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Giro90
Carovana antimafia 2002
Zoom
Diario della carovana antimafia 2002
di marta fiore - Girodivite
ha seguito, come ogni anno, la Carovana Antimafia
organizzata da Libera e Arci. Nei numeri scorsi
abbiamo pubblicato uno "speciale" (c'è
stata anche la nostra partecipazione alla giornata
di Catania dedicata all'informazione libera).
Pubblichiamo qui stralci del "diario"
tenuto da marta nei giorni faticosi ma esaltanti
della "carovana" nelle diverse città
siciliane.
Mercoledì 10 aprile 2002
· Corleone e Trapani
E anche quest'anno si riparte: i furgoni, il ludobus,
i pulmini, le macchine; ma la carovana non è
mai solo questo. Troppo scontato, troppo freddo,
troppo uguale a se stessa.
È il gruppo a farla la carovana, per questo
ogni anno è diversa.
Si parte per Corleone: l'appuntamento per me è
alle otto del mattino sotto quell'ulivo benedetto
in via D'Amelio che segna un luogo di morte e
lo trasforma fino a farlo diventare vita vera,
vissuta, scelta concreta di ogni giorno. Ogni
anno, a questo appuntamento, arrivo con un forte
senso di inadeguatezza: riuscirò ad inserirmi
nel gruppo? Riuscirò a concretizzare la
mia voglia di esserci e di fare? Quest'anno poi
ho un po' un ruolo di ponte: ci sarà un
gruppo di ragazzi di Bergamo in carovana per tutta
la prima settimana, accompagnati da una professoressa;
hanno partecipato al Premio Falcone e Borsellino
indetto dal Comitato Carovana Antimafia di Bergamo
con delle produzioni culturali sul tema della
mafia: un tema, un video, due ipertesti, un Te
Deum per flauto traverso. Il premio consiste proprio
nella partecipazione dei vincitori alla Carovana
Antimafia siciliana: a me è stato affidato
il compito di fare da punto di riferimento e di
condividere con loro tutto quanto andremo a fare,
per raccontare la densità dei nostri gesti
e svelare l'impegno e la fatica che c'è
dietro ognuno di essi.
Questo significa che avrò l'opportunità
di seguire la carovana con i suoi ritmi, senza
il rientro a casa tra una tappa e l'altra, che
vivrò fortemente la dimensione del viaggio
e del mettermi in discussione, che attraverso
di loro avrò un osservatorio privilegiato
che mi permetterà di non dare nulla per
scontato, e questo diario di bordo mi darà
l'opportunità di raccontarmi tutto questo
e di contaminare la mia lettura della realtà
con un altro punto di vista: l'idea è già
infatti quella di chieder loro di scriverlo insieme.
Come le carovane che viaggiano nel deserto, anche
la nostra è segnata dagli incontri delle
persone, già dal momento del raduno: sotto
l'ulivo della Pace ci aspetta Roberta che, partita
dall'Emilia, ha voluto condividere la storia della
nostra isola.
Siamo a Corleone oggi per un fatto molto concreto,
pianteremo la prima pala di ficodindia nei terreni
confiscati ai boss: è un progetto a cui
teniamo molto, Liberarci dalle spine, perché
ci permette di concretizzare tanti anni di attività
e di attenzione a questa realtà e di far
lavorare con noi giovani segnalati dal Dipartimento
di Salute Mentale della ASL 6.
Corleone è sempre stata tappa della carovana
da quando ci siamo messi in movimento otto anni
fa per andare incontro alle persone; tanti progetti
sono nati, e molti hanno visto questo territorio
come protagonista. Nella piazza brulicante di
bambini pronti a giocare e colorare con i nostri
animatori conosco i miei compagni di viaggio,
ma il senso di inadeguatezza è ancora fortissimo,
così che non mi permette di salire fin
da subito nel pulmino con loro: mentre alcuni
di noi vanno sui terreni confiscati per la piantumazione
del ficodindia, e tra di loro la prof. di Bergamo,
Rosanna, con una delle ragazze, Marta, resto in
piazza, a godermi la splendida giornata, la compagnia
e la simpatia travolgente di Pippo Cipriani, le
urla piene di gioia della piazza del municipio,
coloratissima e dominata dai nostri striscioni,
quelli che accompagnano il nostro andare da anni.
