segnali dalle città invisibili
  Giro98 forum sociale europeo
RIFLESSIONI SUL FORUM SOCIALE EUROPEO

SIGFRIDO E L’ORSACCHIOTTO ASSEDIANO LA FORTEZZA
di lorenzo misuraca

La fortezza da basso che ha ospitato il Social Forum Europeo ha chiuso i battenti , e rimandato il popolo di contestatori (che da Sabato 9 novembre sono forse un po’ meno contestatori e un po’ più propositivi) a Parigi, nel novembre del 2003, per il secondo forum sociale d’Europa.
Se si vogliono avviare delle riflessioni, come è normale dopo l’ubriacatura di parole e di emozioni degli scorsi giorni a Firenze, non si dovrebbe prescindere dal collegare in qualche modo il capoluogo toscano a Genova, vedendolo più che altro come un enorme passo avanti del movimento dei movimenti rispetto al Luglio 2001.
Partendo innanzi tutto da una considerazione: i giorni di Genova erano soprattutto ed essenzialmente giorni di protesta , quelli di Firenze giorni di proposta.
IL movimento nato dal blocco del WTO a Seattle aveva aggiunto nella città ligure un ulteriore passo all’interno della marcia verso un mondo più equo e giusto. Questo movimento, come tutte le realtà sociali che storicamente hanno tentato, e in alcuni casi sono riusciti, di cambiare il corso delle cose, è dovuto passare da alcune tappe fondamentali: un punto iniziale di rottura (Seattle 2000), seguito da scosse di assestamento (Nizza, Davos, Praga, Goteborg), la focalizzazione e l’allargamento geopolitico della contestazione (Genova 2001) chiusura di una fase etero-dipendente dai vertici istituzionali, e il passaggio alla fase propositiva e matura (Firenze), capace di auto-regolarsi e auto-convocarsi indipendentemente da scadenze mediatiche.
Questo non vuol dire che il movimento non abbia più passi da compiere, ne tanto meno che non si troverà in futuro a dover contestare un vertice blindato in una qualsiasi città del globo.
Ma, quantomeno, si è smesso di apparire come il baraccone mediatico che seguiva attentamente e affannosamente ogni vertice o summit che potesse riguardare la cosiddetta GLOBALIZZAZIONE.
La parola movimento stesso implica il cambiamento. La cristallizzazione dei metodi, delle tematiche e degli atteggiamenti significherebbe alla lunga la morte del movimento stesso. Per questo, senza rinnegare l’importanza di Seattle e Genova, è un sollievo constatare che a Firenze si sia cambiato, e a parere di molti migliorato, qualcosa.
Non si può negare che l’atmosfera che accoglieva i partecipanti al forum dentro l’enorme fortezza da basso fosse lontana anni luce, quasi opposta, a quella respirata a Genova appena un anno e mezzo prima: tanto tesa e angosciante quella, tanto distesa e festosa questa.
C’è da dire che il merito della festa di Firenze è anche delle forze dell’ordine che, questa volta, ci hanno gentilmente risparmiato manganellate distribuite a casaccio, torture da lager, e irruzioni notturne bestiali.
Ma, è anche vero che anche la diffidenza reciproca delle diverse e differenti anime del movimento si è notevolmente affievolita per lasciare spazio ad un desiderio diffuso di unità, quasi che l’incombenza della guerra in Iraq e la dimensione dell’opportunità di divenire soggetto politico di primo piano strappata dal social forum europeo, richiedesse la messa da parte di certe sfumature ideologiche.
Bella atmosfera, nessuno scontro, tantissime persone. Tutto bene quindi?
Mah, in realtà, resta qualche perplessità, che non mette in dubbio la riuscita del forum, ma stimola ad maggiore avvicinamento alla perfezione:
SIGFRIDO.
Sigfrido, credo sia questo il suo vero nome, è un vecchio anarchico con lunghi capelli lisci bianchi, e l’immancabile bandierone nero, rosso e viola, simbolo dell’Anarchia. Chi era a Firenze durante il forum o alla manifestazione finale lo avrà probabilmente notato. Io l’ho incontrato per la prima volta ad una manifestazione contro la NATO circa tre anni fa.
Bene, Sigfrido, Venerdì 8 novembre, nello spiazzale centrale della fortezza, affollato da giovani, giornalisti, e venditori di improponibili giornali greci trozskisti (so già di averlo scritto male!) , ha tenuto –attaccato al suo caro bandierone- un improvvisato comizio davanti ad un nugolo di anarchici e punkabbestia. Sigrido esortava a uscire dalla fortezza, invadere pacificamente la città per parlare con la gente, poichè chiusi lì dentro a parlare del mondo, ci stavamo paradossalmente dimenticando del mondo esterno alla nostra roccaforte. Sigfrido aveva ragione, almeno in parte.
