Il progetto Orlando
Navigando in rete, piu' o meno a zonzo come
passeggiando senza meta e senza sole per la città, mi è venuto in mente di cercare
informazioni sul femminismo degli anni '70 in Italia. Speravo di trovare facile
accesso in rete a testi o abstract di opere piu' complete. Purtroppo non sono
stata molto fortunata o forse non ho avuto abbastanza pazienza con i siti italiani.
A causa di questa mia "mancata esperienza" ho pensato che fornire informazioni
su siti internet di specifico interesse potesse aiutare chi magari non ha il
tempo di navigare senza meta e ha invece l'esigenza di concretizzare quanto
piu' in fretta possibile la propria ricerca. In questo numero segnaliamo "Il
Progetto Orlando" dell'Università di Alberta in Canada il cui titolo per esteso
e': "Una storia integrata della scrittura femminile nelle isole britanniche",
trovato appunto per caso su un motore di ricerca americano. Il sito si presenta
ben articolato, specifico nelle informazioni e ricco di spiegazioni circa gli
scopi perseguiti da tutti coloro che vi partecipano e le metodologie attraverso
cui intendono raggiungere gli obiettivi, assieme ad ampi chiarimenti circa gli
strumenti utilizzati e le loro potenzialità in termini di accessibilità dei
dati da loro raccolti. Il "Progetto Orlando" si pone come obiettivo di scrivere
la prima opera di storia della letteratura femminile di lingua inglese e di
realizzarla attraverso due modalità. Da un lato la produzione tradizionale dei
libri, saranno cinque volumi in tutto. I primi quattro saranno scritti ciascuno
da un singolo autore e saranno divisi come segue:
- dagli inizi al 1830
- 1820 al 1890
- 1880 al 1945
- 1939 ai giorni nostri
Il quinto volume avra' un'impostazione squisitamente cronologica. Il secondo
format scelto e' quello elettronico, ovvero, una produzione in CD-Rom e/o Internet
per consentire una ricerca più specifica e veloce possibile, accessibile a quanti
possono essere interessati.
Da dove viene il nome del progetto, ovvero Orlando? Le ricercatrici si sono
rifatte all'opera omonima di Virgina Woolf Orlando (1928), in quanto Woolf proprio
in questo romanzo traccia il percorso e l'evoluzione della scrittura femminile
anche come indagine storica del dove essa si sviluppa e cresce, il tutto attraverso
l'espediente letterario della biografia inventata. Orlando, il protagonista
del romanzo di Woolf inizia a scrivere dapprima come un giovane elisabettiano
per raggiungere la maturita' artistica ai tempi della Woolf. L'opera che Orlando,
tenta di scrivere attraverso i secoli e' una poesia dal titolo La Quercia. All'inizio
del romanzo, in età elisabettiana, Orlando è un uomo che diventerà, nel diciottesimo
secolo, alimentando uno scandalo notevole, una donna. Il diciottesimo secolo
e' il periodo in cui, afferma Woolf, la donna che scrive entra negli annali
della lettaratura. In altri termini viene riconosciuta come scrittrice. Nel
corso di questa storia moderna Orlando assume il ruolo di rappresentante dello
scrittore donna e la Quercia rappresenta il testo collettivo. Ma perché proprio
Orlando? Le ricercatrici spiegano di aver assunto la specularita' storica di
Virginia Woolf, da un lato per la doppia focalita' dell'opera sulla scrittura
femminile e la storia; e dall'altro per gli assunti femministi di questo romanzo
e la sua grande sensibilità nel registrare la complessità ed i repentini cambiamenti
delle condizioni in cui le donne si sono sempre trovate a scrivere. Queste studiose
si prefiggono di analizzare ed indagare la storia letteraria attraverso l'interazione
dei cosiddetti elementi di formazione culturale, siano essi sociali, storici
e di cultura relativa alla scrittura di donne come individui o come gruppi.
