segnali dalle città invisibili
 

Giro96 14 settembre
Il testo del discorso di Rita Borsellino
roma, 14 settembre 2002

Grazie, devo dirvi grazie perché in quest'ultimo tempo ho sentito troppo
silenzio, troppo silenzio. Qualcuno ha detto, non cito la prima parte della
frase perché non vorrei essere né fraintesa, né strumentalizzata, qualcuno
ha detto: "Temo il silenzio dei giusti". Troppo silenzio c'era stato: grazie
di essere qui, di questo applauso alla memoria di Paolo.

Grazie di esserci a difesa e sostegno di questa giustizia così maltrattata,
così oltraggiata in quest'ultimo periodo. Oltraggiata spesso
nell'indifferenza di troppi o spesso nell'acquiescenza di tanti. Mi faceva
male, mi faceva male perché era costata cara, perché la conquista della
legalità è costata troppo al nostro Paese; è costata a tutti noi, ad alcuni
di noi in modo particolare, e questo silenzio era offensivo. Le parole delle
commemorazioni, di troppi pronti a commemorare i morti ed a oltraggiare i
vivi con le loro azioni, facevano male. Scavavano in quelle piaghe che non
si sono mai rimarginate: perché più tempo passa, più profonde sono, più male
fanno.

E allora grazie, oggi, di questa festa, di questo essere insieme, di questo
essere arrivati qui da tutte le parti, da tutte le parti; di essere qui
giovani e meno giovani insieme: generazioni che si incontrano e si uniscono
perché ci sono dei valori che sono al di sopra di tutto e di tutti; o almeno
così avevo sperato, avevo creduto, dopo il '92: che ci fossero dei valori
che fossero davvero universali, che dovessero appartenere a tutti, che tutti
dovessero sostenere e difendere, e invece così non era stato.

Oggi mi sembra di essere, all'indomani di quei giorni terribili delle stragi
del '92, quando scesi in piazza davanti all'oltraggio più grande, quello
della morte, ci eravamo ritrovati in tanti e avevamo capito che non era vero
che i siciliani erano tutti mafiosi, avevamo capito che eravamo tanti e
tanti di più.

I troppi silenzi, anche i compromessi, di quest'ultimo anno in particolare,
mi avevano fatto pensare per un momento che la giustizia, che la legalità
non fossero patrimonio di tutti, che l'avesse acquistato qualcuno e che ne
facesse quello che voleva. Oggi, qui, mi rendo conto che la giustizia ci
appartiene, che la legalità ci appartiene, che siamo noi a doverle difendere
e siamo tanti, siamo tanti davvero. Questo ci deve dare forza, ci deve dare
fiducia, ci deve fare ritrovare quella serenità che avevamo perso.

Io devo ringraziare Nanni Moretti, perché lo sentivo parlare praticamente
per la prima volta, oggi, e lo sentivo pronunciare quelle parole che io
stessa avevo dentro e che per troppo tempo, forse, avevo tenuto per me, che
non avevo trovato la forza e il coraggio di dire ad altri. Io credo che
abbia dato voce alla nostra coscienza, abbia dato voce alle nostre
coscienze.
Vedo un lenzuolo lì, quelli che furono fatti all'indomani delle stragi del
'92; c'è scritto: "Non li hanno uccisi, le loro idee camminano sulle nostre
gambe", non solo le idee di Paolo e di Giovanni. Guardate un po' quante
gambe ci sono oggi qui, a portare avanti queste idee di giustizia, di
legalità, di pace: perché non c'è pace senza giustizia.

E allora volevo farvi partecipi di una cosa un po' mia. Ricordo che, durante
l'ultima campagna elettorale per l'elezione del nostro presidente della
Regione, in Sicilia, l'aspirante presidente - le sue aspirazioni poi sono
state premiate, è diventato presidente della Regione Sicilia - ebbe una
frase molto infelice, devo dire: parlò della "sceneggiata dell'antimafia dei
lenzuoli". E io ricordo che mi indignò questa frase, perché quella dei
lenzuoli non era stata una sceneggiata; quella dei lenzuoli era un atto di
coraggio inverosimile, era la prima denuncia firmata, era la rottura
ufficiale del regime dell'omertà; per la prima volta si aveva il coraggio di
denunciare la mafia e di firmare quella denuncia. Chi metteva un lenzuolo al
suo balcone con scritto: "no alla mafia", diceva: "io, che abito qui, che ci
sto ancora, con la mia famiglia, con i miei figli, io non ci sto". Bene oggi
noi qui diciamo: "io non ci sto"; e un po' come se esponessimo il nostro
lenzuolo a questa finestra.

Grazie ancora. Qualcuno a detto: "non ci perdiamo di vista"; non ci perdiamo
di vista, teniamoci per mano: è anche questo il signficato del girotondo,
come le catene umane che si fecero all'indomani della strage di mafia;
significa tenersi per mano, per sentirsi forti insieme. Io credo che questo
sia importante, ma guai se tutto questo restasse soltanto una bella giornata
da ricordare e da raccontare agli altri. È importante, è importante la
continuità; come in tutte le lotte, come in tutte le lotte per la libertà, è
importante la forza ma è importante la continuità.

Io vi ringrazio a nome mio e ho qui un messaggio che mi ha affidato padre
Alex Zanotelli, io credo che tanti di voi lo conoscano. È molto lungo;
abbiamo deciso di leggerne soltanto poche frasi, perché possano diventare
davvero un messaggio e un patrimonio per tutti.
Dà questo messaggio a voi, "ai manifestanti di piazza San Giovanni", per
dire che la pace è nelle mani di ciascuno di noi, e dice: "Mi appello alla
società civile organizzata perché sappia resistere ai venti della guerra e
dell'illegalità. Mi auguro che questa manifestazione di piazza San Giovanni,
sia una espressione di questa Italia che si organizza per resistere".
Ciao!

 

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