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Giro94
Movimento
Palestina / Operazione colomba
"Bene, loser, molto
bene. Siamo arrivati al punto. I mezzi d'informazione,
hai detto. Tu come la vedi?"
(...)
-Bene, loser, molto bene. Siamo arrivati al punto.
I mezzi d'informazione, hai detto. Tu come la
vedi? Immagini un Grande Fratello che controlla
e coordina ogni dettaglio, orchestrando la campagna
di menzogne e censurando le voci fuori dal coro?
Eh? Per favore! Non puoi essere così idiota
da credere a una regia mondiale delle balle giornalistiche!
-No, infatti. Si tratta semplicemente di mezzi
a disposizione. E guarda caso, chi si mette contro
i vostri interessi, non ha mai i mezzi sufficienti
per dire al mondo qual'è il proprio punto
di vista al riguardo.
Bart annuì esageratamente, accentuando
l'atteggiamento di padre paziente verso il figlio
sprovveduto.
-E tu, non avevi una telecamera? Non eri là
per mostrare al mondo la terribile ingiustizia
rivolta al popolo nicaraguense? Dimmi una cosa:
quante televisioni hanno accettato il tuo materiale?
-Praticamente nessuna -ammise Leandro
-Già, ma ti sei convinto che la colpa fosse
tutta della congiura internazionale, dell'asservimento
planetario ai voleri dello Zio Sam, no? Povero
illuso. Stammi bene a sentire, loser: sai perchè
nessuno ha mandato in onda i tuoi filmati di denuncia?
-perchè alla gente non gliene frega niente,
non vuole sapere, preferisce non sentire. é
l'esatto contrario: non sono manipolati dal Grande
Fratello, sono sordi
e ciechi a qualsiasi cosa minacci di turbare i
loro equilibri. Se provi a farlo, cambiano canale.
Ecco perchè è tutto inutile: puoi
fargli vedere qualsiasi cosa, ma se ne sbattono!
Al massimo, provano un brivido di fastidio e se
ne dimenticano l'indomani.
Leandro scosse la testa.
-No...-In parte è così, ma...non
si diventa direttori di un telegiornale, se...
-E piantala! -esclamò Bart, in tono assurdamente
allegro.
-Ma sai che sei senza speranza? Bene, ti faccio
un esempio pratico...
(...) Pino Cacucci, Demasiado Corazon.
21 agosto, prime ore del mattino
E' uno dei tanti ragazzini che camminano a piedi
scalzi sulle macerie che ancora fumano. Uno che
si potrebbe facilmente confondere tra tutti gli
altri che vengono verso di noi per mostrarci le
schegge che hanno raccolto da poco, frammenti
di metallo esplosi conservati come cimeli. Lo
contraddistingue la sua maglietta nera e azzurra
a strisce che con la scritta Ronaldo impressa
sulla schiena rapisce per un istante i miei pensieri,
distogliendoli dal tetro paesaggio di morte che
mi trovo davanti. Una sola domanda. Che cosa hanno
in comune lui e una ragazzina di sedici anni che
cerca i contatti per poter diventare una martire?
Per capire occorre riavvolgere il nastro del tempo
di una mezza giornata.
20 agosto, ultime ore della sera
Io ed Andrea passiamo la sera in casa di una persona
che vive molto vicino al check point di Qararah.
La recinzione elettrificata che delimita il territorio
è proprio lì a due passi da noi
e quando scende la notte un potente faro illumina
il perimetro controllato squarciando il buio con
i suoi movimenti repentini e scostanti. Mentre
chiacchieriamo sulle possibili conseguenze degli
accordi di pace appena siglati tra Israele e l'ANP
che dovrebbero prevedere l'allentamento della
pressione militare israeliana anche qui nella
striscia di Gaza, il cielo è continuamente
solcato da aerei militari che sfrecciano in tutte
le direzioni. Poco distane delle raffiche di mitragliatrice
violentano il silenzio notturno che si crea tra
il passaggio di un aereo e l'altro, un razzo luminoso
illumina per alcuni secondi le case circostanti.
S. ci racconta di quando poco tempo fa i soldati
sono entrati proprio lì ed hanno arrestato
una decina di persone. Di quanto male stiano andando
le cose rispetto a pochi anni fa quando la sua
famiglia era conoscente di alcuni coloni che addirittura
venivano invitati a casa sua per condividere la
stessa mensa.
Dopo aver mangiato la persona che ci ospita ci
invita in casa per guardare la tv. Scorrendo un
po' la lista dei canali che si ricevono con la
parabola, ci fermiamo su rai uno pronti per aprire
una parentesi virtuale in questa realtà
per catapultarci qualche istante nel nostro Paese.
