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Poi viene il ponte? di Piero Buscemi

Sembra di essersi svegliati in un brutto sogno. Eppure c'eravamo addormentati, qualcuno dice pure troppo, all'ombra dell'ulivo a sfogliare margherite e a credere che altri avrebbero provveduto, che altri si sarebbero mossi, che altri avrebbero previsto. Che altri, solo grazie al nostro modesto sforzo di una scelta da imbucare dentro l'urna, ci avrebbero restituito un mondo migliore.
Certo, parlare di "mondo" autorizza l'uso dell'espressione dialettale "nun
t'allargà", ma fa tendenza, ormai da qualche tempo, varcare i confini della
propria osservazione e consolarsi con l'antico proverbio "mal comune mezzo
gaudio".

La cronaca oltretutto, ci viene incontro suggerendoci argomenti sui quali
soffermarci a meditare nei salotti di piazza, dove tutti abbiamo diritto a dire la nostra senza esporci troppo, limitarci ad osservare con il diritto del giudizio. Diventa facile fingere di aver capito realmente le ragioni dell'una e dell'altra parte che continuano a far seppellire, o forse si limitano a bruciarli (?), morti ammazzati sul confine virtuale che separa Israele e la Palestina. Diventa ovvio poter dire che certo, gli Stati Uniti non potevano restare ad osservare, pure loro, e sicuramente chi non si sentirà di esprimere la propria opinione sul processo Andreotti, sulle dichiarazioni del pentito Giuffre e non ultima, sulla situazione drammatica che stanno vivendo gli operai della Fiat.
Qualcosa comincia ad incepparsi, solo quando restringiamo l'angolo del commento al luogo dove viviamo, alla città, al paese, al quartiere dove ogni giorno un po' di più, comprendiamo che anche se nessuno l'ha mai chiesto, siamo tutti pezzetti dello stesso ingranaggio. Che ci piaccia o no.
Allora "mondo" è Sicilia, è le città dove ognuno prova a sopravvivere, è il quartiere lasciato all'incuria e all'abitudine. E' noi stessi.
Potremmo così immaginare di percorrere la costa orientale da Messina fino
a Capo Passero, in auto. Potremmo immaginare di superare il Ponte Primosole
dopo esserci lasciati dietro la tangenziale di Catania, percorrere la S.S.
114 che ci porta nella provincia di Siracusa e raggiungere l'ultimo lembo di Sicilia, posto geograficamente al di sotto di Tripoli. Forse, è per questo attributo di latitudine, che entrando a Siracusa si ha la sensazione di arrivare più a sud di qualsiasi altro Sud.
Una sensazione che non è suffragata dal mitico salto indietro nella Storia
che ci si appresta a fare ogni qualvolta si visita una città con tremila anni di passato. E' l'aria che ci regalano le raffinerie di Augusta, che con un po' di fantasia potremmo trasformare nelle esalazioni di zolfo dell'Etna mai domo. E' la superstrada, chissà cosa avrà mai di super, che collega Augusta a Cassibile e che un giorno dovrebbe diventare la continuazione della Siracusa-Gela, che dovrebbe diventare la continua- zione della Catania-Siracusa, che dovrebbe diventare la continuazione della Messina-Palermo, che dovrebbe.....meglio
fermarsi qui.
Intanto, le mappe stradali di ultima generazione continuano a segnarcele, queste superautostrade, con una linea tratteggiata che nella legenda viene spiegata come "progetti di futura realizzazione" (?!)

Potremmo decidere di ripetere l'esperienza in treno e accorgerci che un
qualsiasi Intercity percorre la tratta Messina-Siracusa in tre ore e che
considerata la distanza di circa 150 km tra le due città, si viaggia ad
una media di 50 km orari, che qualcuno mi ha garantito potrebbe mantenere
in bicicletta, anche senza aiuti chimici.

Potremmo entrare in città e scavarlo, questo passato millenario, magari
limitandoci a meno di dieci anni fa. Potremmo scoprire che la Storia ripercorre
i passi. E con un'incredibile coincidenza di luoghi e tempi.

Potremmo scoprire che politicamente anche a Siracusa agli inizi degli anni Novanta, trascinati dall'onda del rinnovamento, dai "riprendiamoci la Sicilia",
dalle primavere e di quanto accadeva anche nelle realtà del nord Italia, si è vissuto un periodo di fermento politico-culturale sotto la guida di una giunta comunale di centro-sinistra. Poi, i tempi sono cambiati, come nel resto d'Italia. Il centro-destra ha preso il sopravvento, e in massa per non smentire le mode del momento, più del 70% della popolazione si è riversata nel nuovo che avanzava, tutto in piena linea con quello che stava accadendo nel resto dell'isola (Palermo docet). Sulla poltrona più importante è salito Titti Bufardeci, e con lui Siracusa
si è affacciata all'Europa: la città è stata invasa da rotonde di smistamento
traffico stile Francia, che hanno sostituito i semafori (ma chi li rispettava
mai?). Certo, pretendere che la popolazione si abituasse subito alla novità, era
a poco dire utopistico, anche perché con l'introduzione delle rotonde, non
si è provveduto a distribuire un manualetto esplicativo sulle precedenze
da rispettare. E questo ha creato non pochi problemi.
Si sono contati diversi tamponamenti, ma rispettando il programma politico
di Forza Italia che in tutto il Paese prevedeva la proliferazione di diverse
centinaia di migliaia di posti di lavoro, la 'crisi' dell?auto ha preso una boccata di respiro.

E allora potremmo davvero fare ingresso in città con ancora le narici soffermate
sulle raffinerie e percorrere viale Scala Greca in attesa di incrociare le variopinte rotonde alla francese. Alla francese come l?ecochimica che avrebbe riciclato i prodotti di scarto della lavorazione del petrolio per far coesistere progresso e diritto alla salute. Poi per mantenere sveglia
la nostra attenzione, insieme alle rotonde ci hanno lasciato le voragini sulle strade, da scansare abilmente tra auto in tripla fila e motorini senza casco che ci assaltano da destra.

Potremmo farci un giro sulla Macchina del Tempo. Basterà svoltare a sinistra
e imboccare viale dei Comuni, ribattezzato impunemente "viale dei TreMori", non si sa con certezza se in onore a tre extracomunitari che puliscono i
vetri ad un semaforo sopravvissuto o alla vibrazioni estetiche che il comune
ha generosamente messe a disposizione con il manto stradale. Ci sembrerà
di calpestare indegnamente un'antica carrozzabile romana da consigliare
per il rilancio turistico della città. Lo potremmo fare avendo tutto il tempo di mettere a fuoco i necrologi generosi sui muri dei palazzi e poter riflettere sulla diatriba statistica che ci farà forse capire un giorno, se l'età sempre più giovane indicata accanto al nome e cognome è merito dell'imprudenza nel traffico cittadino o delle "imprudenti" passeggiate in quel di Priolo.
E allora ci potremo augurare che qualche fantasma incazzato ci venga a fare
visita per darci la risposta e un terno al lotto da giocare sulle nostre
vite.
Poi viene il ponte?

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