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Giro89
Risonanze
Quel delitto in fondo al Po
di ugo giansiracusa
Delitto sul Po, di Antonio Rezza,
Flavia Mastrella
con Antonio Rezza
Fuori
dagli schemi, fuori sincrono, fuori dal coro,
fuori di testa, fuori luogo, fuori campo... Questo
film di Antonio Rezza e Flavia Mastrella rappresenta
quel cinema "diverso" che sempre più
raramente si vede sugli schermi. Surreale e sincopato,
metaforico e incongruo, folle e irrazionale. Eppure
nel nero che intervalla ogni segmento del film
come nell'uso emotivo della macchina da presa
si intuisce una lucida logica di ricerca e di
sperimentazione che punta al rinnovamento dell'oggetto
filmico e della sua fruizione. Ricerca che punta
alla devastazione della logica, del soggetto,
del corpo, della narrazione. Per un film che si
lascia avvicinare senza mai farsi afferrare e
possedere del tutto. Che arriva al limite del
disturbo e della frustrazione ma che riesce a
regalare anche uno sguardo obliquo e nuovo sul
reale. Che riesce a regalare sorrisi e pensieri
a chi non si fa intimidire dal suo fluire e raccontare
disorganico e disarticolato.
La storia è quella di un omicidio, delle
indagini condotte dal commissario D'Angelo - Antonio
Rezza - della carcerazione dei tre sospettati
senza alcuna prova, della loro morte, provocata,
direttamente o indirettamente, dal sistema.
Qui comincia e finisce quel poco di logica quotidiana,
causa-effetto, che il film si concede. Perchè
tutto il resto è come un sogno o un incubo.
Telefoni che funzionano senza fili, celle costituite
da sbarre arrugginite poggiate in terra e sorrette
dagli stessi carcerati. Un cadavere che cambia
continuamente posto e che continua a gridare affinchè
venga fatta giustizia. Personaggi che parlano
in fuori sincrono. Trasfigurazione di corpi...
l'apparizione di una Madonna...
Eppure l'assurdo che trasuda e traspira dal film
finisce per invadere la sala, buia, del cinema.
E il nero che separa e unisce ogni frammento della
storia si fa tutt'uno a quell'altro nero, della
sala, e a quello più scuro e intenso del
nostro inconscio. Così che l'anormalità
del film diviene la normalità del sogno.
Apparentemente senza regole e, quasi, senza senso.
Dove l'oggetto diviene simbolo di se stesso e
della sua idea. Dove il corpo e la persona perdono
di sostanza di fronte a luoghi e cose che perdureranno
oltre di lui. Dove la parola diviene puro significante
a favore di un linguaggio disarticolato e decostruito
che comunica senza avere la pretesa di farsi comprendere.
"L'improvvisazione e la casualità
sono caratteristiche primarie di Delitto sul Po."
affermano gli autori "Il film è nato
senza sceneggiatura ed è stato costruito
esclusivamente in fase di montaggio. Poetica,
ritmi e colore sono stati assemblati seguendo
i nostri umori in preda a una trance che ha coinvolto
anche gli interpreti: i personaggi si sono dati
all'immagine seguendo la strada del raccontarsi"
Delitto sul Po rappresenta quell'avanguardia che
cerca di creare un prodotto artistico all'interno
del sistema-cinema... senza prendersi troppo sul
serio e senza mai dimenticare la gioia che dà
la libertà della creazione. Rappresenta,
nella solitudine di cui si fa carico, l'omologazione
e la monotonia di tutto il resto. Fino al punto
di rappresentarci più di quanto non siamo
disposti ad ammetere. Rappresentare quella parte
di noi che, giorno dopo giorno, viene relegata
nelle parti più nascoste della nostra esistenza
fino al punto di essere del tutto dimenticata.
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