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Giro89
Segnali di
fumo
Segnali di fumo: aprile 2002
di pina la villa
Mercoledi 3 aprile 2002
Autobiografia di Albert Einstein
(Bollati Boringhieri).
Einstein ha voluto limitarsi al solo racconto
delle sue scoperte scientifiche, non c'è
alcun riferimento alla vita privata. Il motivo
lo dice in pratica nell'introduzione. A 12 anni,
lui che è nato in una famiglia ebrea poco
praticante e che è stato invece religiosissimo,
scopre, leggendo la Bibbia, che tutte le storie
lì raccontate non potevano essere vere.
Sostituisce allora alla religione la ragione e
concentra la sua vita su di essa. Il resto è
appunto la scienza.
Pennac e il piacere erotico della
scrittura ('intervista a Daniel Pennac, a cura
di Fabio Gambaro, Feltrinelli, 1999)
Domenica 7 Aprile 2002
Come ti distruggo un mito: alla Rinascente l'angolo
"Paris mon amour" pezzo forte i barattolini
di fegato d'oca e le magliette a righe rosse e
a righe blu.
Sabato pomeriggio, manifestazione contro la guerra
in Palestina. Ritrovo davanti alla Villa Bellini.
All'inizio sembravamo pochi, confusi con la folla
di acquirenti del sabato sera. Via, via, scendendo
per Via Etnea, non eravamo più confusi,
ed eravamo tanti.
Riflettere fuori dal pensiero e
dalle parole battute, usurate. Cominciando dalla
filosofia per i miei alunni.
L'argomento del giorno è
la guerra in Palestina. Il mondo arabo è
in fermento. Tre milioni di persone manifestano
a favore dei palestinesi in Marocco. Sabato le
manifestazioni, oltre che a Catania, si sono svolte
in varie città italiane e straniere.
Fare dei ritratti ironici ma amabili,
del tipo siamo tutti nella stessa barca.
Però con i necessari distinguo, sono pur
sempre una moralista.
8 Aprile 2002
Oggi la prima, lunga lezione, del corso organizzato
dal laboratorio provinciale permanente per la
didattica della storia, dal titolo "Letteratura
e cinema: strumenti per la didattica della storia?".
Il corso si tiene al Liceo Classico Cutelli, nel
periodo dall'8 al 19 aprile. La lezione inaugurale
è stata tenuta da Giuseppe Giarrizzo.
Fra le altre cose: insegnare la storia come raccontare
un giallo, un giallo, in cui l'assassino è
svelato nelle prime pagine . La storia è
il ripercorrere il percorso, i fatti che hanno
portato a quella conclusione.
Tale è la situazione dello storico, che
deve cercare di rendere interessanti fatti già
conosciuti. Deve cioè, lo storico, ma forse
di più l'insegnante di storia, trovare
una modalità espositiva che renda interessante
ciò che si sa come va a finire.
Giarrizzo ha smesso di insegnare storia moderna,
dove aveva allievi direttamente o quasi provenienti
dal liceo, a metà degli anni settanta.
Cosa era successo? Era successo che mentre fino
a quel momento, e cioè per la sua generazione
e per quella immediatamente successiva alla sua,
riusciva a trovare durante le lezioni i riferimenti
condivisi parlando per esempio dei Tre moschettieri
o di Sandokan, a partire dagli inizi degli anni
settanta questi riferimenti non erano più
compresi, non poteva più farli. Quasi nessuno
dei suoi allievi aveva letto Sandokan o i Tre
moschettieri. Cercò di capire, chiese ai
suoi figli. Ma cosa leggono i vostri compagni?
Uno dei figli gli suggerì di usare per
i suoi esempi i testi dei cantautori. Lui accettò
il consiglio.
E' la sfida dell'insegnamento. Per quelli che
se ne rendono conto. Ma anche per gli altri. Il
racconto di Giarrizzo prosegue. All'epoca espose
le sue perplessità anche a un collega di
Giurisprudenza. Argomenti ostici, più ostici
di quelli di storia moderna. Come riusciva a spiegarli?
Questi gli disse che utilizzava per i suoi esempi
la figura di Antigone e tutto funzionava alla
perfezione. Una settimana dopo l'amico si era
ricreduto. Spinto dalla perplessità di
Giarrizzo, aveva ripensato alla sua Antigone e
aveva fatto una verifica tra i suoi allievi. Si
era illuso. Nessuno di loro conosceva Antigone.
Anch'io fino a qualche fa mi aiutavo coi cartoni
animati, le canzoni, i film, i telefilm. Ma da
qualche anno non mi va di vedere la Tv, i film
che vedo io non sempre sono gli stessi che vedono
i miei alunni - ma ancora funzionano - e sospetto
che la play-station mi abbia proprio tagliato
fuori dalla comunicazione.