Ritrovo Ivana, conosciuta in questa piazza, per
organizzare con Libera la giornata della memoria
e dell'impegno il 21 marzo del 1999, e mi rendo
conto dal particolare affetto con cui ci salutiamo
che sono i valori così forti dentro di
noi a segnare questo rapporto così vero.
Impercettibilmente il senso di inadeguatezza inizia
forse a diminuire, mentre il lenzuolo dei diritti
inizia a srotolarsi e a riempirsi di colori e
di immagini: quanto entusiasmo all'inizio di questo
viaggio appassionante, ma sappiamo bene che avremo
anche momenti di difficoltà e piccoli inconvenienti.
Abbiamo già cominciato: il ludobus, il
caro vecchio, rosso Lucignolo, è rimasto
fermo lungo la strada: la carovana si riorganizza
quindi fin da subito, tutti pronti a cambiare
furgone, a recuperarne il carico. È, forse,
fin dall'inizio il segno che ci vuole flessibilità,
spirito di adattamento, assunzione di responsabilità.
(Marta: terreni confiscati)
Più tardi facciamo il punto sui beni confiscati.
Ascoltiamo le preoccupazioni di Franca Imbergamo:
oggi siamo qui per fatti concreti, ma quanti potremo
ancora farne? Ci saranno ancora magistrati indipendenti
che non abbiano paura e abbiano gli strumenti
per continuare a togliere ricchezze alla mafia?
Sappiamo bene che è un problema nazionale,
che ci riguarda tutti, anche se in forme diverse:
ce lo ricorda Roberta, assessore in Emilia, terra
questa (e non la Sicilia) in cui nasce Avviso
Pubblico, l'associazione che mette insieme enti
locali e regioni per la formazione civile contro
le mafie. Per questo è importante creare
occasioni di scambio e di incontro tra le diverse
realtà, perché solo così
possiamo creare davvero la comunità Italia.
E la carovana fin dall'inizio ha promosso incontri
tra le diverse realtà del nostro Paese,
tanto che oggi, dopo otto anni, è diventata
un'iniziativa nazionale che tocca dieci regioni
e cento città. La politica, certo, deve
fare la sua parte - ci ricorda Beppe Lumia, in
carovana da diversi anni - e deve avere il coraggio
di dire cosa è successo davvero in quel
1992, che ha segnato la vita di molti e che per
molti è diventato l'inizio di un viaggio
verso ipotesi nuove di esistenza: è questo
l'impegno che la Commissione Parlamentare Antimafia
ha preso davanti al Paese!
Il nostro capocarovaniere, Calogero, presidente
della cooperativa Lavoro e non solo, cui sono
stati affidati i terreni del progetto Liberarci
dalle spine, ribadisce con poche parole la gradualità
e la tenacia come metodo di lavoro per ottenere
risultati e l'importanza delle sinergie sul territorio
per riappropriarsene e renderlo produttivo. Ci
rappresenta tutti con il suo modo di essere, prima
ancora che di pensare. Poi è Marta di Bergamo
che ci regala il suo tema scritto in forma di
lettera: è un messaggio forte, che parte
dalla morte per ricordarci che si tratta sempre
di persone semplici, con una famiglia, con dei
bambini. L'emozione è forte perché
mi riporta alla mia storia, mi fa balenare davanti
ancora il sorriso dello zio, mi fa avvertire il
suo odore, mi fa sentire la sua risata, mi regala
ancora l'immagine del suo sorriso come l'ho visto
quel 19 luglio, coperto di fuliggine: un messaggio
forte capace di andare al di là della morte.
Ancora una volta ci riporta con i piedi per terra:
è da qui che siamo partiti - ci ricorda
Rita -, la carovana si è messa in moto
la prima volta per non dimenticare e, da allora,
continua a farlo: per non dimenticare e per costruire,
perché - come ci dice Pippo Cipriani -
ci sono i problemi, le cose complicate ma ci siamo
anche noi: con la gioia della vita, con gli occhi
limpidi di chi vuole andare avanti e sa che i
risultati che non si possono raggiungere oggi
sono la motivazione per impegnarsi ancora di più!
I furgoni si rimettono in moto: sono in pulmino
con Rosanna, Marta, Laura, Pietro, Andrea, Luca,
Francesco, Salvo; non riesco più a rimarcare
differenze, già da ora percepisco che non
sono più i bergamaschi, sono semplicemente
loro. A Trapani ci aspettano le istituzioni, l'incontro
con il prefetto, il questore, la presidente della
provincia: andiamo a raccontare ciò che
promuoviamo come società civile e chiediamo
che ognuno faccia la sua parte!
