La maestrina di Edmondo De Amicis
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La maestrina degli operai offre un campionario
molto vario di maestre e maestri, consentendo anche una
essenziale ricostruzione storica.Le sue osservazione sono
felici e dettagliate, anche se a volte rischiano di cadere
nello stereotipo, ma anche lo stereotipo può avere una sua
utilità ai fini della ricostruzione dell'immaginario collettivo.
Siamo a Torino, più esattamente nei sobborghi operai. Uno
dei luoghi in cui, provenendo da realtà spesso diversissime,
anche se della stessa regione, venivano a trovarsi, in uno
stretto rapporto tra vita e lavoro, molte giovani maestre:
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"Una delle più belle scuole suburbane di Torino, che son
tutte nuove e di bell'aspetto, è quella del piccolo sobborgo
di Sant'Antonio, posto un miglio fuori di porta e abitato
in gran parte da contadini e da operai di due grandi fabbriche
di ferramenti e di acido solforico, che lo riempion di rumore
e lo copron di fumo. Il sobborgo è formato da una sola strada
diritta, fiancheggiata di piccole case e d'orticelli, dalla
quale si spicca un largo viale, che corre nella campagna
aperta: in fondo a questo v'è la chiesa, solitaria, e dall'un
dei lati, sul confine d'un campo, la scuola. Agli insegnanti
appartengono cinque orti minuscoli, chiusi nel muro di cinta
del cortile, e coltivati dal bidello, che tien per sé i
legumi e dà al primo piano le fragole e i fiori."
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La maestra Varetti, la protagonista del racconto,vive
il nuovo incarico nelle scuole serali frequentate dagli
operai come un incubo "Figliuola d'un maggiore di fanteria,
di famiglia nobile, morto nella battaglia di Custoza, vissuta
fino a diciott'anni in un collegio severo di provincia,
timida e gentile di natura, aveva avuto fin da bambina una
specie di terrore fantastico della plebe"(p. 162) "Sui ventiquattro
anni, benché alta di statura, ne dimostrava diciotto; era
esile, aveva un corpo gentile di fanciulla adolescente,
il viso d'una bianchezza lattea e d'una minutezza di lineamenti
da bambina, e una piccola bocca scolorita, da cui usciva
una voce debole e dolce di malata. Che autorevolezza avrebbe
potuto avere?"(p. 172) La maestra Varetti inizia quindi
le lezioni alla scuola serale col terrore di un giovane
che si è iscritto con la precisa intenzione di insidiarla.
E' piena di paure, incapace di tenere testa a una classe
formata da uomini dai dieci ai cinquantanni, ma prevale
in lei sempre il senso del dovere. Non la sfiora mai, però,
neanche quando la corte del giovane si trasforma in amore,
in un amore che lo porta al rischio di risse e di drammi
più grandi di lei, a ricambiare questo amore. E del resto,
anche De Amicis, alla fine, risolve la storia facendo morire
il giovane a seguito di una rissa nata dalla sua arroganza,
finalizzata questa volta alla protezione della maestra.
L'unica concessione è un bacio dopo il quale il giovane
"spirò".
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Altri tipi di maestre e maestri sono presenti nel racconto,
ma tutti sono accomunati da una sostanziale incompresnione
della realtà in cui si muovono, quella della scuola oltre
che quella degli operai, e tutti in qualche modo come un
corpo estraneo in un ambiente che generava paura. Vediamo
per esempio la sua collega Mazzara: "veniva una volta il
mese a trovar la sua amica suburbana, come la chiamava,
quasi sempre il dopopranzo del giovedì. Era maggiore di
lei di dieci anni, alta e secca, tutta nervi, con una carnagione
di un rosso di prosciutto crudo, e aveva dei begli occhi
grigi curiosissimi, scintillanti sopra un naso a falcetto,
di sotto al quale s'apriva una fontana di parole inesauribile,
che qualche volta pareva che s'ingorgasse all'orifizio,
e non potesse uscire per la troppa furia. Baciata l'amica,
le disse quello che aveva già fatto nella giornata: avva
girato l'ingirabile: s'era levata alle sette, era andata
a trovare una sua amica francese, monaca, maestra, maestra
nell'Istituto del Sacré-Coeur, a chieder notizie d'un'altra,
malata, maestra nell'Istituto Faconti, a raccomandare un
ragazzo a don Bosco, all'Oratorio di via Cottolengo; poi
aveva portato un articolo d'un'amica alla direzione dell'"Unione
degl'insegnanti" e dato una corsa, per un suo affare, alla
Società del canto corale, di cui faceva parte. […] Era anche
socialista, infatti; era un po' di ogni cosa. Religiosa
con le famiglie religiose, democratica con le famiglie del
popolo, aristocratica con l'aristocrazia, fautrice dell'
"emancipazione" della donna con le amiche "emancipate",
e affettuosamente piaggiera con tutti, aveva relazione con
mezza Torino, bazzicava cento case, dove dava lezioni e
accettava pranzi, conosceva preti, deputati, giornalisti,
gente bisognosa, che raccomandava da tutte le parti " (p.166)
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Consiglia più volte alla maestra Varetti di essere più
indulgente col giovane innamorato di lei e alle reazione
indignate e sorprese di questa esplode : "Gli uomini di
tutte le classi sociali si valgono, salvo che i loro vizi
e le loro colpe hanno un diverso colore: i signori bevono
del vino più fino, frequentano delle male donne meglio vestite,
e danno dei colpi di sciabola invece che dei colpi di coltello".
