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Giro94
Movimento
I boss ringraziano
da: Liberazione
La maggioranza di centrodestra
starebbe per predisporre un progetto di legge
che prevede la messa all'asta dei patrimoni sequestrati
ai boss mafiosi come
se fossero beni qualsiasi. E' quanto si evince
da un articolo pubblicato
oggi sul settimanale "L'Espresso". Gli
effetti che scaturirebbero dal varo
di un provvedimento di tal fatta sono facilmente
intuibili: i boss mafiosi
potrebbero rientrare in possesso del "mal
tolto" attraverso la compiacente
utilizzazione di prestanome di loro stretta fiducia.
«Eppure - rivela il settimanale - l'idea
ha cominciato a far capolino in
una riunione tecnico-governativa svoltasi il 10
luglio a Palazzo Chigi, alla
quale ha partecipato in modo abbastanza irrituale
anche il presidente della
Commissione Antimafia, Roberto Centaro (Fi). Il
quale avrebbe proposto un
fine sociale "ampio", con possibilità
di mutare la destinazione d'uso dei
beni anche a fini imprenditoriali». E' singolare
che il cosiddetto "papello"
(cioè le richieste che Totò Riina
avr ebbe avanzato nel corso della presunta
trattativa avviata con uomini dello Stato durante
le stragi del '92), oltre
che l'abolizione del carcere duro per i boss,
la rivisitazione della legge
sui collaboratori di giustizia e la riapertura
dei processi, contemplava
anche la restituzione dei beni sequestrati agli
uomini d'onore. Così come è
altrettanto singolare il fatto che la riunione
a Palazzo Chigi, di cui parla
"L'Espresso", sia avvenuta pochi giorni
dopo che il boss Leoluca Bagarella
aveva dichiarato di essersi sentito preso in giro
da quei politici che «non
hanno mantenuto le promesse».
Intanto, il sindaco di Monreale (Pa), Salvino
Caputo, ha denunciato ieri
che un immobile confiscato alla "famiglia"
Brusca sarebbe stato affidato in
custodia giudiziaria a un altro boss di San Giuseppe
Jato, Salvatore Reda,
condannato per reati di associazione a delinquere
di stampo mafioso. Caputo
ha subito informato della vicenda il prefetto
di Palermo, Renato Profili, il
presidente della Commissione Antimafia, Roberto
Centaro e il Commissario del
Governo per i Beni Confiscati, Margherita Vallefuoco,
sollecitando «una
ispezione per far luce su un caso che desta scalpore».
Nel febbraio del 2001, era stato il deputato di
Rifondazione comunista
Nichi Vendola, allora vice presidente della Commissione
Antimafia, a
denunciare che la gestione e l'affidamento dei
beni sequestrati dallo Stato
ad esponenti della criminalità organizzata
sarebbero stati assegnati dai
Tribunali a componenti o prestanome delle stesse
"famiglie" mafiose oggetto
delle misure di sequestro. Accade, infatti, che
il Tribunale affidi
solitamente la gestione dei beni sequestrati ai
mafiosi ad un Amministratore
giudiziario il quale, a sua volta, ha la facoltà
di delegare il proprio
compito a dei "coadiutori". Questi ultimi,
aveva denunciato allora Vendola,
altro non sarebbero che membri di famiglie mafiose
o soggetti di fiducia e
prestanome delle stesse.
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