Le emozioni della giornata non sono ancora finite:
gli Sbannicanturi ci offrono riflessioni e musica
che fanno vibrare le corde profonde dei nostri
cuori; molte sono in siciliano e mi sorprendo
ad ascoltarle con le orecchie di zio Paolo, che
amava profondamente il nostro dialetto. Sonorità
nostre si intrecciano con voci straordinarie,
restano dentro anche se non se ne comprendono
tutte le parole: siamo tutti un po' stanchi, ma
quando finisce, conversando con Rosanna, ci ritroviamo
concordi nell'affermare che è stato troppo
breve!
(Marta: spettacolo di Trapani)
Giovedì 11 aprile
2002
· Trapani
Un sole caldo, una giornata serena sveglia la
carovana: stamattina ci aspettano tre scuole.
I bambini delle scuole sono da sempre protagonisti
e destinatari naturali dei nostri incontri perché
- come dice Calogero - la carovana ha la forza
del contagio, sprigiona risorse sempre nuove e
crea momenti di incontro, ma ha anche un altro
merito: quello di raccontare. Già, proprio
così: raccontare il percorso di questi
anni difficili, di quest'isola che dimentica e
viene dimenticata, in cui troppo spesso i luoghi
comuni si affermano sui segnali di trasformazione.
I bambini, la loro gioia, la loro allegria, i
loro colori, i loro sorrisi, i loro diritti negati
già nel dirli cittadini di domani, le loro
canzoni. Sono sempre stati bussola del nostro
viaggio, tanto che ricordi e percorsi hanno oggi
concretezza in ludoteche, progetti dedicati a
loro, centri sociali, nuovi circoli in cui poter
essere protagonisti.
Nella prima scuola ci accolgono con uno sventolìo
di fazzoletti, con le canzoni che raccontano del
sogno e della volontà di costruire una
realtà diversa; sedendosi per ascoltare
il messaggio di Rita compongono la parola "giustizia".
L'entusiasmo riempie i loro occhi mentre i più
piccoli giocano e colorano il lenzuolo dei diritti.
Rita, sorpresa ed emozionata, ci racconta come
la stessa accoglienza e gli stessi canti l'abbiano
accolta nella tappa di Crevalcore, in provincia
di Bologna: è la dimostrazione che dovunque
nella nostra Italia si parla lo stesso linguaggio
e che i valori in cui ci riconosciamo sono gli
stessi a nord come a sud.
(Marta: seconda scuola)
Arriviamo anche nella terza scuola,
troviamo i bambini, tantissimi, nel cortile pronti
a presentarci i loro lavori su Placido Rizzotto:
la carovana è sempre contaminazione tra
un luogo e l'altro; i terreni su cui abbiamo piantato
il ficodindia sono quelli per cui Placido Rizzotto
è stato ucciso e nei quali è stato
gettato via il suo corpo. Poi i bambini recitano
il lamento di una madre di Ignazio Buttitta: con
quanta forza! Mi chiedo come un domani potranno
dimenticare quest'esperienza così forte,
così coinvolgente: il loro entusiasmo lo
riversano nella canzone di Pierangelo Bertoli
Italia d'oro. La sensazione è che ce l'hanno
dentro e che non permetteranno che intorno a loro
accadano fatti men che onesti. Abbiamo con loro
dei nuovi custodi e promotori di legalità!
E la carovana continua a seminare e a raccogliere
segni di vita e a trasmetterli da un territorio
all'altro.
(Rivedere con Marta: terza scuola, aggiungere
il convegno e il viaggio)
Venerdì
12 aprile 2002
· Mussomeli
· Ravanusa
La tappa di trasferimento è più
breve stavolta, e meno male perché quella
di ieri sera è stata davvero pesante. La
piazza, quando arriviamo, è già
piena di bambini, alcuni in costume: sono il gruppo
folkloristico che si esibirà a breve. Mentre
noi cominciamo a montare le mostre in piazza i
ragazzi dell'animazione cominciano a farli giocare.
Anche qui un altro incontro per me: Lillo, con
il quale abbiamo condiviso il lungo viaggio verso
il 21 marzo del 2000 nella piazza di Casarano
in Puglia. La carovana è segnata dagli
incontri, dicevo: è bello ritrovarsi a
camminare ancora sulla stessa strada, ti dà
proprio il senso della compagnia, dell'allegria.
