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Dall'immagine all'immaginario

cinema - tv - pubblicità - fotografia - osservatorio "distratto" sul mondo delle immagini
di ugo giansiracusa

Ciò che vorrei proporre è, come dice il titolo, una sorta di osservatorio "distratto" sul mondo delle immagini. Osservatorio in quanto vorrei provare ad analizzare, in maniera distaccata o assolutamente partecipe, alcuni elementi del mondo dell'immagine. Distratto in quanto non tendo a nessun tipo di completezza o sistematicità. Il che si risolve nell'analizzare, commentare, descrivere, alcuni frammenti della società dello spettacolo per fare alcuni analisi e riflessioni, assolutamente personali, sull'immagine, sul suo rapporto con la società, sulle sue funzioni, sui suoi effetti. O anche semplicemente descrivere alcune delle immagini che, giorno per giorno, entrano in contatto con noi.
Negli ultimi trent'anni in molti si sono interrogati sull'immagine, sulla sua valenza, sulla sua veridicità, sul suo significato semantico, sulla sua corrispondenza al reale, sulla sua iconicità, sul suo simbolismo, sulla sua natura.
In molti concordano che l'immagine nella società occidentale contemporanea è tutto. Le merci, gli oggetti, gli uomini, la storia, la società... tutto ciò che conosciamo lo conosciamo attraverso l'immagine che ci viene offerta. La realtà non esiste più, è completamente soppiantata e sostituita dall'immagine che, ormai, esiste anche senza di essa. Tutto ciò che conosciamo lo conosciamo attraverso la sua immagine. Il valore di una merce o di prodotto non è più legato al suo valore d'uso o di scambio ma solo, ed esclusivamente, alla sua immagine. Accade solo ciò che le immagini ci mostrano. Esistono solo le persone e i fatti che l'immagine ci propone, che la tv ci mostra, che la pubblicità ci offre. Siamo ormai nella "società dell'immagine".Nella società della televisione, della pubblicità, delle foto patinate delle riviste, del cinema. Siamo in questa società e, quasi, non ce ne rendiamo conto. Soprattutto quelle generazioni, come la mia, e quelle dopo la mia, che non hanno mai visto e vissuto altro. Nati insieme alla moderna televisione commerciale. Nati insieme al personal computer e alle consolle di videogiochi. Nati insieme ai cartoni animati giapponesi e ai telefilm americani. Nati insieme ai videoregistratori e alle videocamere. La nostra intera vita è fotografata, filmata, videoregistrata. La nostra intera vita e una sequenza di immagini. La nostra stessa memoria è sostituita dalla registrazione analogica dei video tape, da quella digitale dei pc, da quella chimica delle foto. Viviamo in un eterno presente che non comincia e non finisce. Se ci ricordiamo qualcosa del passato sono le immagini che abbiamo rubato. Il nostro passato è confuso tra partite di calcio di Holly e Benji e giri in macchina con Kit, la macchina parlante...
Ma l'immagine, nella società contemporanea non è fine a se stessa. Il fine dell'immagine è lo spettacolo. Uno spettacolo integrato e continuato. Lo spettacolo, non solo dei media, ma dell'intera società. Uno spettacolo che non conosce fine, come la programmazione televisiva o radiofonica che continua tutta la notte per riprendere (o continuare) il giorno dopo. E' lo spettacolo integrato a cui non sfuggono i telegiornali e le cronache, i dibattiti e gli approfondimenti. Tutti tasselli di un unico palinsesto. Tutti tasselli di un'inico spettacolo. Così che l'immagine dai territori di guerra si salda, si conforma, si assimila a quella dell'ultima sfilata di moda ed al sondaggio e alla pubblicità. L'immagine che si uniforma ai gusti e alle richieste del pubblico. Il pubblico che si assuefà all'immagine. Tende ad assomigliarle. Tende a farne il suo unico punto di riferimento. Fino al paradosso in cui non è più l'immagine a dover assomigliare al reale per esere credibile ma il reale stesso che deve tendere all'immagine per restarne all'altezza.

 

Il Progetto
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