segnali dalle città invisibili
 

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A ficiunu finiri a skifiu

1.
"A ficiunu finiri a skifiu": l'hanno fatta finire a caos, casino, hanno rovinato tutto. Abbiamo letto questa frase su un cartello posto sul collo di una bambina che sfilava, con noi, sotto la pioggia. Un corteo numeroso, che ha attraversato le strade popolari di via Plebiscito a Catania, fino a piazza Università, davanti al Comune e a piazza Stesicoro (la piazza in cui nel 1960 fu ucciso un ragazzo, nei cortei contro i governi della destra e le leggi "maggioritarie" truffa). A Catania, nonostante la pioggia, e contemporaneamente in altre cento città italiane: contro la guerra, contro la barbaria "come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali" (vi ricorda qualcosa questa formula?).

2.
Berlusconi capo dell'opposizione? Che aspettano quelli del centro-sinistra a eleggerlo? Finalmente unificati da una leadership forte, super-partes, capace di accontentare tutti... Nell'Italietta di oggi, l'unica cosa che "la sinistra" ha saputo fare contro la destra è stata mettere Cacciari ad ansimare dietro Veronica Berlusconi. La politica che diventa "questione di corna". Anche quando da noi in Sicilia si ammazzavano le persone, non era mai la mafia ma "miskinu, kuestione di korna fu". (la versione veicolata dall'organo ufficiale, La Sicilia, all'indomani dell'uccisione di Pippo Fava).

La chiusura della Fiat. Nazionalizziamo: cioè, facciamo diventare Berlusconi presidente della Fiat?

3.
Negli anni Sessanta la Sicilia ha conosciuto la più grossa trasmigrazione di persone e risorse della sua storia: fino ad allora si andava in America o Argentina, ora in Belgio, Germania, Svizzera... e in Italia: Milano, Torino. Le fabbriche del nord. La Fiat come sogno di sviluppo, di redenzione. L'isola era ed è una base militare americana. La militarizzazione passa attraverso il controllo stretto di persone e cose. Anche per questo la mafia - con la benedizione dei cattolici e della loro chiesa. La Sicilia "non doveva" svilupparsi, "doveva" vivere nel limbo. Nel buio, si sa, si pesca meglio. La Fiat aveva bisogno di operai non specializzati, figli di contadini da impiegare nelle catene di montaggio, i reparti di verniciatura dove si moriva a trent'anni, i reparti saldatura dove le dita saltavano assieme alle schegge di lamiera, e si pisciava nell'acqua fino alla cintola perché non era ammesso allontanarsi dalla catena. Retorica operaista?
Il sistema dell'emigrazione non è stato né spontaneo né casuale. Fu un fenomeno organizzato. Nei collegi elettorali la Fiat aveva i suoi rappresentanti, spesso erano gli stessi deputati eletti: nella Dc, nel Msi (la destra di Almirante ritenuta più affidabile dai dirigenti vallettiani). La Fiat "sceglieva" i deputati di cui fidarsi. E questi erano onorati di lavorare per la Fiat. Convogliando le richieste della povera gente che si rivolgeva a loro per avere "il posto". C'erano i politici che vantavano di conoscere tutto di tutti, nel proprio collegio elettorale. Quello lo si può assumere, quell'altro no perché il padre è comunista. Un sistema "scientifico", "burocratico": le richieste venivano archiviate in apposite cartelle, con nome e cognome del richiedente, copia delle risposte e tutta la documentazione relativa al "caso". Le "teste calde" trovavano l'unica possibilità in Belgio o in Svizzera, mentre i "bravi ragazzi" erano degni della Fiat e di rimanere in Italia. Intere sezioni comuniste, nei quartieri popolari e nei paesi, furono smantellate senza bisogno di usare l'esercito (come si sarebbe voluto). Il potere di controllo della politica governativa passava anche attraverso la capacità che aveva di controllare il flusso dell'emigrazione.

4.
Il sogno dell'industria nel sud. Le cattedrali attorno cui rimase il deserto. Le raffinerie di petrolio e la chimica di Priolo, Gela, Milazzo... L'acciaio di Messina. L'edilizia dei Fratelli Costanzo e dei "cavalieri del lavoro" di Catania. Termini Imerese con il suo porto e il suo stabilimento Fiat... Da vent'anni assistiamo a un lento stillicidio, pezzo dopo pezzo il "sogno" dell'industria del sud si sgretola lasciando morti di cancro, territori devastati, disoccupati per i quali non c'è più neppure la speranza dell'emigrazione. Nel mondo globalizzato sembra che non ci sia più posto per la Sicilia e per le terre del Sud.

Noi che siamo a Girodivite assistiamo impotenti alla deriva. Non abbiamo avuto mai il sogno dell'industria, ma i nostri cugini e zii delle zone industriali si ritrovano a quarant'anni a essere considerati "in esubero". Ottomila ne conteggia la Fiat, e la tivvù non dice che si tratta di ottomila famiglie, e che per ogni licenziato alla Fiat ce ne sono dieci che perderanno il posto nell' "indotto". Ottantamila persone cancellate. Prima trance, ché tutti sanno che la Fiat deve essere chiusa in toto e con essa un bel pezzo della storia e del sangue di questo Paese. Un altro mondo è possibile, un'altra isola, un'altra Sicilia è possibile. Ma noi vogliamo che sia ora, non nell'indomani indefinibile e consolatorio.

 

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