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Devolution:
dalla “Repubblica indivisibile” al Federalismo
Valentina Arena |
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All’incirca dieci giorni
fa, i vertici politici hanno deciso di dare il via alla
doppia riforma: devolution e riforma del Titolo V della
Costituzione.
Entrambe le leggi dovranno essere votate nell’aula
di Montecitorio così da insinuare il federalismo
nella Costituzione.
Ma cosa significa devolution?
La devolution è lo “zoccolo duro”
del programma della Lega Nord. Il provvedimento a riguardo
è stato presentato in Senato il 5 dicembre 2002
dal ministro per le Riforme istituzionali, Umberto Bossi,
in accordo con il ministro per gli Affari Regionali,
Enrico La Loggia, e successivamente approvato dalla
Commissione Affari Costituzionali della Camera il 20
febbraio 2003. Il testo prevede la devoluzione, ovvero
l’esercizio della competenza legislativa esclusiva
delle regioni in tre materie: assistenza e organizzazione
sanitaria, definizione e gestione dell’istruzione,
organizzazione della polizia locale.
Bossi ha stretto un patto con Berlusconi e le forze
politiche di destra, esclusivamente, per ottenere tale
riforma, che secondo il ministro leghista porterà
lo Stato Italiano all’auspicato assetto federalista.
Di questa idea sono anche gli esponenti di An che sottolineano
la possibilità di “ realizzare un federalismo
solidale, capace di unire e non di dividere, e soprattutto
capace di assicurare un’effettiva parità
tra le regioni del Nord e del Sud”. Per il ministro
padano, questo disegno di legge è il primo passo
verso ulteriori riforme, tra cui: l’istituzione
di una Corte Costituzionale regionalizzata, di un Senato
federale e del presidenzialismo.
E cos’è la riforma del V Titolo della Costituzione?
E’ una riforma costituzionale di tipo federalista
varata dal centrosinistra nel 2001 e approvata tramite
Referendum nell’ottobre del 2002.
Il cambiamento consiste nella formulazione dell’art.117
che elenca le materie di competenza statale e riserva
tutte le altre alle Regioni, mentre prima avveniva tutto
il contrario. Da più di trent’anni si tenta
di dimostrare che il V Titolo della Costituzione è
insufficiente per regolare i rapporti Stato- Regioni.
Per lungo tempo le Regioni dovevano, infatti, attenersi
alle “leggi cornice”, entro cui erano fissati
i principi fondamentali e invalicabili validi per tutto
il territorio nazionale. Un grosso cambiamento avviene
con l’emanazione della “riforma Bassanini”
(legge 59/1997, 127/1997, 191/1998, 256/1999). Se la
legge 142/1990 sembrava riconoscere un ruolo forte alle
Regioni, nel ridisegno territoriale degli enti locali,
la legislazione “Bassanini” tende, diversamente,
a rafforzare direttamente tali enti. Il criterio fondamentale
di tale riforma è il principio di sussidiarietà,
che attribuisce le generalità dei compiti e delle
funzioni amministrative agli enti locali, in modo che
le funzioni regionali si riducano a quelle normative,
di programmazione, di indirizzo e di coordinamento.
Questo principio ha rappresentato, fino ad oggi, il
principale motivo ispiratore del processo di devoluzione
dei poteri dal centro alla periferia.
Non pochi dubbi, però, avvolgono questa doppia
riforma. La devolution rischia, infatti, di distruggere
la coesione sociale e nazionale del Paese. Ma soprattutto
attacca l’idea fondante della nostra Costituzione
di “Repubblica indivisibile”, poiché
non farà altro che dividere e accentuare le differenze
tra Nord e Sud. Da questa riforma trarranno beneficio,
infatti, solo le Regioni ricche, negando la possibilità
di sviluppo a tutte le altre. La regionalizzazione di
servizi essenziali mina, inoltre, i principi fondamentali
di uguaglianza e solidarietà sociale sottraendo
i diritti universali a tutti i cittadini.
La modifica del V Titolo della Costituzione, conferendo
alle Regioni il potere di darsi nuovi statuti non vagliati
dal commissario di governo, porta in se il pericolo
di creare tante Regioni a statuto speciale, dotate di
una propria “Costituzione”, e rischia di
produrre solo disordine istituzionale.
Importante ci pare l’intervento del Presidente
della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che si è
pronunciato dicendo che “ rafforzamento delle
autonomie, rafforzamento dell’unità, del
prestigio e della dignità dello Stato, sono obiettivi
che possono e devono essere perseguiti congiuntamente”.
Ciampi ha auspicato anche, la costruzione “di
un sistema di federalismo solidale basato sul dialogo
intenso, costruttivo tra le Autorità Locali,
tra queste e l’amministrazione centrale nelle
sue diverse articolazioni sul territorio”. Infine
ha ricordato che “l’interesse ultimo da
tutelare è quello dei cittadini”. Parole
che puntano a fortificare nelle coscienze l’unità
nazionale, mentre la devolution che il governo si impegna
a predisporre entro il 10 marzo, non guarda all’unità
della cultura europea e propone a noi giovani la polverizzazione
dei nostri diritti. |
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