Sembra
di essersi svegliati in un brutto sogno. Eppure c'eravamo
addormentati, qualcuno dice pure troppo, all'ombra
dell'ulivo a sfogliare margherite e a credere che
altri avrebbero provveduto, che altri si sarebbero
mossi, che altri avrebbero previsto. Che altri, solo
grazie al nostro modesto sforzo di una scelta da imbucare
dentro l'urna, ci avrebbero restituito un mondo migliore.
Certo, parlare di "mondo" autorizza l'uso
dell'espressione dialettale "nun
t'allargà", ma fa tendenza, ormai da qualche
tempo, varcare i confini della
propria osservazione e consolarsi con l'antico proverbio
"mal comune mezzo
gaudio".
La cronaca oltretutto, ci viene incontro suggerendoci
argomenti sui quali
soffermarci a meditare nei salotti di piazza, dove
tutti abbiamo diritto a dire la nostra senza esporci
troppo, limitarci ad osservare con il diritto del
giudizio. Diventa facile fingere di aver capito realmente
le ragioni dell'una e dell'altra parte che continuano
a far seppellire, o forse si limitano a bruciarli
(?), morti ammazzati sul confine virtuale che separa
Israele e la Palestina. Diventa ovvio poter dire che
certo, gli Stati Uniti non potevano restare ad osservare,
pure loro, e sicuramente chi non si sentirà
di esprimere la propria opinione sul processo Andreotti,
sulle dichiarazioni del pentito Giuffre e non ultima,
sulla situazione drammatica che stanno vivendo gli
operai della Fiat.
Qualcosa comincia ad incepparsi, solo quando restringiamo
l'angolo del commento al luogo dove viviamo, alla
città, al paese, al quartiere dove ogni giorno
un po' di più, comprendiamo che anche se nessuno
l'ha mai chiesto, siamo tutti pezzetti dello stesso
ingranaggio. Che ci piaccia o no.
Allora "mondo" è Sicilia, è
le città dove ognuno prova a sopravvivere,
è il quartiere lasciato all'incuria e all'abitudine.
E' noi stessi.
Potremmo così immaginare di percorrere la costa
orientale da Messina fino
a Capo Passero, in auto. Potremmo immaginare di superare
il Ponte Primosole
dopo esserci lasciati dietro la tangenziale di Catania,
percorrere la S.S.
114 che ci porta nella provincia di Siracusa e raggiungere
l'ultimo lembo di Sicilia, posto geograficamente al
di sotto di Tripoli. Forse, è per questo attributo
di latitudine, che entrando a Siracusa si ha la sensazione
di arrivare più a sud di qualsiasi altro Sud.
Una sensazione che non è suffragata dal mitico
salto indietro nella Storia
che ci si appresta a fare ogni qualvolta si visita
una città con tremila anni di passato. E' l'aria
che ci regalano le raffinerie di Augusta, che con
un po' di fantasia potremmo trasformare nelle esalazioni
di zolfo dell'Etna mai domo. E' la superstrada, chissà
cosa avrà mai di super, che collega Augusta
a Cassibile e che un giorno dovrebbe diventare la
continuazione della Siracusa-Gela, che dovrebbe diventare
la continua- zione della Catania-Siracusa, che dovrebbe
diventare la continuazione della Messina-Palermo,
che dovrebbe.....meglio
fermarsi qui.
Intanto, le mappe stradali di ultima generazione continuano
a segnarcele, queste superautostrade, con una linea
tratteggiata che nella legenda viene spiegata come
"progetti di futura realizzazione" (?!)
Potremmo decidere di ripetere l'esperienza in treno
e accorgerci che un
qualsiasi Intercity percorre la tratta Messina-Siracusa
in tre ore e che
considerata la distanza di circa 150 km tra le due
città, si viaggia ad
una media di 50 km orari, che qualcuno mi ha garantito
potrebbe mantenere
in bicicletta, anche senza aiuti chimici.
Potremmo entrare in città e scavarlo, questo
passato millenario, magari
limitandoci a meno di dieci anni fa. Potremmo scoprire
che la Storia ripercorre
i passi. E con un'incredibile coincidenza di luoghi
e tempi.
Potremmo scoprire che politicamente anche a Siracusa
agli inizi degli anni Novanta, trascinati dall'onda
del rinnovamento, dai "riprendiamoci la Sicilia",
dalle primavere e di quanto accadeva anche nelle realtà
del nord Italia, si è vissuto un periodo di
fermento politico-culturale sotto la guida di una
giunta comunale di centro-sinistra. Poi, i tempi sono
cambiati, come nel resto d'Italia. Il centro-destra
ha preso il sopravvento, e in massa per non smentire
le mode del momento, più del 70% della popolazione
si è riversata nel nuovo che avanzava, tutto
in piena linea con quello che stava accadendo nel
resto dell'isola (Palermo docet). Sulla poltrona più
importante è salito Titti Bufardeci, e con
lui Siracusa
si è affacciata all'Europa: la città
è stata invasa da rotonde di smistamento
traffico stile Francia, che hanno sostituito i semafori
(ma chi li rispettava
mai?). Certo, pretendere che la popolazione si abituasse
subito alla novità, era
a poco dire utopistico, anche perché con l'introduzione
delle rotonde, non
si è provveduto a distribuire un manualetto
esplicativo sulle precedenze
da rispettare. E questo ha creato non pochi problemi.
Si sono contati diversi tamponamenti, ma rispettando
il programma politico
di Forza Italia che in tutto il Paese prevedeva la
proliferazione di diverse
centinaia di migliaia di posti di lavoro, la 'crisi'
dell?auto ha preso una boccata di respiro.
E allora potremmo davvero fare ingresso in città
con ancora le narici soffermate
sulle raffinerie e percorrere viale Scala Greca in
attesa di incrociare le variopinte rotonde alla francese.
Alla francese come l?ecochimica che avrebbe riciclato
i prodotti di scarto della lavorazione del petrolio
per far coesistere progresso e diritto alla salute.
Poi per mantenere sveglia
la nostra attenzione, insieme alle rotonde ci hanno
lasciato le voragini sulle strade, da scansare abilmente
tra auto in tripla fila e motorini senza casco che
ci assaltano da destra.
Potremmo farci un giro sulla Macchina del Tempo. Basterà
svoltare a sinistra
e imboccare viale dei Comuni, ribattezzato impunemente
"viale dei TreMori", non si sa con certezza
se in onore a tre extracomunitari che puliscono i
vetri ad un semaforo sopravvissuto o alla vibrazioni
estetiche che il comune
ha generosamente messe a disposizione con il manto
stradale. Ci sembrerà
di calpestare indegnamente un'antica carrozzabile
romana da consigliare
per il rilancio turistico della città. Lo potremmo
fare avendo tutto il tempo di mettere a fuoco i necrologi
generosi sui muri dei palazzi e poter riflettere sulla
diatriba statistica che ci farà forse capire
un giorno, se l'età sempre più giovane
indicata accanto al nome e cognome è merito
dell'imprudenza nel traffico cittadino o delle "imprudenti"
passeggiate in quel di Priolo.
E allora ci potremo augurare che qualche fantasma
incazzato ci venga a fare
visita per darci la risposta e un terno al lotto da
giocare sulle nostre
vite.
Poi viene il ponte?
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