Come fare? Che i corsi di aggiornamento vadano
fatti sui Simpson e Doson Creak?
A proposito dei gialli invece, mi è venuta
in mente l'analisi della tragedia greca fatta
da Umberto Curi nell'introduzione a Lo schermo
del pensiero. Cinema e filosofia. Raffaello Cortina
editore, 1999.
I Greci andavano ad assistere allo spettacolo
anche se conoscevano a memoria l'evolversi della
tragedia. L'emozione non diminuiva. Invece ci
sono dei telefilm che sembrano costruiti per presentare
un colpo di scena ogni piè sospinto e che
riescono solo a generare noia. Dov'è il
segreto? Nella trama, nelle famose regole della
poetica di Aristotele: unità di tempo,
di luogo, di azione.
Il segreto sta nelle parole "universalità"
e "necessità", termini nei quali
ci si dibatte nelle prime lezioni di filosofia
con gli alunni di terza.
Per la storia è necessario però
ricorrere alla categoria di possibilità.
Resta il problema del racconto, dell'intreccio
interessante. Ed è un bel problema.
11 Aprile 2002
Saro Mangiameli ha proposto, per la sua lezione
al corso di aggiornamento, brani del libro di
Arthur Koestler, Buio a mezzogiorno. Ma ha cominciato,
giustamente, dalla biografia. Un'altra interessante
biografia novecentesca, forse da usare per la
didattica della storia più che il romanzo.
Fra l'altro Koestler ha scritto anche due libri
autobiografici.
Arthur Koestler (Budapest 1905 - Londra 1983),
scrittore ungherese naturalizzato inglese. Come
inviato speciale visitò l'Unione Sovietica
di Stalin e la Spagna durante la guerra civile.
Catturato dai franchisti descrisse questa esperienza
in Dialogo con la morte (Spanish testament, 1938).
Internato in Francia nel 1940, riparò in
Inghilterra. Abbandonato il giornalismo, scrisse
romanzi improntati a una forte tensione morale,
generata dal conflitto tra valori individuali
e ideologie. Dopo il suo distacco dal Partito
Comunista, denunciò i processi di Mosca
in Buio a mezzogiorno (Darkness at noon, 1940)
e continuò la sua polemica antitotalitaria
in Lo Yogi e il commissario (The Yogi and the
commissar, 1945). In Ladri nella notte (Thieves
in the night,1946) descrisse la lotta per la nascita
dello Stato d'Israele. Con I sonnambuli (The sleepwalkers,1959)
ricostruì la modificazione della visione
cosmologica verificatasi nella scienza del sec.
XVII. Colpito da un tumore, muore suicida insieme
alla moglie.
16 aprile 2002
In altri tempi la manifestazione
di oggi mi avrebbe entusiasmato. E in effetti
c'è stato qualche momento di emozione a
vedere il sole finalmente e decisamente primaverile
mettere a fuoco i volti di mille persone che in
ordine sparso - tutto il contrario delle marce
- camminano, si fermano, si salutano, parlano,
si scambiano manifestini e giornali.
Sabato 20 aprile 2002
Devo andare all'ufficio del territorio.
Non so dov'è. Guardo a casa l'elenco telefonico
e le pagine gialle. Ci sono innumerevoli uffici
ma non quello del territorio. Uscendo da scuola
passo dal comune: ufficio relazioni col pubblico.
Chiedo alla prima impiegata, mi manda dalla collega
all'altro capo della stanza. Questa mi scrive
su un foglietto l'indirizzo. Vado. L'ufficio si
trova al quarto piano del palazzo dell'ESA. Entro,
una signora vestita di nero mi conferma quello
che ho subito temuto: ci sono tre ascensori, nessuno
di loro funziona. La signora rimane al pianterreno,
ha un problema alla gamba e non può salire,
forse sta aspettando qualcuno. Sono troppo furiosa
per indagare, forse avrei dovuto. Insieme a un
ragazzo che si lancia in una filippica contro
Catania che assomiglia a una città del
terzo mondo, salgo le scale, lasciando giù
la signora. Arrivo al quarto piano, fermo il primo
che capita: a quanto pare ho beccato la persona
giusta, con la giusta autorità per rimproverarmi
di aver sbagliato, non è lì che
dovevo andare ma al catasto, alla circonvallazione.
Esco, meno male che è una bella giornata,
Catania è animata come al solito, passo
accanto alla Villa Bellini e aspetto l'autobus
alla fermata di Via Umberto. Il biglietto appena
comprato all'edicola costa 90 centesimi, cioè
quasi duemila lire e vale per un'ora (prima costava
1.300 lire e valeva un'ora e mezza).
