Giro90
Boicotta
Documenti: Attivismo su Internet
Le contro-strategie delle
multinazionali
Al ritorno da Amsterdam e
da Next 5 Minutes 3 - http://www.n5m.org/ - un
incontro internazionale di attivisti dei media
tattici, che si è tenuto dal 12 al 14 marzo
1999, torniamo con qualche riscontro e conforto
a ciò che stiamo facendo e, soprattutto
con nuove info e idee.
Tra tutto quello che è stato prodotto/discusso/visto
in quei 3 giorni quello che più mi ha interessato
sono stati gli ambiti di discussione che riguardavano
il "net.activism", "l'arte di fare
campagne" e, soprattutto il tavolo "corporate
counter strategies", come le compagnie si
stanno organizzando per risponderci.
Tutto questo parte da un approccio all'analisi
della società propria dell'attivismo nord
europeo / nord americano che ha un'impostazione
che vede una società globalizzata dove
il potere reale, ossia ciò che determina
le nostre condizioni di vita, è determinato
/ governato dalle indicazioni delle multinazionali,
ed il potere politico non è che un mero
esecutore delle volontà delle corporation.
Per avere conferma di questa visione come indicava
qualcuno già un secolo e mezzo non bisogna
osservare la civiltà capitalista nella
città, dove va in giro travestita, ma nelle
colonie, dove passeggia nuda.
Questo per dire che si è
puntato molto sullo scontro diretto con le multinazionali
controllandole ed esponendo le loro pratiche al
pubblico, cercando di scalfire la corazza creata
dal lavaggio del cervello pubblicitario, e costringendole
spesso sulla difensiva. Andiamo a vedere, fatto
questo quadro introduttivo, quali sono le strategie
di risposta delle multi a questo attacco frontale.
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COUNTER STRATEGIES OF CORPORATIONS AGAINST CAMPAIGNS
Alcune multinazionali, prendiamo ad esempio McDonald's
e Shell, in seguito a dei "disastri di immagine",
come l'affare "Brent Spar" per Shell
- www.tmcrew.org/s-hell - ed il processo contro
London Greenpeace per la McDonald's - www.tmcrew.org/mcd
-, hanno convocato il loro staff di pubbliche
relazioni (PR) e pubblicitari per capire cosa
stava succedendo. Teniamo conto che ad esempio
McDonald's spende 2 miliardi di dollari!!! all'anno
per curare la propria immagine, e quindi capiamo
bene il livello di interessi in gioco. In entrambi
i casi, hanno analizzato, che fosse soprattutto
stato sottovalutato un elemento, la comunicazione
via Internet. Questo perché queste compagnie
si sono abituate a controllare senza ormai grossi
problemi la stampa ufficiale e all'improvviso
si sono trovate completamente disarmate di fronte
ad un media, Internet, che ha permesso agli attivisti,
senza alcuna spesa, di poter raggiungere ed approfondire
le problematiche direttamente dal basso con milioni
di persone.
"La più grande minaccia
verso la reputazione delle compagnie e dei marchi
delle multi arriva da Internet, la più
nuova e potente arma dei gruppi di pressione.
L'utilizzo agile e globale che ne fanno sta riducendo
il vantaggio che finora i budget delle multinazionali
ci consentivano".
Quello qui sopra citato è un esperto di
PR che sta insegnando alle multinazionali come
rispondere ai moderni gruppi di pressione. Stanno
lavorando su uno scenario che attualmente si presenta
da incubo per le compagnie, ma sappiamo che queste
imparano presto dai propri avversari e possono
velocemente tramutare le avversità in opportunità
di business.
E' quindi importante capire come
si stanno muovendo.
Le tre strategie principali sono
le seguenti:
1.Apertura e cooptazione. 2.Controllo
e lavoro di intelligence. 3.Minacce legali, controcampagne
aggressive, gruppi di base finti.
Il tutto è sempre accompagnato
da un grande riadeguamento verde dell'immagine
della compagnia. In questa fase abbiamo quelle
offese alla nostra intelligenza costituite da
slogan pubblicitari che inneggiano a "benzina
verde", alle automobili, le più grandi
e veloce fonti di inquinamento del pianeta che
diventano "enviromentally friendly"
[amiche dell'ambiente] e così via.
