica e soprattutto quella degli ultimi anni attraverso la lente della rabbia fornisce una chiave di lettura analitica ed esplicativa in più. Nell’evitare luoghi comuni e senza sottrarsi a domande scomode o cercare risposte accomodanti Invernizi-Accetti, con rigore argomentativo e analitico, si pone l’obiettivo di stimolare un dibattito capace di recuperare l’agire politico e il suo valore.

Nel tracciare la fisionomia della rabbia, passione poco studiata nell’ambito politico, ne indica le cause che storicamente l’hanno caratterizzata, attento a come il deflagrare della rabbia soprattutto negli ultimi anni abbia modificato, senza precedenti e in modo profondo, il dibattito pubblico e l’agire politico. Guarda a come la rabbia, di fronte al degrado della politica finisca con l’esprimere una protesta di stampo demagogico, populista ma anche di stampo tecnocratico. Proprio la rabbia ha creato un terreno fertile per il dilagare del populismo e nel suo proliferare arriva a diffondere una sensazione di impotenza che si traduce nella retorica antipolitica di condanna in forma indifferenziata del sistema intero.

Quali forme assume la rabbia nell’esperienza storico-politica? L’impatto della rabbia sulla politica ne esaurisce la spinta propulsiva, incapaci - per l’innata fragilità su cui si basa - di offrire una solida elaborazione progettuale. Nell’interpretare la rabbia e il suo manifestarsi, che avviene sempre nel segno di una visione conflittuale alterata, la si mette in relazione con la nascita di nuove formazioni politiche con la pretesa di esprimere un processo di ristrutturazione dell’identità. La rabbia esprime una debolezza culturale che risulta del tutto inadeguata ad arginare la deriva della politica, delegittimandola.

La vulgata dominante finalizza la rabbia a condizionare il dominio della politica, senza tenere conto che proprio la rabbia quale espressione di conflitti manipolati ne impedisce di fatto l’analisi e la discussione, nell’indurre a strumentalizzare, occultare e infine rimuovere l’essenza della realtà. Nel ritrovarsi incapaci di affrontare la crisi istituzionale si manifesta la propria rabbia e si finisce per accreditare una visione confusa e contraddittoria del divenire. Da spettatori passivi si passa ad attori protagonisti in un inarrestabile smottamento culturale che comporta un progressivo smarrimento.

Cosa possiamo imparare dalla rabbia e quali contributi ci può dare e da essa possono venire? La rabbia, con l’eccitazione che cresce, muove sempre contro qualcosa, nello scuotere e porre delle domande evoca concrete esperienze, associate anche a rappresentazioni mitiche. Nel contribuire a una lettura critica dei processi in atto la rabbia va vista anche come un modo per conseguire degli scopi: chi si arrabbia sostiene sempre di avere delle buone intenzioni e “pensa di aver fatto bene a montare in collera”. Vuole affermare la propria autorità e sottolineare anche l’avere autonomia e dipendenza così da “salvaguardare la propria faccia” e rafforzare l’immagine pubblica. Ci si arrabbia anche per avere dei vantaggi e far cessare le situazioni sgradite.

Invernizi-Accetti rileva come la rabbia permetta di aprire nuovi versanti di conoscenza politica e capire fenomenologie che ancora ci sfuggono, in relazione ai meccanismi che si celano dietro il populismo e l’affermarsi tecnocratico. Nel vedere, considerare, studiare e raccontarle la rabbia dobbiamo prendere coscienza delle profonde trasformazioni che va producendo nella politica.

La rabbia tradotta in effimera mobilitazione delle minoranze, nel manifestarsi puramente reattiva mette in fuga la maggioranza che depressa rimane silenziosa. Da un lato porta a scendere in piazza e dall’altro in forma di depressione, tra l’indifferenza generale, comporta la volontà di astenersi dal voto. La società e ancor più la politica nel generare rabbia ristrutturano Il conflitto, sempre più “secolarizzato” che fatica a riconoscere e dare il giusto peso all’avversario, nel lottare contro la parte avversa. L’individuo rischia di diventare vittima della rabbia e della sua dissonanza cognitiva. Lo sforzo deve andare oltre il ricostruire le relazioni, in grado di mediare differenze e diversità, recuperando il valore del riconoscimento sociale e tenendo conto della natura simbolica in relazione alla percezione che si articola nelle interazioni tra il sé e il noi.

Molta della rabbia che si ritrova nella politica contemporanea si esprime in modo del tutto inconsapevole: rivive in essa e ne traccia i gesti e i silenzi. In politica il lasciarsi trasportare dalla rabbia che si avverte, si prova e si sente nel rincorrere gli eventi che cristallizzano l’agire politico può diventare fatale per le sorti della democrazia.


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