|
Giro90
Zoom
Dall'immagine all'immaginario
cinema - tv - pubblicità
- fotografia - osservatorio "distratto"
sul mondo delle immagini
di ugo giansiracusa
Ciò che vorrei proporre
è, come dice il titolo, una sorta di osservatorio
"distratto" sul mondo delle immagini.
Osservatorio in quanto vorrei provare ad analizzare,
in maniera distaccata o assolutamente partecipe,
alcuni elementi del mondo dell'immagine. Distratto
in quanto non tendo a nessun tipo di completezza
o sistematicità. Il che si risolve nell'analizzare,
commentare, descrivere, alcuni frammenti della
società dello spettacolo per fare alcuni
analisi e riflessioni, assolutamente personali,
sull'immagine, sul suo rapporto con la società,
sulle sue funzioni, sui suoi effetti. O anche
semplicemente descrivere alcune delle immagini
che, giorno per giorno, entrano in contatto con
noi.
Negli ultimi trent'anni in molti si sono interrogati
sull'immagine, sulla sua valenza, sulla sua veridicità,
sul suo significato semantico, sulla sua corrispondenza
al reale, sulla sua iconicità, sul suo
simbolismo, sulla sua natura.
In molti concordano che l'immagine nella società
occidentale contemporanea è tutto. Le merci,
gli oggetti, gli uomini, la storia, la società...
tutto ciò che conosciamo lo conosciamo
attraverso l'immagine che ci viene offerta. La
realtà non esiste più, è
completamente soppiantata e sostituita dall'immagine
che, ormai, esiste anche senza di essa. Tutto
ciò che conosciamo lo conosciamo attraverso
la sua immagine. Il valore di una merce o di prodotto
non è più legato al suo valore d'uso
o di scambio ma solo, ed esclusivamente, alla
sua immagine. Accade solo ciò che le immagini
ci mostrano. Esistono solo le persone e i fatti
che l'immagine ci propone, che la tv ci mostra,
che la pubblicità ci offre. Siamo ormai
nella "società dell'immagine".Nella
società della televisione, della pubblicità,
delle foto patinate delle riviste, del cinema.
Siamo in questa società e, quasi, non ce
ne rendiamo conto. Soprattutto quelle generazioni,
come la mia, e quelle dopo la mia, che non hanno
mai visto e vissuto altro. Nati insieme alla moderna
televisione commerciale. Nati insieme al personal
computer e alle consolle di videogiochi. Nati
insieme ai cartoni animati giapponesi e ai telefilm
americani. Nati insieme ai videoregistratori e
alle videocamere. La nostra intera vita è
fotografata, filmata, videoregistrata. La nostra
intera vita e una sequenza di immagini. La nostra
stessa memoria è sostituita dalla registrazione
analogica dei video tape, da quella digitale dei
pc, da quella chimica delle foto. Viviamo in un
eterno presente che non comincia e non finisce.
Se ci ricordiamo qualcosa del passato sono le
immagini che abbiamo rubato. Il nostro passato
è confuso tra partite di calcio di Holly
e Benji e giri in macchina con Kit, la macchina
parlante...
Ma l'immagine, nella società contemporanea
non è fine a se stessa. Il fine dell'immagine
è lo spettacolo. Uno spettacolo integrato
e continuato. Lo spettacolo, non solo dei media,
ma dell'intera società. Uno spettacolo
che non conosce fine, come la programmazione televisiva
o radiofonica che continua tutta la notte per
riprendere (o continuare) il giorno dopo. E' lo
spettacolo integrato a cui non sfuggono i telegiornali
e le cronache, i dibattiti e gli approfondimenti.
Tutti tasselli di un unico palinsesto. Tutti tasselli
di un'inico spettacolo. Così che l'immagine
dai territori di guerra si salda, si conforma,
si assimila a quella dell'ultima sfilata di moda
ed al sondaggio e alla pubblicità. L'immagine
che si uniforma ai gusti e alle richieste del
pubblico. Il pubblico che si assuefà all'immagine.
Tende ad assomigliarle. Tende a farne il suo unico
punto di riferimento. Fino al paradosso in cui
non è più l'immagine a dover assomigliare
al reale per esere credibile ma il reale stesso
che deve tendere all'immagine per restarne all'altezza.
|