Il telegiornale della sera, uno dei più
seguiti in Italia, apre con la notizia dell'assalto
da parte di un gruppo iracheno di opposizione
a Saddam Hussein, dell'ambasciata tedesca. Continua
offrendo un servizio dettagliatissimo sugli ultimi
sviluppi del mondo del calcio italiano e solo
dopo liquida in poco tempo due notizie drammatiche
che riguardano il conflitto di Cecenia e gli sviluppi
di quello palestinese trattando con la solita
noncuranza e poca voglia di scoperchiare responsabilità
e crimini contro l'uomo, due guerre che mascherate
da azioni antiterroristiche continuano a mietere
vittime civili in un clima di impunità
esistente sia a livello informatico sia a livello
istituzionale. S. è li con noi. Vive ad
un passo da un check point militare dove ogni
giorno partono dei colpi che colpiscono le case
della gente. Mi ritornano in mente le case del
quartiere di Mamsawi, costruite con fondi elargiti
dall'Austria ma disabitate perché bersagliate
dai colpi dell'artiglieria militare dell'esercito
della Stella di David. Penso alle migliaia di
fori di proiettile che hanno
demolito queste costruzioni distruggendo intere
facciate, spaccando piastrelle e forando porte
e finestre. Penso alla casa di K. e dei suoi fratelli,
bersagliata tutti i giorni dal fuoco che parte
dalle torrette militari, ai colpi che si conficcano
nelle pareti. Penso alla figlia di A. e a suo
padre che quando i soldati sparano, consola la
sua piccola dicendo che i colpi li sparano dei
suoi amici. Penso ai tanti drammi quotidiani di
questa gente quando guardo questo telegiornale
del mio Paese e S. è sempre lì con
noi che guarda la tv. Io mi vergogno di essere
italiano, non so come giustificare questo tenativo
di alterare la realtà messo in atto dai
nostri giornalisti che mandando in onda servizi
futili mascherando dietro ad una cortina di fumo
la realtà.
La zona è quella di Tufah. Non sappiamo
proprio che cosa fare ma tutti non hanno dubbi
sulla necessità di arrivarci al più
presto. Nel cuore della notte la telefonata di
una nostra conoscente che vive nella zona ci ha
informato dell'irruzione delle truppe israeliane,
spiegandoci che le azioni dell'esercito sono iniziate
verso mezzanotte e che la pericolosità
è molto elevata dato che i soldati sparano
su qualsiasi cosa si muova. Arriviamo a Tufah
accolti dai lampeggianti delle ambulanze. Centinaia
di persone sono in strada e noi ci dirigiamo verso
la folla con la telecamera accesa. La stessa strada
sulla quale io stesso ho camminato non più
di una settimana fa è ora un cumulo di
macerie sollevate dalla potenza dei bulldozer
militari. La polvere è dappertutto. Su
quel che rimane di un muro c'è scritto
in inglese:"Distruggerete le nostre case
ma non distruggerete le nostre anime". Continuiamo
a riprendere mentre una potentissima deflagrazione
ci obbliga a ripararci. Poco dopo delle grida
chiamano le ambulanze che giungono per assistere
delle persone ferite. Una carica di esplosivo
piazzato dai soldati ha sventrato un edificio
provocando un morto e sette feriti. La confusione
regna sovrana. Ormai è giorno e la luce
ci permette di inorridire di fronte al lavoro
ininterrotto portato a termine dall'esercito garante
della democrzia in Medio Oriente. Delle donne
piangono la loro disperazione; i volti e gli occhi
della gente che si incontra trasudano rabbia.
Tutt'intorno macerie e macerie, resti di case
che ancora fumano. I militari, una volta entrati,
hanno intimato alla gente di lasciare le case,
minacciando di abbattere tutto. I bulldozer, coperti
dagli elicotteri e dagli aerei militari, che hanno
sparato sulla folla, hanno distrutto la strada
per una cinquantina di metri, demolendo le mura
delle case adicenti. L'esplosivo ha fatto implodere
quello che i bulldozer non riuscivano a distruggere.
In tutta la notte sono state demolite otto abitazioni.
Il ragazzino che indossa la maglia dell'Inter
è proprio là, che cammina a piedi
scalzi sulle macerie di una casa demolita, forse
la sua. La maglietta che indossa mi riporta ai
pensieri di ieri sera, alle regole
dell'informazione che vigono, al Grande Fratello
che ci condiziona o a noi che condizioniamo l'informazione.
Chissà se nel prossimo tg, tra le notizie
importanti che parlano del calciomercato e le
ultime trovate della moda, ci sarà un servizio
che racconterà di questo dramma...
Ora forse è un po' più
chiaro. Che cosa ha in comune questo ragazzino
con la disperazione di una sedicenne che si vuol
far saltare in aria?
Alex - volontario dell'Operazione
Colomba
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