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Spia,
a cura di Alessandro De Filippo
Spia era un progetto nato da una chiacchierata con enrico
ghezzi, un bel po’ di tempo fa: si trattava di aprire
una finestra, per 35 minuti in tempo reale, sulla vita di
una persona. La durata che ci eravamo imposti corrispondeva
a quella di una cassetta betacam: il progetto prevedeva
un unico pianosequenza, senza tagli né alcun altro
intervento di post-produzione; tutto dunque veniva mantenuto
integro, compresi gli errori di ripresa e i fuorifuoco e,
in questo stato di girato grezzo, veniva riproposto nella
messa in onda.
Vita e rappresentazione scorrevano così parallele:
il tempo reale della televisione che imponeva relazioni
tra i due respiri… ma non si trattava mai di documento:
nulla di obiettivo, nulla di oggettivo: tempo della vita
e tempo della rappresentazione: perché non bisogna
mai confondere la cosa con il discorso sulla cosa, magari
per coglierla, o leggerla, o descriverla…
Vita e rappresentazione allo specchio, separate ma corrispondenti…
e questo innescava un’ulteriore complicazione con
una forte valenza politica: è il controllo dell’occhio
elettronico sulla vita: una sorveglianza aggressiva, accattivante.
Tempo reale e primo piano: gli strumenti che le persone
usano contro altre persone prendono il nome di armi…
è la violenza della pornografia che è già
nel medium: non esiste un uso neutro del video… e
allora carichiamolo, sveliamone i contorni taglienti di
nuda lama che infierisce… appostamenti, pedinamenti,
sguardi che rubano, che smembrano, che contaminano…
e tutto è già nell’occhio.
Alessandro De Filippo |
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In occasione del seminario sul cinema situazionista tenuto
da Alessandro De Filippo, per la Cattedra di Estetica (Università
degli Studi di Catania, Facoltà di Lettere, Corso
di Laurea in Scienze della Comunicazione), gli studenti
sono stati invitati a produrre dei comunicati audiovisivi,
video o fotografici, sul tema dello “spiare”.
Il fine era quello di proporre un utilizzo ludico e creativo
dei media riprovisivi (fotografia, cinema, televisione,
video), che obbligasse appunto gli studenti a mettersi in
gioco, a sperimentarsi come autori critici, non più
soltanto come semplici spettatori.
Il risultato è stato quello di un’adesione
entusiasta di un centinaio di studenti e la selezione di
una settantina di lavori fotografici e video, lavori di
ottima qualità tecnica e di notevole interesse estetico-filosofico.
Il prof. Guarino, responsabile della Cattedra di Estetica,
ha operato una selezione accurata, che ha messo in luce
alcune scelte di considerevole importanza: ciò che
veniva ripreso dagli studenti era, nonostante l’impostazione
documentaristica, assolutamente falso. C’è
una capra fotografata controluce, che viene immersa in una
corona di riflessi e sembra un mitico unicorno; un anziano
in un cortile diventa la controfigura credibile del Mostro
di Firenze; una mamma ed una bambina, in lotta per la direzione
della strada, incaranano la rappresentazione del conflitto
generazionale: tutto viene mediato, cioè giocato
dai media, interpretato dalla rappresentazione. La vita,
malgrado le dichiarazioni programmatiche di rispetto della
verità dei volenterosi studenti, veniva negata e
nascosta; e diventava, irrimediabilmente Spettacolo.
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