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Giro90
Zoom
Salvo Basso
La bussola e l'equatore. Salvo Basso
di otello urso
Le persone non si conoscono mai
interamente, al massimo scambiano tra loro frammenti
d'esperienza.
Qualche volta la mia vita si è
incrociata con quella di Salvo Basso e, naturalmente,
sono rimaste attaccate delle cose ad entrambi.
Provo a dirne perché la scrittura, si sa,
è terapia, e serve innanzi tutto a me,
e poi, chissà, magari anche a qualcun'altro.
La morte è sempre cosa dura durissima e
poi nulla. Forse sto scrivendo solo per provare
a riempire con un po' di ricordo tiepido questo
fottuto niente che mi svuota e mi allibisce quando
penso a lui.
Era due cose, Salvo: era il politico accorto e
onesto che tentava di strappare pezzi di realtà
all'utopia, ed era il poeta, il poeta che raccontava
con la fatica del voler essere vero la provincia
siciliana.
Ora mi viene da pensare al vibrare,
e allo scartare improvviso dell'ago di una bussola.
Se lo metti all'equatore, l'ago impazzisce, attratto
come è dalle forze contrapposte, del nord
e del sud. Allo stesso modo, lui oscillava schizofrenico
tra la lotta del politico e la poesia;
Tra la partita a scacchi infinita del potere,
con le sue strategie i suoi scontri cruenti e
le sue mediazioni, e la tenerezza ragazzina profonda
e dolce con cui ti colpiva all'improvviso, come
un pugno alla bocca dello stomaco.
E tu restavi lì stordito di verità
mentre credevi di parlare con un assessore comunale
e vicesindaco.
SCARTO n.1
Per me, era un amministratore pignolo
e visionario. Pignolo fino alla paranoia. Ma vero
tribuno, con quella dose di narcisismo che i politici
e gli artisti posseggono, e la capacità
di rendere palpabili i sogni. Con un piacere vero
per la polemica ed un senso dell'ironia immediato
e coinvolgente.
Ricordo quando una sera, in pizzeria,
raccontò del viaggio a Roma di tre dirigenti
politici della sinistra catanese. La missione
era:convincere i vertici del partito a sostituire
il candidato cittadino.
Ritenuto, secondo i sondaggi di cui erano in possesso,
un perdente. Imitava perfettamente i discorsi
dei tre che, in aereo, si preparavano, facendo
calcoli complicatissimi, all'incontro. Descrisse
in modo esilarante l'ingresso concitato e scomposto
della delegazione nel grande palazzo sede del
partito, fino alla trepidante attesa in anticamera
ed al breve incontro con il responsabile nazionale
dell'organizzazione. Incontro terminato non appena
i tre avevano ammesso candidamente che il sondaggio
si basava su "circa 50 telefonate fatte di
iddi stissi! A un pugno di amici!"
Ma nella mia percezione è stato anche un
raffinato intellettuale. Un uomo con un interesse
sincero ed una grande capacità di intuire
con anni di anticipo la forza dei nuovi movimenti
per una democrazia dal basso.
SCARTO n.2
Per me è successo così.
L'estate scorsa. Ero convinto di intervistare
il politico e tutto compunto facevo le domande
che mi ero coscenziosamente preparato. Lui le
ha riportate, con uno scarto improvviso, alle
banalità che erano, spostando il discorso
sulla paura che aveva della cecità, sull'impotenza
della malattia e sulla morte. Prima di andar via
ha regalato a chi era in quella cucina calda con
la tenda rosa coi buchi e il canarino alla finestra,
un delirio poetico sull'angoscia del vorticare
soli in una deriva fatta di nulla.
Funerali
I funerali sono sempre una brutta
cosa: l'addio, la fine, il dolore che palpita
concreto.
I funerali cattolici almeno hanno il merito di
restituire bene il senso della conclusione. Un
buon rito, preciso e immutabile. Reso perfetto
da molti secoli di onesta applicazione.
I funerali cattolici poi, posseggono come ulteriore
elemento consolatorio un egualitarismo postumo.
Tutti i giusti sono uguali sotto il rullo del
caterpillar di Dio.
Io non ci credo. Io penso che tutti sono diversi.
E tutti sono diversi per i diversi pezzi di sè
che lasciano nell'immaginario di chi incontrano.
E allora il rito con cui voglio ricordare Salvo
si è svolto prima, molto prima.
Luglio 2001, Mercati Generali, Catania.
C'è aria di festa. Salvo scende dal palco,
ha appena finito di leggere le sue poesie con
l'accompagnamento di Steve Piccolo. E' contento.
La gente lo circonda. Mi vede, si avvicina e mi
abbraccia. Non l'aveva mai fatto.
"T'e piaciutu, Otello? - Mi prende il braccio-
Vieni ti voglio presentare una persona
la
mia ragazza."
Steve Piccolo sul palco stava ancora graffiando
col sax l'ultimo pezzo. So che a lui, sofisticato
di un provinciale, piaceva molto: "Self control".
Ora niente.
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