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Giro92
Risonanze
Lora di religione
di Cesare Piccitto
Regia: Marco Bellocchio
Cast: Sergio Castellitto, Jacqueline Lustig, Chiara
Conti, Gigio Alberti, Piera degli Esposti.
Genere: drammatico
Nazione: Italia
Anno: 2002
Durata: 1h e 42
Il
film narra la storia di un artista ateo, Ernesto
(Sergio Castelletto), entrato in crisi non appena
saputa la notizia della possibile canonizzazione
della madre morta anni prima. Da questo momento
principale, poiché il resto è secondario
ma non meno importante, si snoda la trama. Un
ritratto intimista di un uomo che ha fatto del
non credere e dellidealismo i cardini della
propria vita. Tale ateismo lo ha portato a non
aver battezzato il figlio e a non fargli frequentare
lora di religione a scuola. Un uomo di tale
personalità inevitabilmente sprofonda e
attraversa una crisi mistica, incontrando personaggi
alquanto strani. Il motivo della presunta santità
(su cui nessuno realmente crede) sono la conduzione
retta e praticante dellesistenza terrena,
lessere morta uccisa da uno dei figli, da
sempre malato psichico, mentre cercava di farlo
smettere di bestemmiare e un presunto miracolato.
Uno contro tutti potrebbe riassumersi
il film, lartista ateo coerente da una parte
che considerava la madre stupida (non avendo provveduto
a curare adeguatamente il fratello) non meritevole
di santità, e il resto dei parenti che
ipocritamente vuole a qualsiasi costo, anche di
mentire, la santa in famiglia per riavere lonorabilità
perduta a causa dellorrendo delitto, e cercare
di rimediare con celebrità e proventi a
enormi fallimenti personali. Determinante sarà
la dichiarazione dellassassino che dovrà
sostenere che la vittima poco prima di spirare
lo abbia perdonato. Tale ammissione oltre a essere
la scena centrale del film sarà anche la
più drammatica e intensa. Premesso che
il psicolabile non parla dal tempo del matricidio,
e impresa ancor più ardua pretenderne una
simile dichiarazione. Alla fine cederà
per la pressione dei familiari, escluso Ernesto,
che pretendono non una confessione vera ma utile.
Immediatamente dopo bestemmie urlate a squarcia
gola quasi fossero una forma di liberazione dal
rimorso, di aver ucciso lunica persona che
lo aveva amato veramente, che si portava dentro
inespresso. Il regista coglie perfettamente il
disagio di un ateo circondato da parenti e istituzioni
veramente o falsamente cattoliche, che osservano
con sguardo schifato e superiore chi non la pensa
come loro. Bellocchio ricrea, stati danimo,
con scene rallentate quasi irreali e sottofondi
di cori religiosi, atmosfere decisamente Felliniane.
Cè, secondo me, anche una chiara
critica alla società moderna, che mercifica
qualsiasi cosa purchè fonte di guadagni
anche se falsa e abilmente pubblicizzata; ricostruzione
del martirio, biografie, gigantografia, sito internet
ecc. Il regista rimane fedele a se stesso, non
piegandosi a regole di mercato, continua a fare
il tipo di cinema in cui ha sempre creduto. Pur
non essendo più il regista del primo film
I pugni in tasca (1965) rimane il
cineasta della rivolta, proseguendo nella battaglia
contro le istituzioni (famiglia, chiesa,
scuola
).
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