Inevitabilmente ci ricordiamo di quell'avventura,
di quei tre giorni così intensi, di ogni
particolare, di ogni risata, di ogni attimo in
quella piazza ad ascoltare il lungo elenco dei
nomi delle vittime delle mafie. Il lenzuolo, la
cui parte colorata diventa ad ogni tappa più
lunga, delimita quasi la piazza; accanto stavolta
ce n'è uno molto più piccolo, in
cui i bambini scrivono, coloratissima, la parola
PACE: questa è infatti una tappa intimamente
legata a quella di domani nella Valle dei Templi,
e questi bambini ci saranno anche domani. Merito
dell'infaticabile lavoro dell'Arci di Agrigento,
Pina in testa, che è riuscita a far in
modo che domani arrivino ben 11 pullman da tutta
la provincia. Già, Pina: l'incontro con
lei oggi è stato davvero denso di emozione.
C'è una condivisione profonda con lei,
una complicità grande! C'è una corrente
di affetto molto forte ed intensa. La vedo un
attimo in piazza, poi scappa a lavoro: mi basta
saperlo che penso a lei tutto il pomeriggio finché
non la vedo tornare. Entriamo insieme nella sala
della biblioteca comunale, dove ci sarà
il dibattito: la gente riempie la sala, dapprima
quasi svogliatamente, attratta forse più
dai preparativi che si fanno in piazza per il
recital dei Sonatotundo, poi sempre con più
convinzione. Pina è lì, ancora una
volta a dar retta a tutti, ad organizzare, a controllare:
è il suo modo per entrare in atmosfera,
il suo modo di mettersi in situazione. La direttrice
della biblioteca le dà subito la parola
e lei ne resta visibilmente meravigliata: dà
il senso della carovana e, nello specifico, delle
tappe della provincia di Agrigento, ricorda l'evento
di domani nella Valle dei Templi, con l'incontro
di una cittadina palestinese ed una israeliana,
introduce gli altri interventi: il sindaco, Giusi
Savarino della Commissione Regionale Antimafia,
che sembra una ragazzina e invece sta lì
a parlarci delle sue impressioni sul caso Gela,
Rocco Carlisi, il presidente dell'Arci locale
che, con tutti i ragazzi del circolo, ha messo
tanto entusiasmo nel pensare insieme questa tappa.
Poi parla Rita
Sabato 13
aprile 2002
· Agrigento
La giornata non è bellissima, ma non piove:
ci proveremo noi a colorarla!
Oggi eventi di pace a passeggio per la Via Sacra.
Al Tempio di Giunone siamo tanti, arrivano i pullman
che portano i bambini, il piazzale si colora,
si riempie di voci e di suoni. Si gioca, si canta,
si coniuga ancora la gioia e la fantasia con l'impegno
e la fatica: siamo un vento nuovo che vuole accarezzare
tutti, che vuole unire lontano e vicino.
Inizia il corteo: davanti i Sonatotundo suonano
e cantano, segue il nostro striscione, quello
storico, quello con i colori del sole, portato
da Marta, Laura, Pietro, Andrea, Francesco, Luca
e accanto a loro Rosanna. Immediatamente dopo
i gonfaloni dei comuni, poi tutti i gruppi dei
bambini che si vanno fermando per fare ora una
danza, ora un canto, ora un gioco. Mi volto a
guardare e siamo davvero uno spettacolo, festoso
e coloratissimo: abbiamo bandane, fazzoletti,
adesivi gialli, rossi, verdi, abbiamo sorrisi,
canti, danze.
Ci avviciniamo al Tempio della Concordia. L'emozione,
la bellezza forte, quasi struggente, del paesaggio
contrastano con i palazzi abusivi: siamo qui per
mettere insieme la pace con la legalità,
per dire al mondo il nostro no alla guerra, per
praticare lo sviluppo vero, quello che nasce dal
basso, che promuove nuove forme di partecipazione,
quello che mette in gioco le persone con la loro
storia, i loro valori, i loro codici culturali.
È questo il messaggio forte di Ronit e
Sandi: le persone, l'uomo e la donna, al di sopra
di tutto.
"Ce l'ho fatta anche oggi, ma ho paura per
i miei genitori, sono preoccupata per la mia gente:
ma la persona con cui riesco a comunicare meglio
queste mie paure è Ronit" ci dice
Sandi.