(p. 234)
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Una vita quasi monacale, quella delle maestrine nel sobborgo,
malgrado la loro apparente libertà, senza vincoli coniugali
e lontane dai controlli parentali: "Da un mese desinavano
insieme, loro due [si riferisce alla maestra Varetti e alla
maestra Baroffi] e la maestra latti, contentandosi della
cucina agreste della cantoniera, la quale le serviva qualche
volta anche a tavola, tra una scopata e l'altra"(p.177)
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Un universo chiuso, asfittico, un concentrato dei pregiudizi
e delle paure piccolo-borghesi dell'epoca: "La piccola Latti
aveva una monomania malinconica, che non lasciavan punto
sospettare il suo corpicciolo grassotto e il suo visetto
nero e vivo di gitanella: si credeva sempre malata, , d'una
malattia che cambiava ogni quindici giorni; aveva in camera
sua un'intera farmacia, portava sempre in tasca pillole
e polveri, sapeva a mente Il medico di se stesso[…] Alle
sue alunne dava spesso per tema delle lettere in cui si
doveva consolare dei malati lontani o parlare d'una malattia
propria.[…] Del resto, buona come il pane e superiore a
tutte le piccole miserie e passioncelle del mondo scolastico,
come chi crede d'essere già più di là che di qua. Era figliola
d'una guardia civica"[…]Non ostante le sue trent'otto primavere,
quella credeva ancora all'operaio dei libri di lettura che
canta le gioie della povera onestà e compiange i ricchi
affollati di cure. Tutta immersa nella letteratura, non
aveva alcuna conoscenza pratica della vita, nessun fondamento
d'osservazione fatta direttamente sugli uomini e sulle cose;
ma solo un'emporio disordinato e bizzarro di sentenze di
libri, di concetti convenzionali e di frasi coniate, che
combinava continuamente in mosaico per le sue conferenze
ideali"(p.174)
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Nel recinto degli insegnanti del sobborgo vive anche una
coppia di maestri: "Il maestro Garallo e sua moglie erano
conosciuti come i due più appassionati computisti del corpo
magistrale, facevan calcoli infiniti sugli stipendi e sugli
aumenti quinquennali propri e degli altri, erano occupati
di continuo in questioni di contenzioso scolastico finanziario…"(p.177)
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Dice De Rienzo che nei racconti di De Amicis, viene meno
quell'universo asessuato che era stato proprio del romanzo
Cuore. E soprattutto La maestrina degli operai gli appare
"giocato sull'eros (con qualche malizia forse di troppo)"
Affrontando lo sguardo del giovane, questa " sorta di Franti
cresciuto (il Muroni), dallo sguardo assassino[…]la maestrina"muta
colore e perde il fiato". Una sessualità soffocata, e non
solo perché le attenzioni provengono da un giovane di un
altro ceto e da un "alunno". Intuiamo che la ritrosìa e
il vero terrore che l'avvicinarsi del giovane alla maestrina
produce è legato alla visione del sesso come male, come
colpa o, nel migliore dei casi, come sacrificio supremo
per l'uomo degno di essere amato. Ed è questo modo di vivere
la sessualità e i rapporti con l'altro sesso che mette subito
la maestrina in una condizione di inferiorità, oltre che
ad aggravare le sue difficoltà con la classe: "La maestra
s'avvide chiaramente di questo sospetto [quello che la classe
nutriva sui loro possibili rapporti] dall'atto improvviso
e ostentato con cui tutti si voltavano verso di lei e di
lui, ogni volta ch'essa lo interrogava, e dal tossire affettato,
dai sogghigni, dalle mezze parole che si lasciavano sfuggire,
guardandola con occhi ridenti, anche i più savi; e questo
la turbò a segno, che doveva far violenza sopra di sé prima
di chiamarlo a leggere, e preparar quasi l'animo e i nervi
a ricacciare il rossore che le sarebbe salito alla fronte,
s'egli le avesse rivolto una domanda all'improvviso. E stava
in continua ansietà che non le riuscisse una volta di nascondere
il suo turbamento, perché, senza dubbio, la scolaresca non
l'avrebbe creduto effetto di timidità o di vergogna dei
suoi sospetti, ma rivelazione d'amore" (p. 226).