I lavori del tavolo sulle "counter-strategies"
sono stati coordinati da Eveline Lubbers - www.xs4all.nl/~evel
- attivista specializzata nella ricerca sulle
strategie di propaganda delle multi e corporate
intelligence.
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1. Apertura e cooptazione.
Riguardo alle strategie di apertura e cooptazione
è molto più facile farsene un'idea
dopo aver visitato il sito della Shell - http://www.shell.com/
- ma anche il sito dell'ENI italiana - http://www.eni.it/
- è costruito con la stessa logica. Una
volta arrivati sul sito di Shell penserete di
essere sul sito di una organizzazione per i diritti
umani o di una associazione ambientalista, invece
siete sul sito della multinazionale anglo olandese
Shell, la stessa che ha legami strettissimi con
i regimi militari più feroci del pianeta,
la stessa che ha distrutto l'ambiente del delta
del Niger, la stessa che teneva in piedi il regime
dell'apartheid.
La Shell ha messo uno staff a tempo
pieno che segue permanentemente il sito e risponde
personalmente in 48 ore ad ogni e-mail che arriva
(il sito di Shell riceve circa 1.100 e-mail al
mese), ha aperto dei forum di discussione dove
si parla liberamente delle pratiche di Shell,
della repressione degli Ogoni, ci sono poi link
verso le altre compagnie petrolifere e verso i
siti di detrattori della Shell (come Greenpeace
o Friends of the Earth, niente di più estremista).
La strategia di Shell è abbastanza scoperta...
mantenere il dibattito e le controversie all'interno,
fingere interesse per le critiche e dare un senso
di ascolto e di dialogo.
Cooptare il dibattito ambientalista
è solo una parte della medaglia, demonizzare
e marginalizzare il movimento ambientalista è
l'altra.
Un guru delle pubbliche relazioni ha delineato
una strategia in tre passaggi di divide et impera
per contrastare gli attivisti che ha diviso in
quattro categorie: "radicali", "opportunisti",
"idealisti" e "realisti".
L'obiettivo è isolare i radicali, coltivare
gli idealisti ed "educarli" a diventare
realisti, quindi cooptare i realisti ed armonizzarli
sulla linea delle multi. Un altro specialista
di PR afferma che portare gli attivisti al dialogo
è già averli battuti. Il rifiuto
del dialogo, la non compromissione pone problemi;
ad esempio la tribù degli Uwa in Colombia
ha rifiutato ogni dialogo ed ha minacciato il
suicidio di massa se la Shell avesse iniziato
ha perforare il loro territorio. Alla fine la
Shell se ne è dovuta andare.
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2.Controllo e lavoro di intelligence.
Dopo l'affare Brent Spar (l'affondamento di una
piattaforma petrolifera Shell nel Mare del Nord),
considerato il disastro di PR del secolo, la Shell,
che all'epoca non aveva neanche un sito unitario
ha iniziato a considerare la rete come un barometro
della pressione dei gruppi critici a Shell. Dal
quartier generale Shell a Londra lo staff internet
di Shell cerca poi incessantemente sulla rete
se appare qualcosa che riguarda la compagnia e
cerca di capire cosa si sta per muovere.
Riguardo alla questione intelligence c'è
da notare ad esempio che il gruppo di London Greenpeace
che aveva lanciato la campagna contro la McDonald's
era stato infiltrato da ben 7 investigatori privati,
in alcune riunioni del gruppo c'erano tanti infiltrati
quanti militanti veri del gruppo e che alcuni
investigatori ignari del fatto che la McDonald's
ne aveva arruolati altri si indagavano a vicenda,
un'altra investigatrice ha avuto una storia d'amore
di 6 mesi con uno dei militanti del gruppo di
London Greenpeace.
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3. Minaccie legali, controcampagne aggressive,
gruppi di base finti.
La paura di ritorsioni legali intimorisce l'attività
dei gruppi di base nella diffusione delle notizie.