Le fa eco Ronit: "sono cresciuta in una via
mista, la mia vita è sempre stata accompagnata
dalla vicinanza, anche se in diciotto anni non
ho mai incontrato palestinesi, e noi israeliani
non conosciamo l'arabo; politicamente già
l'educazione è diretta alla separazione".
"Non rappresenti nessuno" dicono a Ronit
altri israeliani qui nella Valle dei Templi. La
serenità splende nel suo sorriso mentre
risponde "parlo come pacifista d'Israele".
Dobbiamo riprenderci la vita e sottrarla al dominio
dei potenti, possiamo farlo educandoci alle differenze
e trasmettendoci emozioni che ci toccano e ci
costringono a metterci in discussione.
"Io amo Israele, lo dico perché non
ci possiamo permettere di semplificare, amo la
cultura ebraica e non condivido la politica di
Sharon. Non per questo sono antisemita" -
sente il bisogno di dire Nichi Vendola - e aggiunge:
"la shoa è la banalità del
male, lo è un po' anche la mafia, costruita
come sistema di potere. Dobbiamo avere il coraggio
di fare bilanci di legalità: non c'è
più la tensione del dopo stragi, oggi dobbiamo
capire cosa sta accadendo; è possibile
che si stia teorizzando l'intoccabilità
penale dei potenti, e questo va tutto a vantaggio
della mafia."
Perciò legalità e giustizia sociale
sono intimamente connesse.
"Siamo custodi di memoria e del senso di
una storia, ma le memorie sono sempre più
pallide: la legalità non è il codice
dell'obbedienza, è soprattutto aprire gli
occhi sulle brutture del proprio territorio e
non considerarle ineluttabili": Nichi Vendola
come Beppe Lumia, ad Agrigento come a Corleone.
Ed entrambi come Paolo Borsellino: il vero amore
consiste nell'amare ciò che non piace per
poterlo cambiare.
Noi giovani siamo stati nominati tante volte oggi,
ancora una volta per richiamare le responsabilità
degli adulti, che ci hanno insegnato spesso ad
essere furbi piuttosto che intelligenti.
Marta ci regala ancora la sua lettera: il silenzio
è perfetto, la tensione si sente, si avverte
palpabile. Il pensiero torna ancora all'ulivo
della Pace, nato nel giardino del convento della
Natività a Betlemme, attecchito in terra
di Sicilia, profanata dallo stesso odio e riscattata
dallo stesso amore. Amore e odio di persone, che
sono tutte uguali nel mondo.
· Caltanissetta
Qui i giovani sono l'elemento centrale, o almeno
vogliono esserlo: si inaugura uno spazio tutto
per loro, ancora un impegno assunto e portato
a termine dalla carovana negli anni.
C'è vento freddo e lo striscione storico
della carovana volteggia sotto la scritta "lavori
in corso"; l'atmosfera è però
calda, nonostante non ci sia molta gente, perché
ci sono tanti giovani che sono e si sentono i
padroni di casa. Claudio ricorda il ruolo che
l'Arci si è assunto in questo come in altri
luoghi della nostra Sicilia, la Sicilia che resiste,
quella che tenta di consolidare esperienze associative
nuove, che non si fermano alla testimonianza,
alla protesta e alla denuncia ma promuovono iniziative
concrete di liberazione di pezzi di territorio
dalla criminalità mafiosa.
Come società civile, con la resistenza,
abbiamo svolto e continuiamo a svolgere un ruolo
importante: ce lo ricorda Giovanni Impastato che
ha atteso 24 anni per sapere la verità
sull'omicidio di Peppino a conclusione di un processo
fortemente voluto dalla famiglia, dagli amici,
dal Centro Impastato. Eppure - commenta amaramente
- se ci vogliono tanti anni per sapere una verità
significa che non siamo in un Paese democratico!
Oggi siamo qui a inaugurare questo spazio di aggregazione
per i giovani: era un po' quello che faceva Peppino
con il circolo Musica e Cultura. Dopo tanti anni
le esigenze dei giovani della nostra terra rimangono
elementari, ma devono ancora essere terreno di
conquista. Lo avverti dalle parole di Claudia,
dal suo orgoglio e dal suo entusiasmo: parla di
assunzione di responsabilità, di aggregazione,
a partire da quello che hanno provato a fare in
due settimane in questo centro per renderlo accogliente,
per poterci giocare con i bambini di un quartiere
che neanche conoscevano, bambini che sembravano
stare dietro il cancello ad aspettarli da sempre.