Esse hanno optato per una visione cronologica ma allo stesso tempo profonda
e capace di dare il senso della sovrapposizione della storia, della mancanza
di ordine e scansione netta nella storia; una sorta di disordinata molteplicita'
del momento storico assieme all'analisi di più vasti cambiamenti temporali che
fanno la differenza. La complessità della relazione tra le donne e la scrittura
richiede una molteplicità di narrazione con altrettanti diversi punti focali
cosi' come si espandono i rami della Quercia in Orlando.
Il sito inoltre offre informazioni circa varie iniziative collegate; si puo'
visionare il programma dettagliato dei lavori e tavole rotonde per i dibattiti
completo di date, orari ed i nomi dei partecipanti della prima conferenza che
si e' tenuta dall'11 al 13 settembre 1997 ed il cui titolo e': "Donne e storia
letteraria". La prossima e' prevista per il maggio 2000. Oltre al programma
il sito propone anche l'intero discorso di apertura di Ludmilla Jordanova, ricercatrice
femminista, dal titolo: Il carisma femminile di Diana - Prospettive storico-culturali
-. Jordanova prende spunto dalla morte della principessa del Galles, Diana,
avvenuta qualche giorno prima della conferenza; quindi prendendo spunto da un
evento recente e, cosa ancor più interessante, da un percorso di vita contemporanea,
si pone e pone delle questioni, ancora aperte, sull'essere donna e sul ruolo
socio-politico-culturale-economico della donna nella società occidentale di
oggi. La Jordanova, come ho già accennato, non da' nessuna risposta piuttosto
tenta di aprire dei varchi attorno a questioni che di fatto non sono state ancora
risolte, nonostante i passi avanti compiuti nel tempo. Ludmilla Jordanova mette
in evidenza, a proposito di Diana e della sua morte, come la reazione del pubblico
sia stata per lo più di tipo emotivo. La gente comune, cosi' come si identificava
con Diana in vita, con le sue sofferenze di madre e moglie tradita, ancora una
volta, nella sua morte si e' identificata nel personaggio della bella principessa
sensibile e maltrattata, dal marito e dalla famiglia reale. E ancora una volta,
nota Jordanova, i media ripercorrono l'aspetto patetico della vicenda, ergendo
Diana ad icona dei soliti valori tradizionali e stereotipati per cui di Diana
viene enfatizzata la sua dedizione materna, ed il suo impegno filantropico.
L'impegno filantropico della principessa del Galles tanto pubblicizzato dai
media come capacita' esclusivamente femminile di prendersi cura degli altri
con abnegazione viene ricondotto a tutta una serie di iconografia femminile.
La donna come depositaria dei sentimenti del mondo, come colei che appunto perché
donna si e' assunta il compito sociale di assimilare e metabolizzare i sentimenti,
le emozioni e le sensazioni del mondo; liberando cosi' gli uomini da questi
oneri interiori per poter essere in grado di affrontare questioni più pressanti
per la societa', la sua gestione socio-politico-economica. Quindi da una parte
la donna che sbroglia la matassa dei sentimenti e dall'altra l'uomo dedito all'azione,
alle cose più concrete e tangibili della vita. Ecco, al di la' di tutte le questioni
poste dalla Jordanova in seguito alla triste vicenda di Diana Spenser Windsor,
che sono quelle del carisma femminile e della bellezza femminili legati ai ruoli
reiterati dalla tradizione come ruoli femminili tout court e come armi a doppio
taglio; a noi induce alla riflessione anche l'aspetto appena accennato nel discorso
di apertura di Jordanova, ovvero quello relativo alla gestione dei sentimenti
da parte della donna e la persistente volonta' da parte maschile di delegare
alle donne e quindi, sostanzialmente di rifiutarsi di fare i conti con questa
sfera della propria esistenza e del proprio io in prima persona.
