Anche per me, di Rossana Rossanda
Rossana Rossanda, Anche per me. Donna, persona,
memoria dal 1973 al 1986, Saggi Feltrinelli, 1986
Un libro da rileggere, per ripensare il passato in maniera critica e per costruire,
oggi, un nuovo dialogo fra l'arcipelago del femminismo e quello della sinistra
[vedi anche la Storia del femminismo attraverso alcuni
libri pubblicato sul n° 2 di Sherazade]. Diversi i temi per cui lo segnaliamo,
di cui le citazioni qui di seguito rappresentano solo una piccola parte. Rossana
Rossanda individua alcuni limiti del separatismo, che fu la scelta che i collettivi
femministi fecero agli inizi degli anni settanta. E in questi limiti prefigura
anche degli scenari che poi si sono puntualmente verificati, nonché alcune critiche
che la sinistra ancora rivolge al femminismo:
"Da tempo [l'articolo è della seconda metà degli anni Settanta] questo compattarsi
e rinchiudersi per vincere non mi interessa, è consunto nell'esperienza di questo
secolo, nella quale abbiamo appreso che i mezzi usati per vincere trascolorano
sulle vittorie. Non vorrei affidarmi, né che qualcuno mi affidasse, persuasa
come sono che a nulla è più incline la donna che a una dipendenza e nulla le
è meno congeniale che camminare sulle proprie gambe. Resto quella che non pensa
possibile nessuna liberazione senza rapporti uguali, senza l'attraversamento
del territorio "avverso". E' finita con la presa dei palazzi d'inverno, le donne
lo scoprono tardi - e rischiano di abitare gli stessi palazzi, in ali separate,
con gli stessi rituali e rapporti da subalterni a capi […] vorrei che tutto
l'elaborato femminile precipitasse sul mondo e lo sconvolgesse; e che in questo
sconvolgimento ridefinissimo la sessualità, e il suo limite. ." p.26
"La fatica è che con l'andare del tempo il terreno da capire e scomporre per
la libertà diventa più grande, e gli strumenti più logori, e la percezione del
ritardo più ossessiva. Ma a questa sfida non saprei rinunciare: alle donne rimprovero
di ridurla. Qualche loro iterazione mi annoia. Chi ha preteso di cambiare le
regole del gioco non si contenterà di giocarlo, come donna, con più assi nella
manica"p.28
Rossanda comprende le ragioni del separatismo ma ne individua i rischi: "Ed
è che l'uomo sa già, insegna; la donna ascolta. L'uomo le idee giuste le impone,
e così, - mi dicono - già diventano meno giuste; le donne vorrebbero farle nascere".
E scelgono il movimento, fuori. "Quale movimento chiedo? […] Questo movimento
non lo vedo ; vedo che ci separiamo di fronte a un quadro politico peggio che
ambiguo, e a un'offensiva che ci fa ripiegare. Non state "mollando" davanti
a un'offensiva che ci disgrega? Rifiutano: no, il movimento c'è, sbagliate voi
a credere che sia finito con le grandi manifestazioni di piazza e il piccolo
gruppo: ora si sta raccogliendo e trovando una dimensione sua, la sua politica
nei tempi lunghi del dopo 20 giugno. Dateci fiducia, un giorno forse ci rincontreremo.[
…] Ma rischiamo di rivederci, le femministe ridotte come negli altri paesi a
sussulti di coscienza separati dal movimento di classe: e non era obbligatorio
perché in Italia c'erano - ci sono - condizioni senza precedenti (nella qualità
delle lotte, nella trasformazione dei valori, nella crisi totale della società)
per crescere assieme" ( La femminista se ne va, novembre 1976).