Racconta che in questo centro hanno adottato un
cagnolino e che risparmiano i soldi di una pizza
per poterlo vaccinare, che hanno lavorato qui
dodici ore al giorno per sistemare una ludoteca
o una sala computer, che forse non sono neanche
degne di essere definite tali. Ti rendi conto
che tutto questo dovrebbe essere un loro diritto,
quasi una pre-condizione, ed invece crescere nella
legalità può dipendere anche da
un centro come questo. Un messaggio forte, vero,
sincero, spontaneo, inatteso e quindi ancora più
gradito, ce lo dà una bambina di cinque
anni, una delle prime che ha cominciato a frequentare
questo centro, che chiede di parlare; si capisce
che si sente perfettamente a suo agio, per nulla
intimorita dagli sguardi degli adulti che si appuntano
su di lei con curiosità: in braccio ad
uno dei ragazzi che le tiene il microfono ringrazia
tutti per la loro simpatia e perché la
fanno giocare.
Anche questo è un frutto della carovana:
i diritti di cittadinanza che questa bambina ha
già assorbito così bene! La parola
passa poi ai rappresentanti delle istituzioni,
uno dei quali ci parla di Falcone e Borsellino
come simboli: ne ho un moto di insofferenza e
lo condivido con chi mi sta accanto. Mi hanno
insegnato infatti che i simboli sono qualcosa
che rimandano a qualcos'altro: Falcone e Borsellino
sono persone che rimandano
a cosa? Non
capisco, mi sembra un modo per dire ancora che
non possiamo fare quello che hanno fatto loro,
un modo per lasciarli ancora soli, anche dopo
la morte.
Finito il dibattito ricomincia la musica, ancora
con i Sonatotundo: si canta, si balla, ma nel
gruppo dei carovanieri inizia a serpeggiare un
po' di malinconia.
Oggi è sabato: la carovana si divide per
la domenica di pausa, i carovanieri si disperdono
per la Sicilia, il gruppo di Bergamo - oggi avvertiti
di nuovo fortemente così - rimangono qui
per cominciare domani il loro viaggio a ritroso,
verso la Lombardia. L'emozione è tanta,
non può che sciogliersi dapprima nelle
battute per sdrammatizzare, poi nelle lacrime;
ci diamo tanti appuntamenti, ci scambiamo tante
promesse. Per loro è difficile sapere che
da lunedì la carovana riprenderà
senza di loro, per noi è complicato sapere
che sarà inevitabilmente così; vale
per me soprattutto! Quattro giorni di carovana
sembrano pochi ma sono talmente intensi che ti
sembrano una vita. Ho imparato a conoscerli nei
loro silenzi mattutini, quando in pulmino mi voltavo
indietro e vedevo i loro visi stravolti dal sonno,
nella concitazione di una tappa particolarmente
coinvolgente, nello scambiarsi battute e impressioni
dopo aver presentato i loro lavori. Come sarà
la carovana senza la risata contagiosa di Marta,
gli occhi spalancati dalla meraviglia di Luca,
le barzellette di Francesco, la paciosità
di Pietro, l'attenta curiosità di Andrea,
l'allegra esuberanza di Laura, la stupenda auto-ironia
di Rosanna?
Lunedì 15 aprile 2002
· Catania
Si riparte dopo la pausa domenicale, si riparte
per me ancora da quell'ulivo della Pace, come
ogni giorno. Siamo quasi a metà percorso,
inizia oggi la seconda settimana di carovana,
l'ultima della nostra, in Sicilia. Arrivo in pullman
all'aeroporto, dove il pulmino aspetta, oltre
me, Pierpaolo; Paolo Belli e Mauro Parma sono
già arrivati. Da oggi infatti cambia la
mia compagnia, si rimescolano ancora le carte:
i bergamaschi sono già ripartiti, per oggi
starò sul pulmino di Miro, stasera rientro
a Palermo e non so se e quando riuscirò
a tornare in carovana.