Cito testualmente: (…) Empathy involves more than feeling with anotehr, it involves
putting a bit of oneself inside another. It is not that men are thought devoid
of empathy, only that, again across long periods of time and in varied contexts,
women are believed to have special capacities to do this, especially in relation
to children, to the sick and to the dying. And they do it partly, if not largely,
on behalf of men and in the name of creating imaginative collectives. In this
way, empathy links individuals and communities; the sense of community derives
from emtional surges rather than from quotidian experience. And this empathy
is naturalised,it is deemed somehow inherent in women. (…) Historians of women
have often been keen to stress the differences between ideology and representation
on the one hand and 'real' woman on the other. The point is that continual affirmation
of women's capacity for empathy, especially as mothers or surrogate mothers
(i.e. ideology and representation), shapes 'real' women's sense of themselves,
and enjoys a kind of cultural preeminence akin to coercion. So, although these
gender divisions are not seamless or cut and dried, men and women have indeed
acted them out, scholars among them. Such divisions function because they have
genuine appeal; empathy appeals to women because it offers a kind of cultural
power that is special to them and which they can hold by a sort of traditional
right. (…) (par. 11, p. 4)
"L'empatia è più del sentire con gli altri, è mettere qualcosa di sé negli
altri. Non è che si pensi che gli uomini siano privi di empatia, solo che da
tempi immemorabili ed in contesti diversi si è creduta la donna come naturale
depositaria della cura degli altri, soprattutto bambini, malati e moribondi.
Esse lo fanno in parte anche per esonerare gli uomini e la collettività. In
tal modo l'empatia lega gli individui e le comunità poiché il senso di comunità
deriva da spinte emotive e non dall'esperienza quotidiana. Questa virtù è stata
sempre vista come inerente alla sfera femminile. Storici di genere hanno spesso
mostrato interesse nell'evidenziare le differenze tra l'ideologia relativa alla
donna e la rappresentazione che di essa se ne da, da un lato, e le 'vere' donne,
dall'altro. Il punto è che la continua enfasi posta sulle virtù empatiche delle
donne, specie come madri o surrogati (ideologia e rappresentazione), concorre
a plasmare il modo in cui le donne vivono se stesse e la loro essenza femminile
e finisce per essere coercizione culturale. Sebbene queste divisioni di genere
non sono poi così nette e precise, sia gli uomini che le donne le hanno messe
in pratica, e con loro anche gli studiosi. Tali divisioni funzionano in quanto
esercitano un certo fascino, di fatto l'empatia offre alla donna la possibilità
di gestire una sorta di potere culturale speciale per lei e al quale si aggrappa
ormai come a un diritto acquisito. (…)"
Ludimilla Jordanova pone una base di discussione interessante per lo sviluppo
della conferenza. A mio avviso oggi ancor piu' di ieri questi interrogativi
dovrebbero indurre tutti a riflettere. La studiosa si chiede come mai ancora
oggi, alle soglie del terzo millennio, le donne vengono elogiate per una abnegazione
che negli uomini verrebbe considerata come un'eccessiva e passiva debolezza;
e infine perche' le donne vengono biasimate per le ambizioni che negli uomini
vengono considerate come qualita' dinamiche, costruttive e energiche? Questi
due atteggiamenti contraddittori non sono solo espressione di un modo diverso
di rapportarsi all'emotivita' e all'interiorita' a seconda del genere cui si
appartiene, ma sono anche espressione di un diktat dell'immaginario collettivo
il quale dell'uomo che mostra il suo sentire pubblicamente si mette in evidenza
la sua caduta di stile. Penso adesso a Hakkinen, il pilota di formula uno che
a Monza, due settimane fa non potendo piu' controllarsi si lascia andare ad
un pianto di rabbia impotente, tentando di nascondersi dietro i cespugli, mentre
le telecamere lo inseguono per non perdersi nemmeno una lacrima. Le donne che
invece mostrano i propri sentimenti in pubblico, a volte senza pudore, sono
comunque definite sensibili.
sito internet:www.ualberta.ca/ORLANDO/high-g/o-ACUT97.htm
Autore |
Lucia Capuana
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Titolo |
Il progetto Orlando
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Data stesura |
dicembre 1999
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Data aggiornamento |
dicembre 1999
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