Si, era così bello vederci finalmente uniti…noi…ma è proprio questo il problema:NOI. E gli altri?
I fiorentini (quelli rimasti in giro, quelli che non avevano o non volevano un rifugio anti-atomico) che giravano per il centro?
Quelli dubbiosi e sospettosi sul movimento? Li avremmo conquistati con i comunicati stampa e gli articoli dei giornali che dicevano: “Non è successo niente”?
Certo, sabato c’è stata la grande manifestazione che ha riempito Firenze, e i fiorentini c’erano, per strada, o ad applaudire dai balconi.
Ma non è un limite il fatto che si sia riuscito a entrare in contatto con il “mondo esterno” nel momento in cui il flusso comunicativo di concetti e contenuti cedeva fortemente il passo alla comunicazione emotiva?
In altre parole non ci sarà ancora qualcosa da perfezionare se quando si discute di progetti e trattati, e leggi, e accordi commerciali, e percentuali consentite di OGM nel cibo, e repressione dei diritti, e finanziamenti ai mercanti di armi, ci si deve chiudere in una fortezza medievale per stare tranquilli?
Il problema è mediatico certo, ma anche pratico: si marcia due tre volte l’anno, gli altri trecentosessanta giorni circa si discute e si approfondisce, sarebbe bello che i fiorentini e chiunque sia esterno al movimento si accorgesse con più facilità di questo.
RAINBOW ISLAND.
La sensazione che ho avuto appena arrivato alla fortezza è stata quella di Pinocchio all’ingresso del paese dei balocchi: quanta roba bella, e che è, il paradiso?!
Dopo una giornata spesa a scegliere il seminario giusto e a correre da un padiglione all’altro, sconfortato, mi si è materializzata una immagine ben precisa: la schermata finale di un quadro di Raimbow Island, un videogioco molto di moda nelle salegiochi degli anni ottanta.
Non vi starò a spiegare il gioco, ma quello che interessa è che alla fine di ogni quadro, il simpatico orsacchiotto protagonista pilotato da noi giocatori, riceveva in premio per la sconfitta del mostro uno scrigno pieno di dolcie oggetti preziosi. Lo scrigno cadeva dal cielo e il giocatore aveva pochissimi secondi per raccogliere i regali, prima che passasse al nuovo quadro, e per quanto veloce potessi essere, non riuscivi mai a prenderli tutti.
Centocinquanta seminari, decine di conferenze, e mostre, e stand, e workshop dislocati per la città. Questo era il forum, e per quanto corressi avei sempre la sensazione di aver perso qualcosa d’importante. Si, avevi appena ascoltato un interessantissimo seminario sulle donne afgane, ma nel frattempo avevi perso quel workshop sui diritti dei contadini boliviani, e la conferenza sulla comunicazione, che avresti tanto voluto seguire!
Tanta carne al fuoco, troppa!
Va bene che la quantità a volte è anche qualità, come in questo caso, va bene che “naufragar m’è dolce in questo mare” , come diceva un solitario ottocentesco, e anch’io ho provato il piacere di lasciarmi andare al turbinio di parole e carta e suoni di djambè e odore di erba, senza troppo pretendere…ma, tra l’esaltazione di Pinocchio e la frustrazione dell’orsacchiotto, mi è rimasta più impressa la seconda sensazione.
Non si potrebbe, a Parigi durante il prossimo forum europeo, dimezzare i seminari e i workshop, e lasciarci il tempo di deglutire e mettere in moto il cervello per distinguere le informazioni dalla propaganda, l’utopia dal velleitarismo, gli scandali dalle bufale?
Forse, il FSE, che rappresenta più di quanto si creda il nostro tempo, ha rispecchiato in tal senso la oceanica sovrinformazione di questa decade informatica, che portata alle estreme conseguenze, rimbomba, fino a diventare non-informazione.
L’ultima questione che pongo, che credo abbia a che vedere sia con Sigfrido che con Raimbow Island, è:
Non sarà un po’ contraddittorio che la riunione continentale del movimento che si batte –tra le altre cose- per una democrazia partecipata, sia ruotata attorno a forme d’incontro (seminario, conferenza), che per natura escludono quasi totalmente la partecipazione attiva del pubblico? E che di assembleare nella pratica si sia visto ben poco?
Non mi si accusi di remare contro, piuttosto vorrei che per il prossimo “viaggio” i remi fossero ancora più rifiniti. Così…tanto per andare più veloce, che il futuro non può attendere.

 

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