All'inizio, forse, c'è un certo imbarazzo:
Paolo e Mauro sono seduti nell'ultima fila del
pulmino e parlano più che altro tra di
loro. Telefono a mamma per il primo contatto della
giornata, poi Francesca spiega un po' cosa andremo
a fare. Passeremo dalla scuola media dove si svolge
l'animazione e l'incontro con don Luigi, poi siamo
attesi da una cooperativa dell'Arci, Prospettiva
Futura, per il pranzo. Nel pomeriggio ci sarà
l'incontro all'università dal titolo "Musica
e parole" e lì
"e lì
- aggiunge Paolo - io posso parlare ma non so
cosa dire: ho accettato l'invito della signora
Borsellino ma mi sento una persona ignorante,
anche se con tanta voglia di capire."
Francesca lo rassicura sul fatto che noi cerchiamo
persone vere, che ci possono dare una testimonianza
rispetto al modo di sentire la realtà,
poi casualmente lì ci sarà una chitarra
Arriviamo alla scuola media che l'incontro con
Luigi è ancora in corso: facciamo le presentazioni
dei carovanieri, mangiando fragoloni, si parla
e si scherza un po', poi entriamo ad ascoltare
Luigi che parla ai ragazzi. Molti di loro si fanno
intorno a Paolo con un misto di curiosità
e di timore: "dove ti ho visto?" gli
chiede uno di loro, e lui tranquillo "forse
in televisione con Panariello, e - rivolto a noi
- lo sapevo che mi doveva finire così!"
Una giornalista lo intervista e lui risponde prendendo
spunto dalle parole di Luigi: "io sono una
persona inadeguata che fa cose inadeguate, ma
che per farle non è mai sceso a certi compromessi.
Sono un piccolo esempio che si può riuscire."
Poi durante il pranzo, splendida occasione per
conoscere una casa alloggio per minori segnalati
dai servizi sociali gestita dagli ex ospiti della
struttura ormai maggiorenni, mi racconta che del
suo gruppo di amici si son perse per strada molte
persone, ma mai quelle che hanno trovato un punto
di riferimento nella musica. È spesso il
gruppo che ti trascina nelle scelte, ma lui non
ha mai neanche avuto certe tentazioni, proprio
perché ciò che i ragazzi spesso
cercavano nel gruppo, lui lo trovava nella musica.
Mi parla della sua terra, la Romagna, una terra
ricca dove è facile e quasi scontato occuparsi
di cultura, ma la scommessa vera - dice lui -
è nelle vostre terre, dove è più
difficile costruire l'aggregazione. Conosciamo
i responsabili e i ragazzi della cooperativa,
scopriamo che si sono alzati alle cinque stamattina
per preparare quest'accoglienza e questo pranzo,
ricchissimo e ottimo, anche a base di piatti tipicamente
siciliani; poi una torta gigantesca con un messaggio
forte e dolcissimo: un altro mondo è possibile.
Don Luigi, ospite qui tanto atteso perché
riferimento ideale da sempre, nel suo saluto ai
ragazzi si dice contento di aver trovato qui -
ed è un riferimento evangelico che gli
è molto caro - una casa, non muri o edifici,
ma una casa con tante finestre, e per questo promette
di mandare una porta, un regalo che fa in genere
alle giovani coppie per ricordare che la casa
deve essere sempre aperta all'accoglienza.
Ci rimettiamo nei furgoni e andiamo verso l'università:
Paolo ci intrattiene con una serie di battute
per lo più rivolte a Miro, che ha svelato
come sua moglie sia una sua fan. Se dovessimo
ancora averne una prova, sentiamo che il ghiaccio
si è ormai sciolto.
L'aula magna della Facoltà di Scienze della
Formazione è già piena, ci aspettano
i ragazzi con grande curiosità ed il preside:
è lui ad iniziare l'incontro, parlando
della mafia come mentalità e della condivisione
di questa mentalità da parte della popolazione.
Poi dà immediatamente la parola a Paolo:
lui rimane un po' sorpreso, l'attenzione è
grande nell'aula, certo molti si chiedono che
ci fa Paolo Belli con la carovana antimafia. Forse
lui avverte questa domanda nell'aria, e inizia
dicendo "sono qui per colpa della signora
Rita Borsellino, che mi ha chiesto di portare
la mia testimonianza, perché spesso si
pensa che la mafia sia un problema solo della
Sicilia o solo di alcune persone ed invece ci
riguarda tutti, la gente comune come le persone
dello spettacolo, musicisti, attori." Racconta
della sua terra, di come lì tutti sono
consapevoli che quello che hanno è frutto
di una conquista, della lotta che le generazioni
precedenti hanno fatto durante la Resistenza:
lì è stato un fenomeno di massa
per cui in ogni famiglia ci sono stati partigiani.
