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I videogame? Ora non fanno più male

Lo dice una ricerca Usa: i giochi elettronici non distraggono dallo studio e favoriscono anche la socializzazione. Online

di reda

CHICAGO - Un tempo guardavano il mondo con occhi arrossati, erano grassocci e avevano problemi di socializzazione. Oggi, invece, l'immagine del videogiocatore perfetto sembra cambiata, almeno stando ai risultati di una ricerca condotta da Pew Internet & American Life Project. Su 1,162 studenti di 27 campus sparsi per l'America, oltre i due terzi dichiarano di dilettarsi con Pc e console (il test ha un margine d'errore del 3%). Ma non per questo si piazzano davanti al monitor dalla mattina alla sera, nè vanno in «crisi d'astinenza» se non non sono costantemente wired, collegati alla Rete.

SCUOLA E GIOCO - La cosa più importante, che tranquillizzerà i genitori di tutto il mondo, è che «i videogiochi non tolgono tempo allo studio - come dice Steve Jones dell'Università dell'Illinois - ma sono entrati a far parte di uno stile di vita in cui ci sono tanti interessi diversi». I videogiochi, infatti, sono ideali, sembra, per piccole pause in cui si trova il tempo anche comunicare, attraverso Internet, con i propri amici. «I giochi digitali possiedono un potenziale di socializzazione molto alto», conclude Jones. Il contrario di quello che si diceva qualche anno fa.

I RISULTATI - Quasi il 70% degli intervistati dichiara di aver iniziato a giocare con il computer alle scuole elementari e il 43% sostiene di amare i videogiochi online come Starwars Galaxies, Everquest o The Sims. David McNulty, 19 anni, studente d'informatica all'Università del Maine, è entrato nel mondo del divertimento digitale ai tempi del vecchio Mario Bros: «I videogiochi non mi fanno perdere tempo, sicuramente meno del cinema. Perchè continuare a scandalizzarsi? Sono quello che un tempo era il Monopoli».

LE DONNE - Tra le sorprese di questa inchiesta c'è anche il ruolo crescente del gentil sesso, che ama dilettarsi sempre più con i videogame. Tra gli appassionati dell'online gaming, per esempio, sono le donne che la spuntano (60% contro il 40% dei maschietti). Sarah Fenton, che si sta laureando «in videogiochi» all'Istituto d'arte di Phoenix, dice che la «parità può passare anche da qui, dal digitale».

 

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