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Giro96
Movimento
Gli italiani sono antisemiti?
di umberto eco, da L'Espresso
L'Italia ha dato un eccellente
contributo all'antisemitismo
intellettuale. Oggi antichi focolai trovano terreno
di coltura in
forme di razzismo di rozzo stampo neoceltico
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In occasione della profanazione delle tombe ebraiche
a Roma è stata
polemicamente ricordata la frase dell'onorevole
Casini, secondo il
quale in Italia l'antisemitismo è meno
radicato che in altri paesi.
Credo che occorra tracciare una distinzione tra
antisemitismo
intellettuale e antisemitismo popolare. L'antisemitismo
popolare è
antico quanto la Diaspora. Nasce da una istintiva
reazione delle plebi
verso gente diversa, che parlava una lingua ignota
che evocava riti
magici; gente abituata a una cultura del Libro,
così che gli ebrei
imparavano a leggere e scrivere, coltivavano la
medicina, la
mercatura, il prestito, da cui il risentimento
nei confronti di questi
"intellettuali". L'antisemitismo contadino
in Russia, aveva queste
radici.
Certamente pesava la condanna cristiana del popolo
"deicida", ma
infine anche lungo il Medioevo tra intellettuali
cristiani e
intellettuali ebraici c'era un rapporto (privato)
di mutuo interesse e
rispetto. Per non dire del Rinascimento. Le masse
disperate che
seguivano le crociate e mettevano a ferro e fuoco
i ghetti, non si
appoggiavano su fondamenti dottrinali, ma seguivano
impulsi di
saccheggio.
L'antisemitismo intellettuale quale lo conosciamo
oggi nasce invece
nel mondo moderno. Nel 1797 l'abate Barruel scrive
i "Mémoires pour
servir à l'histoire du jacobinisme"
per mostrare come la rivoluzione
francese fosse un complotto templare e massonico,
e più tardi un certo
capitan Simonini (italiano) gli fa notare che
dietro alle quinte
agivano soprattutto i perfidi giudei. Solo dopo
quel punto inizia la
polemica sull'internazionale ebraica e i gesuiti
se ne impadroniscono
come argomento contro le sette carbonare. Questa
polemica fiorisce in
tutta Europa, ma trova il terreno più fertile
nell'ambiente francese,
dove ora si tratta di additare nella finanza ebraica
un nemico da
battere. La polemica è certo nutrita dal
legittimismo cattolico, ma è
in ambiente laico (e in un gioco di servizi segreti)
che prendono
lentamente forma, partendo da un falso di origine,
i famigerati
"Protocolli dei saggi anziani di Sion",
poi diffusi nell'ambiente
zarista russo e infine fatti propri da Hitler.
I Protocolli sono stati elaborati riciclando materiale
da romanzo
d'appendice, e rivelano da soli la loro inattendibilità,
perché è poco
credibile che dei "cattivi" esprimano
in modo così svergognato i loro
malvagi progetti. I Savi dichiarano persino che
intendono incoraggiare
lo sport e la comunicazione visiva per rimbecillire
la classe
lavoratrice (e quest'ultimo tratto sembra più
berlusconiano che
ebraico). Eppure, per rozzo che fosse, si trattava
di antisemitismo
intellettuale.
Si può consentire con l'onorevole Casini
e dire che l'antisemitismo
popolare italiano è stato meno forte che
in altri paesi europei (per
varie ragioni socio-storiche, e persino demografiche)
e che infine la
gente comune si è opposta alle persecuzioni
razziali aiutando gli
ebrei. Ma in Italia è fiorito l'antisemitismo
dottrinale gesuitico (si
pensi solo ai romanzi di padre Bresciani) insieme
a quello borghese,
che alla fine ha prodotto quegli studiosi e scrittori
notissimi che
hanno collaborato all'infame rivista "La
difesa della razza", e
l'edizione dei Protocolli introdotta nel 1937
da Julius Evola.
Scriveva Evola che i Protocolli hanno «il
valore di uno stimolante
spirituale» e «soprattutto in queste
ore decisive della storia
occidentale non possono essere trascurati o rimandati
senza
pregiudicare gravemente il fronte di coloro che
lottano in nome dello
spirito, della tradizione, della civiltà
vera».
L'internazionale ebraica è all'origine
dei principali focolai di
pervertimento della civiltà occidentale:
«liberalismo, individualismo,
egualitarismo, libero pensiero, illuminismo antireligioso,
con le
varie appendici che conducono sino alla rivolta
delle masse e allo
stesso comunismo». È il dovere, per
l'Ebreo «distruggere ogni
sopravvivente resto di vero ordine e di differenziata
civiltà... È
Ebreo Freud, la cui teoria s'intende a ridurre
la vita interiore a
istinti e forze inconsce, lo è Einstein,
col quale è venuto di moda il
"relativismo"... Schoenberg e Mahler,
principali esponenti di una
musica della decadenza. Ebreo è Tzara,
creatore del dadaismo, limite
estremo della degradazione delle cosiddetta arte
d'avanguardia... È la
razza, è un istinto che qui agisce... Questa
è ormai l'ora, in cui le
forze sorgono dappertutto alla riscossa, perché
ormai il volto del
destino a cui l'Europa stava per soggiacere si
è reso chiaro... Che
l'ora del "conflitto" le trovi raccolte
in un unico blocco ferrato,
infrangibile, irresistibile».
L'Italia ha dato il suo eccellente contributo
all'antisemitismo
intellettuale. È però solo oggi
che una serie di fenomeni fanno
pensare a un nuovo antisemitismo popolare, come
se antichi focolai
antisemiti trovassero un terreno di coltura in
altre forme di razzismo
di rozzo stampo neo-celtico. Prova ne sia che
le fonti dottrinali sono
sempre le
stesse: basta visitare alcuni siti razzisti in
Internet, o seguire la
propaganda antisionista nei paesi arabi, e si
vede che non si trova mai
di meglio che riciclare ancora quella buffonata
che sono i Protocolli.
Umberto Eco
01.08.2002
www.espressonline.it
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