Per questo motivo si ritiene che poter godere
dei propri diritti sia normale, mentre invece
lui, che ha l'opportunità di viaggiare,
si è reso conto che non è affatto
così. "Oggi siamo stati in una comunità
importante, bella, vera: allora ti accorgi che
c'è una coscienza civile ed una realtà
che ha voglia di andare avanti. Dentro di noi
ci vuole una coscienza politica che serve per
farci fare le cose che vogliamo senza far male
a nessun'altro: è la cultura del rispetto.
L'impressione che ne ho io è che la Sicilia
non ha più paura di venir fuori, forse
ha cominciato a farlo dopo le stragi del '92;
speriamo di trovarci in un futuro non troppo lontano
che ci accomuni nella voglia di costruzione, senza
dover ancora pagare con la vita di qualcuno."
Anna ci ricorda come l'antimafia non sia solo
una questione tecnica ma deve essere alimentata
anche costruendo aggregazione, quindi anche usando
il linguaggio della musica; la carovana nasce
anche per costruire libertà nella comunicazione
e nell'informazione: lavoriamo per dar voce a
chi non ne ha. Sappiamo bene che il nome di carovana
antimafia è inadeguato a rappresentare
quello che proviamo a mettere in movimento, ma
ogni anno ci rendiamo conto che c'è ancora
la necessità di mantenere questo nome,
perché è importante continuare a
dire che siamo contro la mafia, anche se più
spesso ci sentiamo in viaggio per ascoltare, proporre,
per dichiarare disponibilità e lavorare
"con" e "per", per riprovare
il gusto di "essere insieme", ed insieme
riscoprire il valore di sentirsi "persone"
e "cittadini" ed insieme inventare,
provocare, produrre il cambiamento.
La conclusione delle parole spetta a Luigi: dobbiamo
stare dalla parte dell'educare, i giovani devono
essere non guidati ma accompagnati, la società
non si deve preoccupare di loro ma occuparsene
nel modo giusto, incontrandoli come persone e
come cittadini. Anche quelli che oggi non hanno
il coraggio di essere inadeguati di fronte ad
un orizzonte culturale della prestazione, dell'apparenza,
del denaro, quelli che vivono il disagio nell'apparente
normalità, quelli che hanno la periferia
nella testa. Non fanno rumore e non disturbano
nessuno, hanno un disagio che non esprimono con
la droga, ma con bulimia ed anoressia: sono quelli
cui nessuno mette testa, ma dobbiamo esserci per
intercettarli.
Spazio alla musica: Paolo, un po' intimidito forse
dall'idea di suonare dentro un'università,
prende la chitarra e dedica a Luigi una canzone
di qualche tempo fa, Angelo angelino, che parla
di un angelo custode "convertito" alla
vita; cominciamo a battere il tempo sui banchi,
ma è con Ladri di biciclette e Sotto questo
sole che l'aula si mette a cantare.
Era stata un po' una scommessa organizzare questo
incontro in questo modo; la carovana sperimenta
nuovi modi per parlare ai giovani. Un'altra scommessa
vinta.
Andiamo verso il circolo "Scenario Pubblico"
per l'incontro sull'informazione: non seguo il
dibattito, ho voglia di godermi la compagnia dei
ragazzi, carovanieri e non; arrivano in successione
i messaggi di Marta e di Laura da Bergamo, chiacchiero
un po' con Domenico e Massimo, ascolto con grande
interesse l'intervista di Peppino Malpasso a Salvo
e apprendo che l'hanno fatta anche Calogero, Miro,
Tina, ma quando lui mi domanda quand'è
che può farla anche a me rimango talmente
sorpresa che rifiuto. Riparto subito dopo con
Salvo e Lidia, che discutono del dibattito del
pomeriggio, ed intanto ripenso a quanto mamma
avrebbe voluto essere qui oggi: ho cercato di
farla partecipare come lei fa con me, l'ho chiamata
nei momenti più caldi, l'ho fatta parlare
con Paolo non so più quante volte. Ma anch'io
oggi non avevo del tutto la testa qui; in macchina
chiamo Alfio, che per il primo giorno non è
in carovana, e sono felice di sapere che Pina
sta bene e che sono già tornati a casa.
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