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Pubblicità o pluralismo?

Dopo le tante polemiche sulle concentrazioni editoriali, il dll Gasparri sul riassetto radiotelevisivo, approvato alla Camera il 3 aprile 2003, verrà votato al Senato giorno 8 luglio.

di valentina arena

Dopo le tante polemiche sulle concentrazioni editoriali, il dll Gasparri sul riassetto radiotelevisivo, approvato alla Camera il 3 aprile 2003, verrà votato al Senato giorno 8 luglio.
Il ministro delle comunicazioni promette una serie di norme anticoncentrazione mentre tace sugli “spots”. Intanto l’autorità garante richiama Rai e Mediaset che hanno superato il tetto massimo delle risorse pubblicitarie. Esiste, infatti, un limite pari al 30% delle risorse del settore tv, stabilito dalla legge Maccanico.
In particolare la Rai, tv pubblica finanziata dal canone e dalla pubblicità, negli ultimi anni ha toccato il 46% delle risorse. La Sipra, concessionaria di pubblicità Rai, si è mantenuta entro i limiti stabiliti, mentre Pubblitalia è arrivata a quota 39,6%.
Nonostante il quadro sia allarmante, “si rinviano le sanzioni richieste dalla legge all’anno prossimo”. Rimarrà tutto com’è, così ha deciso Enzo Cheli, presidente dell’Authority per le comunicazioni.
Al suo debutto in tv, la pubblicità era soggetta a imposizioni, controlli e censure e la Rai aveva trovato una formula ( Carosello) che in un certo senso nascondeva la pubblicità. Oggi invece sulle emittenti Rai , il prezzo di listino di uno spot di 30’’ va da un costo minimo di 10 milioni a un massimo di 65 milioni di euro, niente male per una rete pubblica che dovrebbe ridurre al minimo la pubblicità e perseguire maggiormente la sua “vocazione” che non è certamente commerciale!
L’aggravante a tutto ciò è la negazione, che ormai si protrae da tempo, di un pluralismo mediatico causato dal duopolio televisivo.
Gasparri è fiducioso perché sostiene che le cose cambieranno in meglio quando ci sarà il digitale terrestre. Ma al momento non si muove foglia e aspettiamo le prossime mosse del governo con una buona riserva di scetticismo.

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