Il 722 mi porta proprio sul posto, ormai lo so,
ci sono andata tante volte, perché l'ufficio
del catasto, scopro, è proprio accanto
all'ufficio registro, un complesso di edifici
grigi, attorno a un piazzale. Nessuna indicazione.
Se vuoi sapere dove si trovano i vari uffici devi
sperare di incontrare le persone giuste, ma spesso
non c'è nessuno nel piazzale, o persone
frettolose che a stento conoscono l'ufficio dove
sono andate. Ci sono sì le targhe, ma sono
solo accanto alla porta d'ingresso degli uffici,
quindi devi andare per tentativi ed errori. Stavolta
sono fortunata, l'ufficio è proprio vicino
all'ingresso, ed è al pianterreno. Entro.
Ci sono gli sportelli ma nessuna fila, bello,
però non si sa a cosa servono gli sportelli,
dietro non c'è nessuno, anche se in fondo
vedi impiegati che si muovono, sembrano lavorare
con un pubblico di amici passati di là
a scambiare quattro chiacchiere.
Finalmente vedo L'Urp (Sigla di Ufficio Relazioni
col pubblico) sottolineato con pennarello giallo,
ma scritto piccolo, su un foglio bianco. Dentro,
gente che sembra lì impegnata in una conversazione
che non si sa quanto durerà. Ma aspetto
fiduciosa il mio turno.
Dopo aver spiegato per filo e per segno il problema,
l'impiegato mi dà un modulo per l'istanza
(per richiedere copia di un documento). Mi dice
di compilarla e presentarla allo sportello di
fronte (così, generico, lo sportello non
ha un nome). Quando ho finito vado all'ufficio
di fronte, l'impiegato non c'è dietro l'oblò
protettivo. Mi raggiunge invece dall'ufficio dov'ero
prima per comunicarmi che è passato il
momento. Mi arrabbio, muta, perché tutti
gli altri stanno lavorando, ma lui mi spiega che
anche volendo non potrebbe aiutarmi perché
il computer è stato sconnesso dall'alto.
Faccio finta di accettare la scusa, tanto effettivamente
sono in ritardo e poi mi assicura che domani,
sabato, l'ufficio è aperto dalle otto alle
dodici. Faremo tutto domani.
Domani. L'ufficio si presenta esattamente come
il giorno prima, solo che accanto a uno degli
oblò c'è una scritta: il servizio
oggi è sospeso. Mi infurio. Vado all'URP.
Non c'è nessuno. Tranne in un ufficio in
cui da tempo immemorabile sono chiuse tre persone.
Vado dal responsabile, al primo piano, mi spiega
che non è possibile che non ci sia nessuno,
che lui non ha responsabilità e che mi
devo rivolgere all'Urp, non è possibile
che non ci sia nessuno all'Urp, e mi spiega per
diverse volte che io ho dei diritti in quanto
cittadina, sicuramente il diritto all'Urp. Ritorno
giù e mi prendo il mio diritto di cittadina
irrompendo nell'ufficio dove le tre persone sono
ancora chiuse a parlare. Non sono io il responsabile,
mi dice quello seduto alla scrivania e mi manda
nell'altro atrio, quello di fronte, dicendomi
il cognome della persona che devo contattare.
Vado. Mi rivolgo al primo che incontro dietro
un banco, apparentemente inattivo. Mi indica la
persona che cerco, impegnata con due cittadini
più fortunati con fogli e planimetrie e
disegni vari. Mi dice che si, oggi l'impiegato
non c'è. Prenderà lui l'istanza,
posso venire in qualunque momento, ma a partire
da lunedì, a prendere la ricevuta della
domanda. Per la copia richiesta nella domanda,
non sa. Intuisco dal suo sguardo che questo è
un mistero per tutti. Alla faccia dell'Urp e dei
diritti dei cittadini.
Il fatto è strano. Gli impiegati
sono sempre gli stessi, non credo che siano cambiati
nel passaggio dall'amministrazione Bianco a quella
Scapagnini. E' sicuramente cambiato però
il ruolo che pensano di avere, se no non si spiega
perché non c'è più gentilezza,
e c'è tanta sporcizia e tanto traffico
in più in città.
Il fatto è che tutti abbiamo un lato buono,
anche gli impiegati comunali, anche quelli del
catasto. Solo che ci vuole un'idea, un progetto,
una persona, per tirarlo fuori.
Prima tutto questo c'era. Adesso il modello è
tornato ad essere quello tradizionale, del fesso
chi lavora e chi non si fa i fatti suoi.
Domenica 28 aprile 2002
Salvo è un mio amico. Non c'è stato,
non c'è nulla da fare per lui. Ma questi
anni li abbiamo vissuti e sono felice per questo.
Sono grata a lui, al caso, alla vita.
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