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Credo però che la vera malizia di De Amicis sia in questo
romanzo nel ruolo che attribuisce alle figure maschili.
Consapevole della sua debolezza, la maestrina chiede più
volte aiuto al suo collega Garallo e al cantoniere, e una
volta arriva anche in classe, inatteso, un ispettore che
fa una ramanzina alla classe. Ma nessuno di loro affronta
seriamente il problema, nessuno di loro è di reale aiuto
alla maestrina e soprattutto, nessuno di loro riesce ad
evitare l'epilogo tragico - anche se liberatorio - della
vicenda.
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Scheda
Il racconto La maestrina degli operai è nel libro
Amore e ginnastica, di Edmondo de Amicis, Rizzoli,
1986. Sono quattro racconti, due lunghi - Amore e ginnastica,
La maestrina degli operai - e due brevi - Il libraio dei
ragazzi, Il Professor Padalocchi - tutti ambientati nel
mondo della scuola. Non credo che letterariamente abbiano
un gran rilievo, come d'altronde lo stesso Cuore, nel senso
che oggi non hanno molto da dirci, in questo portandosi
dietro tutti i limiti del provincialismo dell'Italia umbertina.
Sono un documento, interessante per certi versi, di una
stagione che ha visto nascere la figura del maestro - e
della maestra, soprattutto. Con un che sempre di idilliaco,
malgrado non si arrivi ai livelli di Cuore, e anzi di molti
maestri si faccia un ritratto bonariamente negativo : il
maestro Fassi che sfrutta la collega Pedani per gli articoli
sulla ginnastica, la maestra Zibelli, sempre sull'orlo di
una crisi di nervi, (Amore e ginnastica), il maestro Garallo,
che afferma pomposamente che la sua classe è disciplinata
mentre se ne sentono arrivare distinti e caotici i rumori,
attento, insieme alla moglie maestra, agli scatti di anzianità
e alle tabelle dello stipendio. Anche le figure positive
appaiono un po' sbiadite, prive di forza: la maestra Pedani
di Amore e ginnastica e la maestra Varetti di La maestrina
degli operai, rappresentano più che dei tipi degli stereotipi,
e le loro vicende recano tutti i segni della superficialità
con cui De Amicis si è avvicinato al loro mondo. Italo Calvino
su Amore e ginnastica :" probabilmente il più bello, certo
il più ricco di humour, malizia, sensualità, acutezza psicologica
che mai scrisse Edmondo de Amicis". Giorgio de Rienzo: "Il
coraggio del piccolo protagonista che va dagli Appennini
alle Ande non discute ma decora nelle lacrime la piaga dolorosa
dell'emigrazione italiana". Il giudizio, riferito a Cuore,
è il più convincente che abbia dato de Rienzo in questa
sua introduzione critica. Per i racconti qui raccolti potremmo
dire che l'ironia e il controcanto di Cuore non discutono
il quadro disegnato dell'ambiente scolastico, ma lo decorano,
presentando appunto degli stereotipi se non addirittura
delle macchiette - Il professorPadalocchi . De Amicis "Io
non sono che un giornalista, uno che annota la vita d'ogni
giorno, e sceglie in essa quel che più esemplare vi accade.
Certe volte mi piace divertire i miei lettori, ma per consolarli.
Non ho altra ambizione".
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Autore |
Pina La Villa
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Titolo |
La maestrina di
Edmondo De Amicis
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Data stesura |
ottobre 1999
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Data aggiornamento |
gennaio
2000
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