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Giro90
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Salvo Basso
Luoghi comuni (un ricordo di Salvo Basso)
di anna bucca
Un rischio in cui si incorre
nel ricordare le persone care è quello
di cadere, forse senza volerlo, in luoghi comuni
e in considerazioni retoriche o di esprimersi
in maniera confusa.
Credo di avere buone probabilità di incapparci
anch'io.
Penso anche di avere un altro problema e cioè
di non avere ancora ben digerito il fatto che
Salvo sia morto. Pertanto di non riuscire a parlarne
come vorrei. Di non riuscire a collegare quell'uomo
in una bara con vestito e fascia tricolore con
l'idea che Salvo non c'è.
E' più un problema di pancia che di testa.
Io non conoscevo Salvo da molto tempo; forse ci
siamo incontrati per la prima volta 4 anni fa,
di sicuro a Scordia. Ma non credo neanche che
il dolore e le emozioni siano direttamente proporzionali
agli anni di conoscenza.
Abbiamo trovato da subito dei percorsi comuni,
probabilmente perché il nostro punto di
contatto sono stati i ragazzi dell'Arci di Scordia,
con cui lui aveva rapporti di amicizia, di collaborazione
e di stima già consolidati.
Io però non ho mai avuto la sensazione
di aver conosciuto l'ennesimo amministratore con
cui dover cercare di mantenere rapporti politici
cordiali, per ragioni di opportunità.
L'ho sentito da subito prima un amico e poi l'assessore,
con cui litigare - e riappacificarsi- tutte le
volte che è stato necessario. E con le
conseguenti telefonate (più spesso sue,
visto che mal sopportava di essere stato frainteso)
che iniziavano con "ma t'a pigghiasti?, ma
sicuru? Ma si' cretina? ", con eventuale
mediazione di un amico comune che rassicurava
sia me che lui che era tutto chiarito.
E l'unica volta che l'ho chiamato "poeta",
lo scorso luglio, è stata la prima sera
che lo sentivo leggere le sue poesie in pubblico
e l'ultima sera in cui lui ci regalava una performance.
Mi sono rimproverata molte volte, dall'inizio
della malattia, di non riuscire ad andarlo a trovare
frequentemente, combattuta tra il non voler essere
troppo invadente e la sensazione di non essere
per niente presente; mi consola un po' il fatto
che per lo meno l'ultima volta che ci siamo visti
ho ritrovato il Salvo che conoscevo, -battuta
tagliente e fine ironia- con cui ridere parecchio
e rinfacciarsi reciprocamente alcuni "mostri"
e situazioni poco sensate a cui avevamo dato vita
nelle nostre collaborazioni.
Però di alcuni luoghi comuni
che hanno caratterizzato questa nostra conoscenza
vorrei parlare coscientemente: non luoghi comuni
come "banalità", ma come luoghi,
occasioni, percorsi che si provava a costruire
insieme.
Salvo amava svisceratamente i libri, tutti i libri.
"Luoghi comuni. La città come laboratorio
di progetti collettivi" è un libro
dell'urbanista Giancarlo Paba, protagonista di
una contesa tra noi due.
Io lo avevo trovato e l'avevo portato con me-
anche un po' provocatoriamente- per farglielo
vedere. Lui rivendicava il diritto di leggerlo
per primo, anche a costo di sequestrare la mia
copia, perché si sentiva ispiratore delle
nostre- mie e di altri compagni- riflessioni sulla
città e sulla progettazione partecipata.
E in parte lo era.
Ovviamente, alla fine il libro l'ho portato via
io ma il giorno dopo lui aveva già messo
sottosopra le librerie di Catania per fare arrivare
la "sua" copia, e poterla leggere prima
di me.
Dopo un paio di mesi, ci siamo ritrovati insieme,
in un dibattito pubblico a Catania. Senza che
nessuno dei due fosse nel frattempo riuscito ad
affermare la propria "prepotenza intellettuale"
e a far venire in Sicilia il maestro Paba.
.
Salvo per me, per molti di noi,
è stata un amico con cui condividere i
sogni, la possibilità di costruire un mondo
diverso, in cui l'attenzione per le persone, per
il loro sentire, per il loro essere, non fosse
un fatto accessorio o comunque in secondo piano,
rispetto a valutazioni di calcolo o di altro ordine;
Quando l'ho conosciuto, la cosa che mi aveva colpito
molto era l'aver trovato finalmente in Sicilia
un amministratore pienamente cosciente di come
la cultura - a tutti i livelli- potesse essere
un importante e efficace strumento di promozione
sociale, di inclusione e interazione.
Salvo ha avuto il merito di avviare confronti
di alto livello, di provare a coordinare il lavoro
degli assessorati alle culture, di stimolare in
continuazione le iniziative delle associazioni,
magari a volte "rompendo" un po', ma
sempre con quel suo modo affabile e attento agli
altri e alla costruzione di relazioni sincere.
Dopo la sua morte ho girato un po' tra le mie
carte alla ricerca di un suo articolo e alla fine
ne ho trovato un altro. Così vorrei chiudere
questo ricordo disarticolato e scomposto - come
mi sento adesso io- con le sue parole:
"Ecco quello che immagino come ruolo positivo
dell'assessore alla cultura (
). La possibilità
di condividere, scambiarsi e aumentare le informazioni.
Quale spazio? Lo spazio è lo spazio del
sogno. Il sogno di una città piccola, nella
quale si possa sognare insieme. Sognare insieme
una città ideale come luogo in cui sia
possibile isolarsi per pensare ma anche incontrare
il proprio prossimo per pensare con lui. (
)
Divertirsi, crescere, informarsi, leggere
guardare,
fare delle cose, insomma vivere non di solo pane
costa, costa magari caro, ma è un costo
non effimero sul quale non possiamo permetterci
di fare alcun risparmio" (Quaderni di Eupolis,
numero 1, luglio 1999).
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