"Non va in pezzi, con questa intuizione del femminismo ["il lungo divorzio col
corpo che esse rifiutavano, la riscoperta che siamo stati incalzati e frantumati
fin nella materialità della persona. Se mai, le femministe non vedono che il
maschio, apparentemente trionfante, ne è ugualmente vittima] l'antica morale
giudeo-cristiana, che è la struttura portante della società inuguale? Il comunismo
non parla anche con questa, per noi così insolita voce? Non è per questo che
il femminismo è la protesta più estrema, la meno incline a rassegnarsi ai tempi
e ai modi: quella che è andata nel più oscuro, opaco, lontano? […] Non possiamo
perdere questa loro politicità senza perdere un messaggio importante. Né esse
possono perdere noi, senza rischio di andare in nome di un'assolutezza di bisogni
fuori dai bisogni; in nome di un mondo nuovo a metà di esso; in nome di metà
di esso, a perdere una per una le donne che la società imbriglia in tutte le
sue mediazioni. Se su questo duplice pericolo possiamo interderci, forse una
strada per incontrarci, non domani ma oggi, c'è ancora" pp.40-43.( La femminista
se ne va, novembre 1976)
Finita la stagione del coinvolgimento di massa del movimento femminista, la
questione della politica e del potere viene affrontata, secondo Rossanda, con
un nuovo "tirarsi fuori", che , malgrado la nuova consapevolezza politica che
grazie al femminismo le donne hanno maturato, assomiglia dolorosamente ad un
atteggiamento non nuovo nella storia delle donne:
"C'è un paradosso nel discorso che le mie amiche femministe fanno sul potere:
sono convintissime che esso è il nemico, ma non un così grande nemico, giacché
sarebbe padrone di un terreno dal quale ci si può tirare fuori . Non dunque
così terribile: come quella guerra, appunto, che la derisione delle "estranee"
potrebbe in futuro impedire"p.53 Noi siamo "tentate da quel margine di estraneità
che è stato regalato alla nostra oppressione; la grande illusione di non essere
"nella" storia, e quindi di poter rimandare di intervenirvi, perché o è troppo
presto o è troppo tardi o il terreno è un altro. Questa chimera è propria soltanto
dell'oppressione femminile, e non a caso: nel rapporto di soggezione dall'uomo
è infatti anche in atto un tacito patteggiamento, di cui fa parte il "non ti/mi
riguarda". Esso comporta qualche comodità. Dalla quale occorre liberarsi come
dal laccio più pericoloso. Perché una cosa è certa: che per cambiare idee e
cose e poteri occorre esservi vitalmente costretti. Non è un part time job.
Non si fa nell'altra metà della propria vita." p. 54 ( La "società delle estranee",
aprile 1979)
"E' l'organicità del sistema dei rapporti sociali - tanto più connesso
quanto più siamo nei punti alti - che taglia in radice la possibilità di restare
"estranee".[…] "Per la società delle estranee le iscrizioni sono chiuse, io
credo, dal 1914. Alle donne bisogna dirlo. Devono, anche se non ne hanno voglia,
spellarsi le mani e demolirsi il cervello rispondendo anche loro a tutte, ma
proprio a tutte le domande. Non c'è più un orto concluso dove rifugiarsi: su
di esso passa ormai ogni mezz'ora, alto in cielo, qualche satellite in grado
di fotografare e versare agli atti la marca della camicetta che portano" p.
54 ( La "società delle estranee", aprile 1979)
Recensendo il libro "Care compagne", curato da Laura Lilli e Chiara Valentini,
1979 Editori Riuniti, che raccoglie interviste alle donne del PCI svolte nel
1978, Rossanda affronta il tema del rapporto fra le donne e il PCI e quello
della doppia militanza:
"Le cinquanta donne e ragazze, per lo più tra i venti e i trent'anni, […] sono
quasi tutte iscritte al PCI, e tutte praticano, con maggiore o minore entusiasmo,
come arricchimento o come contraddizione, la doppia militanza: femministe e
comuniste."p.55 (Femministe e PCI, strano rapporto, settembre 1979)
"La maggior parte delle compagne che si raccontano, e tutte quelle che hanno
una funzione di "quadro" di partito (un po' meno nell'UDI) vengono dal 1968
e si iscrivono al partito comunista fra il 1973 e, anno decisivo, il 1975. Alcune
vivono il movimento del '77 e si iscrivono nel 1978[…] hanno sperimentato, in
forme più o meno impegnate, la nuova sinistra e l'hanno in tempi diversi lasciata
con la scoperta del femminismo."p.56 ( Femministe e PCI, strano rapporto, settembre
1979)
"si entra ormai nel PCI - se posso permettermi - come si prende un treno, per
accorciare la strada fra se stessi e le masse. Perché è lo strumento più grosso
di socializzazione. Perché è la superistituzione: istituzioni sono tutte, i
difetti sono analoghi, questa ha almeno una forte carica di rassicurazione -
qualcosa può fare, puoi fare qualcosa tramite suo.[…] Paradossalmente è quel
che di meno femminile che c'è nel partito a rappresentare una sorta di cintura
di sicurezza."p. 56 (Femministe e PCI, strano rapporto, settembre 1979)
Autore |
Marta Di Stefano
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Titolo |
Anche per me, di Rossana Rossanda
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Data stesura |
gennaio 2000
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Data aggiornamento |
gennaio 2000
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