Mao
Valpiana
Direttore di "Azione nonviolenta"
Verona - Italia. |
Caro
Saddam,
non dar retta al Premier italiano Berlusconi:
noi pacifisti non siamo tuoi amici e tanto meno
facciamo il tuo (tragico) gioco. Anzi, abbiamo
sempre lottato contro la tua feroce dittatura,
anche quando i paesi occidentali guardavano
con benevolenza al regime irakeno, perchè
contrapposto all'Iran di Komeini, e ti vendevano
armi e assistenza militare. Abbiamo sempre condiviso
le rivendicazioni di autonomia del popolo kurdo,
che tu hai sterminato. Sosteniamo i partiti
democratici irakeni in esilio e condanniamo
i metodi sanguinari con i quali tieni nel terrore
il tuo popolo, continuamente umiliato e costretto
a fingere di benvolerti. La tua politica è
quanto di più lontano c'è dai
nostri ideali di pace e giustizia.
Se ci opponiamo alla guerra che Bush vuole muoverti
non lo facciamo certo per difendere il tuo regime,
ma solo per evitare al popolo che opprimi altra
violenza che si aggiungerebbe a quella che già
subisce; ed inoltre sappiamo che una nuova guerra
ti renderebbe ancora più forte, come
è già accaduto nel 1991.
Chi vuole la guerra lo fa solo per interessi
economici; ai signori del
petrolio importa ben poco il destino del popolo
irakeno. Il tuo regime
doveva essere abbattuto anni fa con la forza
della democrazia; bisognava fare un vero embargo
delle armi e lasciar passare solo cibo e medicinali;
invece per dieci anni è stato fatto il
contrario.
Chi è armato fino ai denti non può
imporre ad altri di disarmare. Per
questo L'America, insieme alla Russia e alla
Cina, non hanno alcuna
autorevolezza ai nostri occhi.
La Russia, per essere credibile quando si oppone
alla guerra in Iraq,
dovrebbe avviare da subito un vero processo
di pace in Cecenia e
riconoscere di aver commesso un genocidio.
La Cina, per dare credibilità al suo
veto alla guerra di Bush, dovrebbe
iniziare a ritirarsi dal Tibet e chiedere scusa
al mondo intero per
l'infamia di quell'invasione.
Gli Stati Uniti, quando chiedono che l'Iraq
abbandoni le armi di sterminio di massa, dovrebbero
contemporaneamente rinunciare al proprio armamento
atomico, chimico e batteriologico.
Sappiamo ben vedere la differenza fra una democrazia
e un totalitarismo. E non abbiamo dubbi da quale
parte schierarci. Per quanto imperfetta e calpestata,
la democrazia in cui viviamo è un dono
prezioso, mentre il tuo regime dittatoriale
è una tragedia storica. Ma la guerra
non ha aggettivi, non è né democratica,
né giusta, né preventiva, né
fascista, né comunista. E' guerra e basta.
Le tue bombe non sono diverse da quelle di Bush.
Noi sappiamo che la violenza non si spazza via
con altra violenza. Sappiamo che non si può
sconfiggere il terrorismo con altro terrorismo.
Noi siamo contro la guerra, fatta da chiunque,
per qualsiasi motivo, con qualsiasi arma. La
guerra è il più grande crimine
contro l'umanità. La guerra è
il peggiore dei mali che vuole combattere. La
nonviolenza è la vera alternativa alla
guerra. Non l'utopia di un mondo senza conflitti,
ma il realismo di una proposta per risolverli.La
strategia della nonviolenza è quella
del disarmo unilaterale. La storia,anche recente,
ha dimostrato che gesti concreti di disarmo
unilaterale ottengono risultati decisivi.
Di fronte all'installazione nei paesi della
Nato dei missili nucleari
Cruise, la risposta di Gorbaciov fu il ritiro
dei missili nucleari SS 20
dai paesi del Patto di Varsavia. Fu un gesto
clamoroso, che diede l'avvio al processo di
distensione e contribuì al declino (senza
spargimento di sangue) di tanti regimi dittatoriali
e al crollo del Muro di Berlino.
Noi pacifisti occidentali da anni chiediamo
e lavoriamo per il disarmo dei nostri paesi,
la riduzione delle spese militari, la riconversione
dell'industria bellica, l'abolizione degli eserciti
e la creazione di Corpi
Civili di Pace. Nel tuo paese non è nemmeno
pensabile l'esistenza di un movimento pacifista
indipendente. Il tuo regime impedisce qualsiasi
manifestazione di idee che contrastano con il
potere militare. Per questo riteniamo che il
tuo allontanamento sia assolutamente necessario
e doveroso, ma senza usare i tuoi stessi mezzi
omicidi.
Già 10 anni fa Alexander Langer, leader
storico dei pacifisti europei, formulò
una seria proposta che andava in questa direzione:
"chiedere all'ONU di promuovere una sorta
di "Fondazione S.Elena" (nome dell'isola
in cui alla fine fu esiliato Napoleone, tra
gli agi e gli onori, ma reso innocuo), per facilitare
ai dittatori ed alle loro sanguinarie corti
la possibilità di servirsi di un'uscita
di sicurezza prima che ricorrano al bagno di
sangue pur di tentare di salvarsi la pelle (Siad
Barre, Ceausescu, Marcos, Fidel Castro, il re
del Marocco, Saddam Hussein... potrebbero o
potevano utilmente beneficiarne piuttosto che
giocare il tutto per il tutto); la questione
di amnistie e indulti per chi è abbastanza
lontano ed abbastanza vigilato da non poter
più fare danni, non dovrebbe essere insolubile".
Quante sofferenze sarebbero state risparmiate
al popolo irakeno se l'Europa
avesse fatto propria questa soluzione! Ma le
democrazie europee erano sorde.
Ora, che la catastrofe sembra imminente, qualche
voce si fa sentire anche dai governi europei,
ma il rischio è che sia ormai troppo
tardi. La mostruosa e potente macchina bellica,
ben oliata, finanziata, addestrata, è
pronta alla carneficina. Noi faremo l'impossibile
per fermarla, insieme con tante forze popolari,
sociali, spirituali e religiose. Sabato 15 febbraio
questa volontà di pace si farà
sentire in tutte le capitali del mondo. Anche
a Bagdad, ne siamo certi. Sarà un'unica
voce: no alla guerra, no al terrorismo, no alla
dittatura. Non illuderti, Saddam Hussein, il
potere della violenza è fragile, la forza
della nonviolenza è invincibile.
Verona, 13 febbraio 2003
|