La paura di sostenere una causa contro una multinazionale
fa tremare le gambe a chiunque, pensando allo
staff di avvocati che possono mettere in piedi.
E fino al processo McLibel questa strategia aveva
funzionato, ad esempio le più importanti
testate giornalistiche inglesi, dalla BBC al Guardian,
una volta minacciate di essere trascinate in tribunale
per una causa di diffamazione, tutte avevano fatto
marcia indietro e chiesto scusa a McCensura...
aveva sempre funzionato fino a che McDonald's
non ha portato in causa Helen Steel e Dave Morris,
due proletari inglesi impegnati nei volantinaggi
contro McDonald's. Questi non si sono tirati indietro
ed hanno sostenuto il processo per diffamazione,
intorno si è creata una campagna mondiale
di sostegno, imperniata su un avanzatissimo ed
efficacissimo sito internet "McSpotlight,
tutto quello che non vogliono farti sapere"
- http://www.mcspotlight.org/ - e così
McDonald's si è trovato in un altro disastro
di immagine, alla fine quello che hanno riportato
i giornali del verdetto del giudice, dopo il più
lungo processo civile d'Inghilterra, è
stato che il giudice ha ritenuto provato che McDonald's
ha una etica pessima riguardo alla pubblicità
verso i bambini che è eccessivamente aggressiva,
che paga salari miserabili hai lavoratori ed ha
fatto crollare i salari per gli addetti alla ristorazione
in Inghilterra, che ha una profonda avversione
alle organizzazioni sindacali, ed anche che le
pratiche di allevamento e macellazione non sono
rispettose delle norme di legge riguardo gli animali.
Dopo questo disastro, che ha visto finalmente
la possibilità per i giornali di poter
scrivere su McDonald's senza paura di ritorsioni
legali e che ha visto articoli in prima pagina
su giornali come il Wall Street Journal o USA
Today, la strategia della minaccia di azione legale
è un'arma abbastanza spuntata e così
molte compagnie preferiscono adottare la strategia
dello struzzo... ossia mettere la testa sotto
la sabbia e sperare che la tempesta passi.
Un'altra contro-strategia di pubbliche
relazioni e quella di creare gruppi di facciata
(di base o di élite a seconda delle esigenze),
l'esperienza più sfacciata e più
alta è quella della GCC Global Climate
Coalition, una commissione scientifica creata
e stipendiata dalle compagnie petrolifere e dall'industria
dell'automobile, che, dietro la sua apparenza
verde, ha speso 60 milioni di dollari per persuadere
l'opinione pubblica, prima del vertice sul clima
di Kyoto della fine del 1997, che quelli del clima
e dell'effetto serra non sono problemi gravi e
che possiamo continuare tranquillamente così
e non modificare né i nostri stili di vita,
né i nostri consumi... sulla strada dell'autodistruzione.
Quando parliamo di pubbliche relazioni
aggressive parliamo ad esempio della dinamica,
della spirale di paura che si crea quando ogni
azione diretta in difesa degli animali o dell'ambiente
viene definita ecoterrorismo. Negli Stati Uniti
ad esempio ognuno di questi episodi viene considerato
di "interesse" nazionale ed interviene
l'FBI, nello stesso tempo questo clima pesante
rende "accettabile" la violenza contro
gli attivisti di base. Chi subisce la maggior
parte degli attacchi, sono donne delle organizzazioni
indipendenti dei piccoli centri, lontane dalla
"sicurezza" dei grandi numeri della
metropoli, per i casi di violenza contro gli attivisti
viene interessato lo sceriffo che solitamente
archivia il caso - come ci ha fatto spaere Sheila
O'Donnell, investigatrice privata "verde".
Una californiana di 49 anni che appunto svolge
le indagini sulle violenze, le minacce e gli attacchi
fisici contro gli attivisti negli Stati Uniti
nei quali la O'Donnell vede un sempre più
stretto legame tra industrie come mandanti ed
i gruppi paramilitari di destra, le "milizie",
come esecutori.
Insomma questo in breve un piccolo
ed immediato report del momento di informazione
che c'è stato al N5M3 di Amsterdam sulle
controstrategie delle multinazionali, conoscerle
per contrastarle.
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